Parla con me il Late Night Show with David Letterman nostrano

Lo scorso ottobre dopo quattro anni di ripetuto successo Serena Dandini, una fra le conduttrici nonchè autrici che ha maggiormente sperimentato e rinnovato il linguaggio televisivo comico e satirico, è tornata in onda con il nuovo Parla con me, il talk show italiano che ricorda, in parte, il Late Night Show with David Letterman. Se il celebre divano rosso è sempre lí a fare da sfondo alle interviste ai più svariati personaggi del mondo televisivo, cinematografico e culturale italiano, tante sono le novità. Innanzitutto è cambiato il ritmo del programma; da appuntamento domenicale è diventato quotidiano con una satira ispirata ai fatti del giorno. Il talk show di Rai tre, infatti, va in onda dal martedí al venerdí in seconda serata per la durata di circa quaranta minuti. La formula è sempre quella dell’ infotainment elemento tipico della neotelevisione. L’ informazione si cela dietro all’ ironia della conduttrice e alle interviste ai personaggi piú o meno noti mentre l’ intrattenimento, quello puro, è affidato a personaggi vecchi e nuovi come: Dario Vergassola, Banda Osiris, Ascanio Celestini, Andrea Rivera, Neri Marcorè, Caterina Guzzanti, Diego Bianchi in arte “Zoro”, Lillo&Greg, Paola Minaccioni e Federica Cifola. Dunque si torna a fare satira con una grande squadra di comici tra i quali molti hanno già accompagnato la Dandini nelle sue precedenti avventure. Il programma però si rinnova e se il momento cult rimane l’ intervista al personaggio del momento, si aggiungono le imitazioni di Neri Marcorè (tanto celebre quanto criticata è stata quella di Daniele Capezzone, portavoce del PDL), di Caterina Guzzanti (la più piccola tra i fratelli Guzzanti che in una precedente puntata ha interpretato il ministro dell’ istruzione Maria Stella Gelmini e la candidata alla vicepresidenza degli Usa, Sarah Pallin), di Paola Minaccioni e infine di Federica Cifola. Altro elemento di novità è la miniserie Greg anatomy parodia della celebre serie Greys anatomy. Ritornano, invece, Ascanio Celestini con i suoi monologhi riferiti ai fatti del giorno, le ormai famose incursioni al citofono di Andrea Rivera e la musica dal vivo della Banda Osiris con le rivisitazioni dei grandi classici dell’ intero repertorio musicale italiano e non, della poesia e della letteratura. Eppure il corpo centrale di Parla con me è l’ elemento narrativo, il talk show vero e proprio, il gusto della conversazione con il personaggio del momento intervistato dalla Dandini. Molti sono gli ospiti, tra i quali star di fama internazionale come Richard Gere (presente nella prima puntata) e Will Smith ma non mancano i personaggi nostrani dagli attori emergenti del nuovo cinema italiano come Riccardo Scamarcio, Elio Germano e Luigi Lo Cascio a donne del panorama culturale e scientifico come Margherita Hack fino a manager-filosofi tra i quali Pierluigi Celli (direttore generale della Rai dal 1998 al 2001). Dunque sono presenti le caratteristiche del talk show tradizionale (Bontà loro di Maurizio Costanzo fu il primo in questo genere) in cui gli ospiti sono invitati a discorrere di qualsiasi argomento: la vita privata, le esperienze personali e sentimentali, la politica e gli eventi di ogni genere. L’ intervista, però, non assume mai toni semiseri perché interviene subito l’elemento di disturbo ovvero Dario Vergassola che entra in scena con il suo divano-trolley e che è stato ironicamente rinominato, con allusione al mondo politico, “conduttore ombra”. Il comico genovese intavola con l’ospite di turno un botta e risposta divertente che fa leva sull’ umorismo e tra una battuta e l’ altra s’ insinua la satira politica che colpisce a destra e manca e perfino a sinistra. Insomma nella trasmissione ideata da Serena Dandini, una delle protagoniste della tv delle ragazze, e dal giornalista Andrea Salerno, si fondono elementi diversi che riprendono la tradizione del talk show all’ americana con le interviste, o meglio le conversazioni piacevoli e leggere, in compagnia dei protagonisti del mondo dello spettacolo ma anche della cultura e quant’altro; tutto ciò è accompagnato da una carrellata di buon intrattenimento affidata a personaggi di un certo spessore. Parla con me si configura così come uno dei programmi di satira televisiva più intelligenti, capace di mettere insieme spazi di informazione e controinformazione, interviste semiserie e irruzioni musicali. Naturalmente non mancano le critiche che denunciano la difficoltà di presentare un menù quotidiano esaustivo e le previsioni di un notevole calo di ascolti dovuto alla nuova “settimanalizzazione” del programma (in realtà il talk show è comunque molto seguito). Inoltre tante sono le proteste provenienti dal mondo politico e culturale sulla satira pungente, sugli ospiti e sui temi trattati. Dunque per dirla alla maniera di Paola Cortellesi, una delle protagoniste della scorsa serie: “Riparliamone, in Italia si può riparlare di tutto!”.

