Ci si risente l'anno prossimo.

Auguri

Ricevimento sospeso




Imprevisti problemi familiari mi impediscono di svolgere regolarmente il previsto ricevimento del 9 dicembre.
Me ne scuso con tutti.

Ricevimenti di dicembre

Anche durante il mese di dicembre riceverò gli studenti il mercoledì dalle ore 11.30 alle 13.30. In questo modo, fra l'altro, evitiamo quasi tutte le feste previste dal calendario accademico.
Quindi mi troverete in facoltà il
  • 2 dicembre
  • 9 dicembre
  • 16 dicembre
Dal 22 cominciano le vacanze natalizie.

memoria condivisa/memoria contesa

Il 30 novembre sarò a Torino per questa iniziativa organizzata dall'Aamod e dall'Archivio Nazionale Cinema d'Impresa - Centro sperimentale di cinematografia.

È il primo appuntamento di analisi e confronto fra film d'impresa e film del movimento operaio: due punti di vista opposti e complementari sul mondo del lavoro.
Per chi fosse curioso, questo è l'ampio e complesso programma che si snoderà fra Torino, Ivrea e Roma:
La  manifestazione  prevede  proiezioni,  dibattiti  e  incontri con i protagonisti, con l´obiettivo di far conoscere, soprattutto alle giovani generazioni,le trasformazioni del mondo del lavoro e della produzione attraverso i differenti linguaggi visivi che le hanno raccontate. Il cinema industriale ha rappresentato per quasi mezzo secolo, dagli anni ´30 alla fine degli anni ´70, un settore importante della politica aziendale, che ha visto molte imprese produrre migliaia di documentari che oggi costituiscono un patrimonio prezioso per ricostruire la storia del Novecento italiano, in parte conservato nell´Archivio Nazionale Cinema d´Impresa di Ivrea. Nello  stesso  tempo  il  mondo sindacale, i partiti e numerosi autori indipendenti hanno prodotto, a partire dal secondo dopoguerra, film di "controinformazione" sul lavoro, le lotte sociali e sui grandi nodi dello sviluppo. In oltre un secolo di vita il cinema si pone dunque, al di là
degli  esiti artistici, come una preziosa fonte storica per analizzare l´evoluzione della società, dell´economia e del lavoro in Italia. È partendo da queste considerazioni che si intende promuovere un ciclo di appuntamenti - che complessivamente si struttureranno in un vero e proprio Festival cinematografico del lavoro - per analizzare i differenti punti di vista espressi di volta in volta dalle forze sociali, presentando in parallelo e mettendo a confronto film realizzati con obiettivi spesso contrapposti. Il cinema  -  e  la  sua capacità di affabulazione del reale - può dunque costituire  oggi  uno  strumento  di informazione e di riflessione per consentire a coloro che hanno vissuto in diretta gli avvenimenti della nostra storia economica, politica e sociale di rispecchiarsi nella immagini e di rimettere in causa posizioni sedimentate, e alle giovani generazioni di confrontarsi con tracce di memoria tra le più vivide ed efficaci lasciate dalla storia del Novecento.

 Programma

  Torino, lunedì 30 novembre
  Circolo dei lettori, via Bogino 9 - Torino
  ore 9.30 Presentazione
    * Gianni Oliva, Assessore alla Cultura della Regione Piemonte
    * Mimmo Calopresti, Presidente dell´Archivio Audiovisivo del Movimento
      Operaio e Democratico
    * Sergio Toffetti, Direttore dell´Archivio Nazionale Cinema d´Impresa
    * Luciano Gallino, Responsabile scientifico Centro On Line di Storia e
      Cultura dell´Industria

  ore 10.30 Italo Calvino e il cinema d´impresa
    * La  canzone del polistirene di Alain Resnais (1957, 12´). Versione
      italiana con il testo di Raymond Queneau tradotto da Italo Calvino, con
      la collaborazione per i termini tecnici di Primo Levi.

  ore 10.45 La fabbrica mondo
    * La Borsalino (1913, 13´)
    * Andando verso il popolo di Michele Gandin (Dalmine, 1941, 33´).
    * Incontro con la Olivetti di Giorgio Ferroni; testo: Franco Fortini
      (1950, 23´).
    * Sabato domenica, lunedì di Ansano Giannarelli (Aamod, 1968, 30´)

  ore 15.30 La fabbrica mondo (parte seconda) Introduzione di Giuseppe Berta
    * Vacanze nelle colonie Sicedison (Edison, anni ´50, 11´)
    * Ritrovarsi in estate di Francesco Barilli (Eni, 1972, 20´)
    * L´avventura nella vacanza di Piero Nelli (Ansaldo, 1963, 9´55")
    * Il paese dell´anima di Victor De Sanctis e Remigio Del Grosso Fiat,1957,
      33´)
    * Opere sociali Fiat (1957, 9´)
    * La Scuola Allievi Fiat "Giovanni Agnelli" di Stefano Canzio (1962, 16´)
    * Oltre il lavoro di Adriano di Majo (Fiat, 1973,13´)
    * Buon lavoro Sud di Giovanni Cecchinato (Montecatini, 1969, 16´)

