That's all, folks!

Nelle ore in cui Berlusconi sembra uscire di scena, rubo il titolo (e la copertina, qui a lato) all'Economist per parlare di un libro che tenta una analisi del berlusconismo.
Attenzione: non di Berlusconi ma del modello politico e culturale che ha segnato gli ultimi anni del paese. E che non è detto non continuerà a segnare anche i prossimi.
Il libro è uscito un po' di tempo fa e si intitola Berlusconismo. Analisi di un sistema di potere (Laterza 2011) ed è curato da Paul Ginsborg e Enrica Asquer. Si tratta di una raccolta di saggi presentati durante un convegno organizzato a Firenze dal 15 al 17 ottobre del 2010: promotori ne erano la rivista "Passato e Presente" e l'associazione Libertà e Giustizia.
Il libro contiene molte cose interessanti insieme a qualcosa che non funziona molto, come sempre accade nelle raccolte di saggi e interventi.
Quello che è meno riuscito, a mio parere, sono gli interventi di Norma Rangeri e Marco Travaglio: il taglio giornalistico dei loro testi non gli consente quell'approfondimento che invece, negli altri, è perlomeno tentato. Probabilmente sono stati interventi parlati molto efficaci, ma nella scrittura hanno perso molta della loro forza. Anche se Rangeri conia un'espressione che merita di essere ricordata per la sua icasticità ed efficacia: parlando della televisione e della sua forza simbolica osserva che
mentre nel passaggio dalla prima alla seconda Repubblica, la tv era in piazza, era l'agorà, (...) oggi il format (...) è (...) la casa chiusa.
Da Samarcanda e Milano, Italia al Grande Fratello: e da una domanda di politica alla sua assenza. Sintesi e metafora perfetta.

La cosa più efficace dell'intero volume mi è sembrata la sua impostazione, il focus del discorso: parlare, cioè, del berlusconismo, e non di colui che gli ha dato il nome. Il sottotitolo, in realtà, potrebbe apparire fuorviante, perché l'espressione "sistema di potere" sembrerebbe rimandare soprattutto all'idea di un modello politico: e invece i curatori lo intendono nella sua accezione più ampia, con una forte sottolineatura anche delle componenti culturali e simboliche che hanno innervato le forme organizzative della politica e l'etica pubblica dell'intero paese. Bellissimo, in questo senso, il saggio di Zagrebelsky sulla neolingua dell'età berlusconiana che mostra con lampante evidenza come la trasformazione del lessico sottintenda un preciso assetto ideologico e culturale e richiama l'attenzione sulla linguaggio che usiamo, sulla
forza conformatrice del senso comune, che opera anche senza che ce ne accorgiamo. Il linguaggio acriticamente accettato esercita qualcosa come una dittatura simbolica. (p. 234)
Per parlare di tutti i saggi finirei per scrivere un post lunghissimo che anche i mei 15 lettori si stancherebbero presto di leggere. Farò così, allora. Alcuni dei temi cercherò di riprenderli in post successivi (in particolare quelli sulla costruzione del sistema culturale e mediatico), mentre qui mi limiterò ad una citazione che elenca i principali elementi costitutivi del berlusconismo che, come viene più volte indicato nel testo, non nasce dal nulla ma si incista su un sistema di potere fragile e su modelli culturali deboli:
la natura patrimoniale del sistema di potere di Berlusconi; le peculiarità del discorso culturale che ha caratterizzato il suo controllo dei media; la visione di genere che informa le sue azioni e riflessioni; la relazione strumentale che ha instaurato con la Chiesa cattolica e la connivenza col suo sistema di potere; il modo in cui il populismo, nel mondo del berlusconismo, porta con facilità al disprezzo delle istituzioni e all'assenza di qualsivoglia etica pubblica; da ultimo, il modo in cui il berlusconismo ha diviso il paese. (Introduzione, p. VIII)
Ci torneremo presto su, allora. Per il momento, se vi interessa approfondire oltre quel poco che ho detto, qui trovate la pagina del catalogo Laterza, con alcune recensioni (la metto per questo motivo, non per fare pubblicità alla casa editrice o per spingervi a comprare il libro, sia chiaro), mentre qui trovate una lunga recensione curata da Luca Michelini (qui il suo sito/blog) e pubblicata su Micromega.

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