...e vissero tutti felici e contenti (GF 2009)

Fabio mi segnala la puntata odierna di Parliamo con l'Elefante, trasmissione quotidiana di Giuliano Ferrara su Radio 24, dedicata ai reality. Lo sto sentendo mentre scrivo questi due appunti: sono passati solo pochi minuti e non sono d'accordo praticamente su niente. Quindi non la commenterò e lascerò a voi il piacere di farlo.



Fra l'altro ho poco da dire, perché, ahimé, non ce la faccio proprio a vedere Il Grande Fratello, detesto X-Factor perché non mi piacciono i programmi di canzoni (ma - vi confesso una debolezza - seguivo con passione le recensioni che faceva Diego Cajelli, scrittore di fumetti e divertito critico del programma), e non capisco perché mi dovrei appassionare a quello che fanno i "vip" su isole deserte o in  lontane fattorie.

Confessate queste debolezze, però, vi trascrivo che cosa ha scritto oggi Antonio Dipollina su La Repubblica:
facendo finta che non valga il vecchio assioma (come diceva quello, c'è caso che il reality show rappresenti a malapena se stesso) nella vittoria finale del Grande Fratello si nota una spiacevole discrepanza rispetto ai tempi. Eppure tutti o, per fortuna, quasi tutti, dicono che in quei posti pulsa la carne viva della società là fuori: non c'eravamo ancora ripresi dal dilagare del progressismo tollerante nei confronti dell'omo-transessualità, quello innescato dalla vittoria di Luxuria all'Isola, che ora arriva il trionfo dell'immigrato Ferdi al Gf. Purtroppo Ferdi è bianco di carnagione, mentre questi sono i giorni in cui servirebbe un vincitore abbronzato o nero del tutto, giusto per alleviare il malumore nato sabato scorso per quanto successo in una importante partita di calcio. Dov'erano quelli che travasano la società nei reality? dormivano? ...

Pur appoggiandomi a queste osservazioni critiche (più o meno, da quello che sento, ciò che hanno scritto L'Unità e altri) a me pare che per rispondere alla domanda che ci si pone sempre alla fine di una serie annuale del Gf - il Gf rappresenta la società? - bisogna andare a cercare in un altro punto. Il punto non è se il vincitore dei reality sia "costruito" dagli autori oppure no. Non penso che sia nel vincitore che, eventualmente, si rispecchia la società italiana: lì - ha ragione Grasso - è una storia che vince (è lo storytelling applicato alla tv). E, forse, a chi segue quei programmi piace una storia vincente (e Ferdy è senz'altro una storia vincente).

Ho il sospetto che per capire se la società si specchi nel Gf dovremmo guardare quello che succede nella casa tutti i giorni: forse la società italiana è nella incultura esibita e nell'emotività adolescenziale. Non è il prima (il casting: quando si costruiscono le potenziali storie) o il dopo (quando la storia migliore vince) ma il durante che conta.

Ma io il Gf non lo guardo e quindi non lo so. Mi tengo informato guardando la sintesi della Gialappa's: sarà quello che ha viziato il mio punto di vista?