  Ore 17.30 Interventi di: Cesare Annibaldi, Anna Falchero, Marcella Filippa,
  Pietro  Marcenaro, Mariangela Michieletto, Andrea Sangiovanni, Ermanno
  Taviani, Sergio Toffetti.

  Museo del Cinema/Cinema Massimo, via Verdi 19 - ore 20.30
    * La vita agra di Carlo Lizzani; sceneggiatura: Sergio Amidei dal romanzo
      di Luciano Bianciardi; con Ugo Tognazzi, Giovanna Ralli, Giampiero
      Albertini, Nino Krisman, Pippo Starnazza, Enzo Jannacci (1963,104´)
      .                      Incontro con Carlo Lizzani e Giovanna Ralli

  Ivrea, martedì 1 dicembre
  Archivio Cinema d´Impresa, via della Liberazione 4 - Ivrea
  ore 15.30 I documenti filmati negli archivi industriali
    * Tavola  rotonda  con: Edoardo Ceccuti (Cinecittà-Luce), Alessandro
      Lombardo (Fondazione Ansaldo), Marco Montemaggi (Museimpresa), Lucia
      Nardi (Archivio Eni), Eugenio Pacchioli (Archivio Storico Olivetti),
      Pier Paolo Poggio (Fondazione Musil), Maurizio Torchio (Archivio Storico
      Fiat).
      Coordinatori: Gabriele D´Autilia (Aamod) e Sergio Toffetti (Anci).

  ore 20.00 - Cinema La Serra, corso Botta 30
    * ThyssenKrupp Blues di Piero Balla e Monica Repetto (2008,73´)
    * La fabbrica dei tedeschi di Mimmo Calopresti (2008, 84´)
      Presentazione di Mimmo Calopresti, Piero Balla e Monica Repetto

  Torino, mercoledì 2 dicembre
  Cineporto, via Cagliari, 42
  ore 10.00 Torino: l´era industriale. Introduzione di Giovanni De Luna
    * Le officine di corso Dante di Luca Comerio (Fiat, 1911, 7´30")
    * Sotto i tuoi occhi (forse attribuibile a Mario Soldati), con Isa Pola
      (Fiat,1932, 6´)
    * I nuovi stabilimenti Fiat di Mario Gromo (Fiat, 1941, 15´)
    * Invito a Torino (Fiat, 1954, 3´)
    * Torino Amara di Gino Brignolo (1960, 16´)
    * La città operaia di Piero Nelli (1962, 15´)
    * Una città da salvare di Ennio Lorenzini e Vittorio Nevano; commento:
      Saverio Vertone; produzione: Unitelefilm (Aamod, 1964, 20´)
    * Incontro con la Fiat di Marco Zavattini (Fiat, 1976, 15´)
    * L´odore  della gomma di Piero Balla e Enrico Miletto, con Cristina
      Odasso; produzione: Deriva Film (2005, 32´)

  ore 15.00 Torino: l´era industriale (parte seconda). Introduzione di Stefano
  Musso
    * Tutto era Fiat di Mimmo Calopresti; produzione: La Sept Arte, Point du
      Jour, Rai, (Aamod, 1998, 70´).
      Vorrei  che volo di Ettore Scola, da "Lettere al Sindaco" di Diego
      Novelli. (1980, 69´)

  ore  17.30  Introduzione  di Andrea Bairati, Assessore all´industria e
  all´energia
  della Regione Piemonte. Interventi: Piero Balla, Mimmo Calopresti, Tom De
  Alessandri,  Sergio  Scamuzzi, Diego Novelli, Maurizio Torchio, Sergio
  Toffetti.
  Coordina: Ettore Boffano

