coincidenze e mappe dell'immaginario

Talvolta quando studio, scrivo, faccio ricerca, mi capita di imbattermi in coincidenze che sembrano attivare collegamenti nascosti e arrivare quasi a delineare una delle molte possibili mappe dell'immaginario.
E' una bella sensazione: come intravedere qualcosa in lontananza, sfocato e dai contorni indefiniti. Non lo vedi nemmeno bene, però è qualcosa, lo sai, e ti spinge ad andare avanti.

Mi piace raccontarvene una.

Tutto comincia da una frase di Eric J. Hobsbawm che, nel Secolo breve, scrive più o meno che la seconda guerra mondiale, ascoltata attraverso le onde della radio, diventa per un'intera generazione una lezione di geografia planetaria.
Questa frase mi solletica un ricordo quasi sopito. Ci penso un po' e alla fine mi viene in mente una copertina che Norman Rockwell dipinge per il Saturday Evening Post del 29 aprile 1944: questa.
Si chiama "Armchair General" e sembra descrivere perfettamente quanto scriverà Hobsbawm. Chissà se anche lui ce l'aveva nel proprio serbatoio dell'immaginario?
La cosa si chiude lì.
Poi, nel romanzo che sto leggendo in questi giorni, ecco che il protagonista, Joe Kavalier, si arruola e finisce a fare il radiotecnico in una base antartica e
ascoltava con la sua potente Marconi multiband CSR 9A, tutto quello che le tre antenne, alte venti metri, riuscivano a captare dal cielo a tutte le ore del giorno, modulazioni d'ampiezza, modulazioni di frequenza, onde corte, radioamatori. Era una specie di pesca aerea, si gettava la lenza e si stava a vedere che cosa abboccava e per quanto tempo si riusciva ad andare avanti: un tango che arrivava da La Plata, austere esegesi bibliche in una lingua africana, un inning e mezzo di una partita tra i Red Sox e i White Sox, una soap opera brasiliana, due radioamatori solitari nel Nebraska e nel Suriname, che con un tono di voce monotono di scambiavano notizie sui loro cani. (...) Ma, soprattutto, seguiva le notizie sulla guerra. A seconda dell'ora, dell'inclinazione del pianeta, dell'angolazione del sole, dei raggi cosmici, dell'aurora australe, della ionosfera, riusciva ad arrivare ogni giorno dappertutto, ascoltava tra i diciotto e i trentasei diversi notiziari da ogni parte del globo, ma come quasi tutti in tutto il mondo, preferiva la BBC. L'invasione dell'Europa si andava estendendo e lui ne seguiva il processo irregolare ma costante con l'aiuto di una carta geografica che aveva appeso alla parete della baracca, e sulla quale infilava dei piccoli segnali colorati per indicare le vittorie e le sconfitte.
Ma non sono lo stesso personaggio e la stessa situazione ritratti da Rockwell, solo un po' più drammatici? Anche Michel Chabon aveva in mente quell'illustrazione? oppure gli era rimasta in testa la definizione di Hobsbawm, come è successo a me?
Coincidenze, appunto. Solo coincidenze.
Che poi, però, si moltiplicano: così leggendo un altro libro, Il popolo bambino di Antonio Gibelli, sui modi in cui vengono irregimentati i fanciulli tra la prima guerra mondiale e Salò, a un certo punto mi capita tra le mani un altro brano, ancora una volta letterario.
Alla guerra d'Africa, noi ragazzi fummo preparati con le figurine nelle bustine di piccoli rombi di liquerizia e che raffiguravano, a colori, chessò, i generali Bottego e Galliano, il cardinale Massaia, il colonnelli Toselli e De Cristoforis... cominciammo in tal modo a fare conoscenza con Dogali, Axum, Macallé, Adua: con ascari, dubat, nachil, bulukbasci, sciumbasci e pure con Menelik, la regina Taitù...
Ecco allora che la lezione di geografia non corre più sulle onde della radio ma è un'illustrazione, sia pure in piccolo e su carta povera e con puri e unici scopi pubblicitari. Una figurina come questa:
Che però non è della fine dell'800 ma del 1936, ed è relativa alla seconda serie della trasmissione radiofonica "I quattro moschettieri". E nel 1935 c'era stata l'aggressione all'Etiopia, e gli italiani erano tornati ancora in Africa. E quelli a casa  stavano di nuovo seguendo la propria lezione di geografia alla radio.

Coincidenze, appunto. Solo coincidenze.

Ma non si sta lentamente costruendo una piccola mappa dell'immaginario? una mappa misteriosa che non si sa se porterà ad un tesoro ma che fa tanto venire voglia di esplorarla?

p.s
per chi è curioso, i libri che ho citato sono
Michel Chabon, Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay
Sharo Gambino, Fischia il sasso

ancora un altro 2 agosto

"La nube di fumo nascose la stazione e fece buio attorno.
Buio sulla città.
All'esplosione seguì un silenzio innaturale di morte.
La vita si fermò per un istante e per tutti.
Poi per alcuni riprese, ma fu in un incubo. Per altri non tornò.
Non tornò per ottantacinque persone".

Quel 2 agosto di ieri, oggi lo voglio ricordare così. Con alcune note su un libro dove ci sono:

"Un colonnello dei carabinieri, una sociologa senza lavoro, un archeologo e un ex agente dei servizi di sicurezza di Francia: quattro storie indipendenti e che fino a quel momento avevano seguito strade diverse, quattro vite che per caso si erano sfiorate, confluirono in un'unica storia e in un'unica vita.
Il calore dell'esplosione le fuse e le avviò verso un unico crogiolo".