Riepilogo tg5 serale della settimana dal 06-04 al 12-04

I tg di questa settimana sono stati (purtroppo) inevitabilmente quasi totalmente monopolizzati dalla trattazione di un unico argomento, la cronaca del terremoto in Abruzzo. Un evento drammatico di tale portata ha comportato anche una modifica nella strutturazione solita del tg. 4 giorni su 7 il tg non è stato aperto con i titoli più importanti della giornata, bensì con una copertina dedicata al racconto della catastrofe abruzzese. Tutti i tg tral'altro, sono durati anche fino a 5 minuti in più dell' usuale mezz'ora.  Nei 3 giorni in cui il tg è stato aperto con i titoli (in numero di 6) essi hanno riguardat0 :

  • 10 volte il TERREMOTO

  • 1 volta la CRONACA BIANCA

  • 1 volta la CRONACA GIUDIZIARIA

  • 1 volta l'ECONOMIA

  • 2 volte la CRONACA NERA

  • 2 volte la RELIGIONE

  • 1 volta lo SPORT

  • 1 volta la TV.


 Le 4 copertine sono durate mediamente 2'20, ma la lunghezza è stata piuttosto variabile. Dal 1'30 della copertina di Lunedì ai 3'00 di quella di Venerdì, dedicata ai funerali delle vittime. Entrambe avevano anche una titolazione. Ognuna di queste copertine è partita semplicemente con le immagini riprese nei luoghi del disastro e con rumori,voci e suoni esclusivamente ambientali. In un secondo momento poi le immagini sono state accompagnate dal commento del giornalista che l'ha realizzata e da eventuali interviste significative agli Aquilani. La scelta di far cominciare le copertine solo con i rumori ambientali ha lasciato l'impressione della cronaca in presa diretta (anche se le immagini sono registrate) e se possibile ha enfatizzato ancora di più la già terribile drammaticità  delle immagini.

Come già accennato i tg sono stati quasi inevitabilmente e giustamente monotematici.  Le notizie sono state mediamente 17 a tg, ma la maggior parte vertevano sullo stesso argomento. Ad esempio nell'edizione di Lunedì sera (primo tg serale dalla scossa di terremoto) sono 1 notizia su 14 è stata di diverso argomento ed ha trattato la CRONACA GIUDIZIARIA. L'edizione di Giovedì è quella che più di altre ha toccato anche settori diversi. 8 notizie su 20 hanno riguardato:

  •  RELIGIONE

  • CRONACA BIANCA (2)

  • CRONACA GIUDIZIARIA

  • CRONACA NERA (2)

  • ECONOMIA

  • POLITICA INTERNA (servizio politico).


I tg sono durati di più perchè ad alcune notizie è stato dedicato un tempo particolarmente lungo (rispetto alla media solita di 1'30- 1'40). Questo è dovuto al fatto che, dato l'argomento trattato (il terremoto), esse sono state costruite non semplicemente con dei servizi ma anche e soprattutto con i collegamenti effettuati con i numerosissimi inviati dislocati nelle varie tendopoli allestite. La presenza fissa e continuativa di questo consistente numero di inviati sul posto ha consentito al tg, a volte con degli aggiornamenti  minuto per minuto, di fornirci una cronaca in presa diretta completa e precisa degli avvenimenti in corso in Abruzzo.

 Un esempio di come è stata costruita una notizia :

Si parte con il collegamento con uno degli inviati, inizialmente sentiamo il suo commento mentre lo vediamo da solo sullo sfondo della tendopoli o di una strada pressocchè deserta. Poi ad un certo punto partono anche delle immagini che accompagnano il suo racconto. In un terzo momento l'inviato lancia un servizio (o il qualche caso addirittura 2) realizzato in giornata indifferentemente da lui o da un suo collega. Dopo il servizio l'inviato riprende la linea per un ulteriore commento a ciò che è stato mandato in onda. Prima di restituire la linea al conduttore in studio l'inviato eventualmente risponde a delle domande dell'anchorman su alcuni aspetti che probabilmente non sono abbastanza chari per chi non si trova sul posto. La durata media di ognuno di questi collegamenti è di 3' 30 ciascuno. In ogni tg mediamente 2-3 notizie sul terremoto sono costruite in questo modo.