  Roma, venerdì 11 dicembre
  Fondazione AAMOD, via Ostiense, 106 - Roma
  Il lavoro nel cinema d´autore
    * ore 16.30 Scioperi di Mimmo Calopresti (2006, 50´)

  ore 17.20 Presentazione a cura di Mimmo Calopresti, Gabriele D´Autilia,
  Sergio Toffetti
    * ore 17.45 Tavola rotonda con Fausto Bertinotti, Paolo Mieli, Sabrina
      Ferilli, Ugo Gregoretti, Wilma Labate, Carlo Lizzani, Paolo Virzì,
      Luciano Sovena.
      Coordina: Mimmo Calopresti.
    * ore 19.30 Tutta la vita davanti di Paolo Virzì (2008, 117´)

  Sabato 12 dicembre
  Fondazione AAMOD, via Ostiense, 106 - Roma
    * ore 17.00 Panoramica sulle proposte dei giovani documentaristi sui temi
      del lavoro. In collaborazione con il concorso per audiovisivi "Obiettivi
      sul lavoro", promosso da UCCA

chiaroscuri

Qualche giorno fa è stato presentato l'8° rapporto Censis/Ucsi sugli italiani e i media, intitolato I media tra crisi e metamorfosi. Dai dati emerge un ritratto in chiaroscuro, dove le zone d'ombra e quelle di luce sembrano compersarsi. Ad esempio diminuiscono i lettori di giornali (sempre di meno, nonostante l'ampia diffusione della free press) ma aumentano i fruitori di internet; e mentre cresce il numero di chi ascolta la radio (grazie anche alla diffusione dei podcast) la televisione continua ad essere il media dominante.
Quello che si delinea però come il dato più interessante è che aumenta il press divide, ovvero la distanza fra chi usa diversi media e chi si informa solo (o prevalentemente) attraverso la televisione.
Chi volesse saperne di più, può andare qui per dare uno sguardo ai dati principali.

visioni

La storia dei media è piena di visioni anticipatrici del futuro.
Sull'onda del fervore tecnicista e positivista della fine dell'800 alcuni autori riuscirono a immaginare oggetti che avrebbero trovato una soluzione tecnologica solo decine di anni più tardi.
Sono famosi i romanzi d'anticipazione di Jules Verne (su cui magari torneremo un'altra volta), ma non meno interessanti sono le futuristiche invenzioni di Albert Robida, che aveva anche la capacità di dare una forma alle sue fantasie.

Questa è un'illustrazione tratta da Le vingtiéme siecle e quell'oggetto è un "antenato" della nostra televisione, il telefonoscopio. Ecco come Robida lo descrive nel romanzo:
l’ancien télégraphe électrique, cette enfantine application de l’électricité, a été détrôné par le téléphone et ensuite par le téléphonoscope, qui est le perfectionnement suprême du téléphone. L’ancien télégraphe permettait de comprendre à distance un correspondant ou un interlocuteur, le téléphone permettait de l’entendre, le téléphonoscope permet en même temps de le voir. Que désirer de plus? (…) L’invention du téléphonoscope fut accueillie avec la plus grande faveur; l’appareil, moyennant un supplément de prix, fut adapté aux téléphones de toutes les personnes qui en firent la demande. L’art dramatique trova dans le téléphonoscope les éléments d’une immense prospérité; les auditions théâtrales téléphoniques, déjà en grande vogue, firent fureur, dès quel les auditeurs, non contents d’entendre, purent aussi voir la pièce. (…) L’appareil consiste en une simple piacque de cristal, encastrée dans une cloison d’appartement, ou posés comme une glace au-dessus d’une cheminée quelconque. L’amateur de spectacle, sans se déranger, s’assied devant cette claque, choisit son théâtre, établit sa communication et tout aussitôt la représentation commence. Avec le téléphonoscope, le mot le dit, on voit et l’on entend. Le dialogue et la musique sont transmis comme par le simple téléphone ordinare; mais en même temps, la scène elle-même avec son éclairage, ses décors et ses acteurs, apparaît sur la grande claque de cristal avec la netteté de la vision directe; on assiste donc réellement à la reprèsentation par les yeux et par l’oreille. L’illusion est complète, absolue; il semble que l’on écote la pièce du fond d’une loge de premier rang...
Sono colpito da queste fantasie: penso che siano un'immersione in quello che una volta si sarebbe chiamato lo "spirito del tempo" e che ci permettano di capire le aspettative tecnologiche di un secolo, da un lato, e, dall'altro, di avvicinarci a comprendere quale meraviglioso meccanismo sarebbe scattato nella mente degli scenziati che avrebbero trasformato in realtà le visioni degli scrittori.

ricevimento 16 novembre e oltre

Domani, 16 novembre, sarò in facoltà per il ricevimento dalle 11.30 alle 13.30.

Il prossimo ricevimento sarà il 25 novembre, sempre dalle 11.30 alle 13.30.

Ieri, oggi; e domani?