Il libro è "Strage" di Loriano Macchiavelli e queste righe tratte da p. 80 ne sono un'ottima introduzione.
E' stato ripubblicato lo scorso anno da Einaudi per la collana Stile libero ma era già uscito il 28 maggio 1990 per la Rizzoli e l'autore era un certo Jules Quicher. Che poi è anche uno dei protagonisti del romanzo.
E già questa è una storia da raccontare.
Jules Quicher era lo pseudonimo con cui Macchiavelli avrebbe dovuto firmare tre romanzi per la Rizzoli con
"l'impegno [di] raccontare, in forma di romanzo, storie di un'Italia sconosciuta ai più, ma destinate a lasciare il segno nel futuro del paese"
come scrive lo stesso Macchiavelli.
Già la scelta di uno pseudonimo straniero ci fa capire che erano altri anni: uno scrittore italiano, allora, non era credibile come autore di romanzi di genere, in particolare di questo genere, a cavallo tra la spy story e il thriller fantapolitico.
Ma soprattutto erano anni in cui il passato era ancora troppo presente, col suo carico di dolori e di misteri. Infatti uno degli inquisiti per la strage di Bologna si sentì diffamato per essere stato citato nel romanzo e denunciò il libro.
(Per la cronaca,  il denunciante sarebbe stato riconosciuto colpevole dal processo di primo grado ma poi assolto con sentenza definitiva.)
Il tribunale di Milano ordinò il sequestro delle copie del libro, e la casa editrice provvide a ritirarlo dalle librerie. Era il 3 giugno 1990: erano passati solo sette giorni dalla sua uscita. Ne sarebbero passati altri venti prima di poterlo ritrovare sugli scaffali.
Un effetto collaterale della decisione del tribunale di Milano era stato la rivelazione del vero nome dell'autore, Loriano Macchiavelli appunto (dalle cui note introduttive - "Breve storia, a uso del lettore, di questo romanzo" - ho preso queste informazioni e la citazione).

E così veniamo al libro, finalmente.
Macchiavelli è un solido narratore. Potremmo quasi definirlo uno dei padri del "giallo all'italiana", in particolare per le sue storie che hanno come protagonista "Sarti Antonio". Negli ultimi anni forma una coppia di buon successo con Francesco Guccini: i loro romanzi, dopo aver raccontato l'emigrazione, il '68, gli echi delle stragi del dopoguerra, si sono fermati ad osservare l'Italia dall'Appennino tosco-emiliano mostrandoci come anche un luogo appartato e apparentemente immobile possa essere come il vetrino su cui un patologo studia il prolliferare di un bacillo infettivo.
Ma soprattutto Loriano Macchiavelli ha una di quelle qualità che, secondo me, permettono al noir di essere uno dei generi più efficaci per raccontare le trasformazioni di una società: è un attento osservatore dei comportamenti minuti, delle sottili alterazioni della quotidianità, dei lenti slittamenti dei confini sociali tra ciò che si può fare e ciò che non si deve, tra il lecito e l'illecito, il normale e l'anormale, il giusto e lo sbagliato, il bene e il male. Leggetevi "Che cos'è accaduto alla signora perbene", per dirne uno, e capirete.
Ecco, in questo libro, purtroppo, questa capacità di osservazione, di critica implicita, io non ce l'ho trovata, se non a tratti. Forse è il genere che non si adatta allo scrittore: reinventare la realtà in forma di romanzo di complotto probabilmente non è nelle sue corde, nella sua capacità di penetrare e restituire il quotidiano. E infatti solo quando torna su quelle rotte ci consegna pagine belle e buone intuizioni.

Questo non vuol dire che il romanzo non sia divertente, ben inteso.
Anzi, la dinamica del complotto, confina così tanto con la realtà, che la denuncia che lo aveva costretto a ritirare il libro venne a cadere perché - uso le sue parole -

"l'autore (il sottoscritto) non era punibile in quanto aveva semplicemente esercitato il diritto di cronaca e di critica, emanazioni dell'articolo 21 della Costituzione che sancisce il diritto di libertà di stampa e informazione. Un diritto-dovere - chiosa Macchiavelli, e io sottoscrivo - che, ancor oggi, continua a essere messo in discussione da chi ha altri interessi che la libertà di stampa e l'informazione".
Alcune intuizioni del libro, poi, sono particolarmente divertenti, così come alcuni personaggi sono molto ben delineati e intriganti: il plot appassionante, talvolta, sembra addirittura più credibile dell'incredibile - e per molti versi ancora inspiegabile - realtà.

Quello che forse mi è mancato nella lettura è proprio quello slittamento della realtà che quella tragedia ha significato: non ho percepito in quelle pagine il senso di un "prima" e di un "dopo", che non coinvolge tanto gli eventi, la storia, quanto le persone; ho avvertito come una freddezza della fantasia che mi è sembrata contrastare duramente con il calor bianco di quegli eventi, della realtà, appunto.
Tutte cose di cui l'autore è terribilmente consapevole, come ci ricorda la poesia di Roberto Roversi che introduce alla lettura

Bologna 2 agosto ore 10.25
senza un fiato di vento il cielo ha buttato
un grido tremendo
un sole nero corre per le strade
io voglio provare i miei sentimenti come su una lastra di fuoco

Roberto Roversi, Notizia

Oh, se volete saperne di più e avere un parere diverso, potete leggervi qui la recensione di Valerio Evangelisti (non so se mi spiego) e qui un'altra che sottolinea l'importanza civile di questo libro, come del resto fa Libero Mancuso in una breve introduzione al libro.

Se poi siete curiosi di sentire come ne parla lo stesso Loriano Macchiavelli, potete guardarvi questo video (a partire dal minuto 7, all'incirca)



 
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