Le restanti notizie sul terremoto ci sono fornite in due modi differenti.

 Si può  scegliere (primo modo) semplicemente di presentarle con dei rapidi aggiornamenti degli inviati, oppure con delle interviste realizzate in diretta dagli stessi inviati con gli operatori della macchina dei soccorsi o con personalità del mondo politico direttamente coinvolte dall'evento (es. il Sindaco de L'Aquila, il Presidente della Regione Abruzzo ecc..).

Si può decidere invece (secondo modo) di presentare le notizie  semplicemente con l'usuale strumento del servizio. Molti dei  servizi riguardanti il terremoto hanno avuto una peculiarità rispetto ai servizi che trattano quotidiamente di tutti gli altri argomenti. Al loro interno è stata sempre ben visibile la figura del giornalista (che nei servizi dei tg delle settimane passate 9 volte su 10 non si vede) che in pratica sembra partecipare insieme a noi all'evento e alla scoperta delle notizie buone o cattive.

 Esempi: il giornalista che entra nelle case insieme ai vigili del fuoco e ci racconta lo stato in cui si trovano, il giornalista che percorre le strade devastate de L'Aquila di notte affianco agli uomini che operano contro lo sciacallaggio, il giornalista sull'elicottero con le Forze dell'ordine  che sorvola i territori colpiti, il giornalista che si intrufola dentro una tenda per raccontarci la giornata di sfollati e di volontari, il giornalista che si reca negli alberghi della costa ed incontra (e ci fa incontrare) i terremotati che vi sono ospitati.

Tra i restanti servizi, in cui non compare la figura del giornalista, si può distinguere tra due tipologie. Ci sono quelli in cui vengono sintetizzate le dichiarazioni rilasciate in conferenze stampa dalle figure istituzionali del Paese e della Regione riguardo i provvedimenti da prendere per affrontare l'emergenza. Es: I servizi costruiti con le dichiarazioni del Presidente Napolitano, di Berlusconi, Schifani, Fini, Chiodi, ecc.. L'altro tipo di servizio, sicuramente quello che ci da più degli altri il senso della tragedia, è quello costruito con le storie della vita di alcune delle vittime del terremoto.

Nell'arco della settimana tutti gli altri argomenti sono più che altro residuali. Vengono presentati alla fine del tg, con una lunghezza anche più ridotta del solito, e non vi è una gerarchia visibile tra i settori che si è scelto di trattare, che variano quotidianamente.

Le famiglie allargate della Fiction televisiva: i Giorgi-Del Fiore di Tutti pazzi per amore!

“Tutti pazzi per amore” ma si tratta davvero di un prodotto “pazzo”? ossia nuovo, innovativo, lontano dalla tradizionale fiction della televisione pubblica?


 


Premesse: la fiction è andata in onda la domenica alle 21:30 su Rai Uno durante il periodo invernale compreso tra i mesi di dicembre 2008 e febbraio 2009.


Prodotta da Rai Fiction e Publispei, vanta un team autoriale di tutto rispetto: in regia c’è Riccardo Milani, (stesso regista de “La guerra degli Antò” del 1999 e “Auguri professore” del 1990), la sceneggiatura è firmata da Ivan Cotroneo (sceneggiatore di Paz, ha scritto L’ottavo nano di Serena Dandini e Corrado Guzzanti e lavora come autore per Parla con me, il talk show della Dandini), insieme a tanti altri nomi conosciuti nel mondo della fiction e del cinema indipendente italiano.


Osservando la composizione del cast tecnico emerge già chiara la volontà dei vertici della Rai Fiction di realizzare un prodotto sofisticato, più complesso nelle trame e nelle forme espressive, capace di catturare una fascia di pubblico possibilmente “più giovane” e “culturalmente più elevata”. E infatti i primi risultati sono stati niente male: la prima puntata ha avuto uno share pari a 24,02% con 6.555.000 spettatori, e la media degli spettatori si è assestata attorno ai 5,5 milioni per uno share di 22,35% share. Quest’anno la fiction si è aggiudicata, inoltre, il Premio Regia Televisiva come “Miglior fiction” e inoltre da un sondaggio condotto da TvTalk risulta che il 47%  degli intervistati ritiene Tutti pazzi per amore “la nuova frontiera della Rai Fiction". Un sequel è già in fase di scrittura per andare in onda in primavera 2010 a indicare il successo della prima stagione di Tutti pazzi per amore.