J. Edgar Hoover, l'onnipotente capo dell'FBI, [era] convinto che [Martin Luther] King fosse un pericoloso sovversivo, probabilmente un comunista, e che fosse necessario eliminarlo dalla scena politica.
L'8 gennaio 1963, il responsabile della sorveglianza di King, scrisse un lungo memorandum a Hoover: il pastore, colto in flagranza di adulterio, "deve, al momento propizio, essere mostrato al popolo di questo paese e ai suoi seguaci negri per ciò che è realmente: un imbroglione, un demagogo e, dal punto di vista morale, un mascalzone". L'FBI continuò a sorvegliare strettamente King, utilizzando decine di agenti, e ad accumulare prove delle sue infedeltà matrimoniali (il leader nero aveva un debole per le donne). Nell'agosto del 1964, Hoover giudicò il momento propizio per gettare il peccatore in pasto all'opinione pubblica: c'erano nastri registrati, dove si potevano sentire le voci del leader, alticcio, in compagnia di una mezza dozzina di collaboratori e di almeno due donne, nessuna delle quali era sua moglie. I microfoni nascosti nella camera del Willard Hotel nel gennaio 1963 avevano colto ogni rumore: le battute salaci, i preliminari, l'amplesso.
Il dossier era fitto di dati, orari, dettagli banali (che cosa aveva mangiato King quella sera) o scabrosi (quanto aveva pagato le prostitute incontrate a Los Angeles, Sacramento, Las Vegas). Le trascrizioni dei rumori raccolti al microfono non trascuravano nulla: le scarpe allontanate con un calcio, i vestiti che scivolano a terra, le molle del letto che cigolano. I nastri comprendevano ore e ore di attività sessuale: l'FBI aveva, tra l'altro, reclutato prostitute con lo scopo preciso di "incastrare" il leader nero. L'FBI offrì il materiale a "Newsweek", che rifiutò. Hoover tentò personalmente con il "Los Angeles Times" e il "New York Times", senza maggiore successo.
I giornalisti venivano invitati nel palazzo dell'FBI, fatti entrare da un ingresso secondario, potevano ascoltare tutto ciò che volevano, avere copie del dossier. Si trattava di un leader religioso, un pastore che citava la Bibbia in ogni occasione: non solo tradiva la moglie ma lo faceva abitualmente, con ogni genere di donne. Il suo carisma, il suo "carattere", la legittimità della sua azione politica potevano essere facilmente distrutti da una serie di articoli. Non ne uscì neppure uno.
Perché nel 1964 quotidiani e periodici non osarono toccare una storia proveniente dalle autorità, facilmente verificabile come autentica, giornalisticamente e politicamente esplosiva? L'unica spiegazione possibile è che il giornalismo di allora considerava la politica come una cosa seria, un campo i cui temi (un conflitto nucleare o un'esplosione di violenza razziale che finisse in una guerra civile) apparivano così importanti a chiunque da relegare le storie di adulterio al di fuori del perimetro delle notizie pubblicabili.
È vero che, all'epoca, la deferenza verso i politici rendeva off limits anche le avventure piccanti di John Kennedy, di cui buona parte dei corrispondenti dalla Casa Bianca erano a conoscenza, ma resta il fatto che la scelta di non prestarsi alle manovre di Hoover fu una dimostrazione di autonomia e di professionalità del giornalismo americano oggi semplicemente impossibile.
(da Fabrizio Tonello, Il giornalismo americano, Carocci, Roma 2005, pp. 52-55)
Questo era ieri.

Per quanto riguarda l'oggi il pensiero non può che correre alle assonanze con i casi political-sessuali che hanno riempito le cronache degli ultimi mesi (in particolare le assonanze mi sembra che ci siano con il "caso Marrazzo" e, in qualche modo, con il "caso Boffo"). In mezzo, naturalmente, tante cose sono cambiate: il modo di fare giornalismo e, più in generale, informazione, i criteri di notiziabilità degli eventi, il modo di fare politica. È arrivato l'infotainment, e la sua specifica variante del politainment.

E domani?
Domani sarà il tempo del trionfo della politica pop.

Ne riparliamo tra qualche giorno.

oggi qui, domani là

Giorni di iniziative in giro per l'Italia.
Oggi, sabato 7 novembre, torno a Teramo per la prima cittadina del documentario All'ombra del tempo - storie di Poggio Umbricchio, che ho realizzato (con l'Archivio della Memoria Abruzzese) negli ultimi due anni insieme ad Annacarla Valeriano, Cristiano Gerbino, e un gruppo di studenti della l.s. in Comunicazione Multimediale e Giornalistica (un po' in ordine sparso: Franco, Chiara, Eleonora, Luis, Alessia, Alfredo,Piera, Pierangelo, Carlo e altri ancora). Saremo ospitati dal Premio Gianni Di Venanzo, e già questo è un onore.