 


La tonalità della narrazione è quella della commedia; il tipo di coinvolgimento del telespettatore fa leva quindi sugli elementi comici della lettura.


Gli eventi si svolgono nella Roma di oggi, dove sono riconoscibili il traffico e la vita frenetica di una metropoli multietnica e cosmopolita. Il fulcro narrativo da cui si dispiegano tutte le trame è rappresentato dal tema della famiglia allargata, topos narrativo comune a più serie televisive di genere “family” come Un medico in famiglia, prodotto dalla Rai, o I Cesaroni, prodotta per la Mediaset dallo stesso Carlo Bixio e dalla Publispei, un esempio di fiction che meglio rappresenta l’importanza del tema della famiglia allargata perché derivata dall’originale spagnola e poi adattata per le televisioni di numerosi paesi del mondo. Quello delle famiglie allargate, quindi, è un tema ricorrente e apparentemente attuale e la fiction ne attinge abbondantemente.


I personaggi principali sono Laura del Fiore e Paolo Giorgi, interpretati rispettivamente da Stefania Rocca e Emilio Solfrizzi. Lei, sulla quarantina, separata dal marito da 6 anni, con due figli (Emanuele e Nina ). Laureata in lettere, scrive per una rivista femminile (Tu Donna) curandone la corrispondenza con le lettrici: risponde alle loro lettere offrendo il proprio parere sulle loro fortune e sfortune in amore, in famiglia e nel lavoro. L’immagine che ne abbiamo è quella di una donna libera, indipendente, impegnata nel suo lavoro e nella famiglia, curiosa, dai gusti raffinati e alla moda, con un tocco di ingenuità e genuinità. Paolo è un uomo di quarant’anni, perito agronomo, nel tempo libero allena una squadra di pallanuoto, vedovo da sei anni, con una figlia adolescente (Cristina) che ha cresciuto da solo. È un uomo timido, goffo e impacciato con le donne, è uno di quelli che si può incontrare tutti i giorni, un ragazzone fragile e allegro che non ha paura di mostrare i suoi sentimenti.


 


Un aspetto caratteristico di questa fiction è l’innovazione da un punto di vista dei moduli narrativi: c’è, infatti, un ampio ricorso alla digressione onirica che spiazza il telespettatore, o alla rappresentazione di azioni immaginate, scene in cui i personaggi esprimono ciò che vorrebbero fare ma non fanno. Si crea così l’esilarante contrasto tra inibizioni e desideri dei personaggi, paure e liberazioni, complessi e spontaneità tipici anche dei cartoni animati e soprattutto degli anime, in cui una simpatica vignetta sovrasta il personaggio, intanto colto da un imbarazzo incombente, mostrando ciò che vorrebbe a tutti i costi accadesse, come ad esempio smaterializzarsi o dichiararsi innamorati, colpevoli ect.


Un elemento espressivo fondamentale di Tutti pazzi per amore è la formula del musical, che ha contribuito più di tutti a rendere così popolare la fiction. Pezzi come Vacanze romane dei Mattia Bazar,  Fotoromanza di Gianna Nannini, ma anche Macho man dei Village People o Brigitte Bardot di Miguel Gustaud sono inseriti non più come sottofondi musicali sui quali i personaggi ridono, piangono, scherzano o si sorprendono, perché i personaggi stessi si pongono sotto i riflettori e cantano e ballano la colonna sonora della fiction. I piani dell’azione e il piano della tecnica espressiva si toccano così tanto da essere sovrapposte dando vita ad effetti narrativi molto particolari, ma sul piano della storia i personaggi restano persone comuni che cantano una canzone triste in un momento di malinconia, o al contrario, una canzone allegra in un momento di esaltante felicità, immaginando magari di ballare in mezzo alla strada con la complicità dei passanti....work in progress


 


 


 


 


 

 
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