Per i curiosi, ecco i primi tre minuti del documentario.



Sempre inseguendo i film familiari martedì 10 sarò a Bologna per questa iniziativa:

Parteciperemo - insieme ad Annacarla - ad una giornata di discussione sui film familiari come fonte per la storia.

Nei mesi scorsi un gruppo di storici sono stati invitati a rispondere ad un questionario sui film di famiglia formulato dall'Istituto Parri e da Home Movies, gli organizzatori della giornata: le domande erano molto interessanti e mi aspetto una discussione altrettanto ricca.


Per questi motivi non sarò a Teramo mercoledì 11: quindi il ricevimento è rinviato alla settimana prossima.

ricevimento 4 novembre

Sarò di nuovo in università il
novembre prossimo.

Ricevimento studenti dalle 11.30 alle 13.30.

Nel pomeriggio, alle 15.30, apertura degli incontri di montaggio.
(Come non sai di che si tratta... guarda qui)

pensieri passati, sempre presenti

Ho cominciato a sperimentare il blog come strumento di lavoro durante il corso del 2007.
Oggi chiuderò quel blog, ma ho importato qui - una versione aggiornata di quell'esperimento - la maggior parte dei post del 2007 e del 2008.
Penso che la memoria vada coltivata e mi dispiaceva disperdere quel piccolo patrimonio di informazioni, pensieri, scambi di opinioni che sonnecchiava in un posto semidimenticato della rete.
Tutti i post di quel vecchio blog sono prima del "pronti? via!" con cui ho dato inizio a questo nuovo esperimento. Buona lettura ai curiosi.

"chi mangia fa mollica"...

...ma qui da un po' di tempo ci stiamo cibando solo di molliche.


Aggiornamento al post precedente. Ancora su un certo modo di fare notizie.

Sapete che il direttore di Mattino cinque, Claudio Brachino, poi si è scusato.
E lo ha fatto iniziando proprio con la frase che ho usato per intitolare questo post: chi mangia fa mollica. Si può sbagliare, insomma.
Giusto.
Poi però ha proseguito il suo editoriale.
Ancora una volta mi permetto di usare un commento di un altro blog, quello di Fausto Colombo. Trovate tutto qui, compreso il video delle "scuse" di Brachino.

Io non ho molto altro da aggiungere.

Salvo un dettaglio. Guardate sullo sfondo, l'ora. L'editoriale va in onda dalle 9.58 alle 10. Certo, poi è stato ripreso e commentato da tutti: ma qual è il pubblico a cui si rivolge (e in maniera diretta) a quell'ora?
E siamo sicuri che la raffinata analisi ospitata da Colombo sul suo blog - che condivido completamente - sia la stessa che può fare quel pubblico?
Magari, invece, il tipo di argomentazioni e le forme retoriche usate da Brachino, facilmente smontabili da una lettura attenta, non sono affatto mistificanti per il suo pubblico, il pubblico di Mattino Cinque: anzi assecondano linee di ragionamento comuni e diffuse. E, alla fine, ribadiscono il messaggio indiretto che il servizio aveva proposto, stavolta in modo palese.
Così il cerchio si chiude. E noi continuiamo a dividerci poche molliche.

dov'è la notizia?

Capiamoci. Questo sito ha l'impostazione di un blog e quindi credo che possa essere interessante usarlo anche come "diario pubblico" e non solo come bacheca di annunci. Del resto, guardare il mondo dei media offre costantemente spunti di riflessione: sulla nostra società, sui media stessi, sulla loro funzione e sul modo in cui questa funzione si trasforma.
Ecco allora una cosa di questi giorni su cui occorre riflettere. Non sono il primo, naturalmente, e non credo che sarò l'ultimo. Fra le cose che ho letto, sarà sufficiente riportare il solo commento di Fausto Colombo, asciutto e diretto.
Ecco di che cosa sto parlando.

Questo è qualche cosa che la televisione non può fare quando decide di fare informazione.
Perché?
Non userò parole di indignazione civile (che pure non sfigurerebbero in questo contesto) ma mi (e vi) chiederò solo: dov'è la notizia?
La notizia non può certo essere nelle immagini di una persona che aspetta il suo turno dal barbiere e che passeggia fumando qualche sigaretta.
La notizia non può essere nemmeno il colore delle calze indossate da quell'uomo. E' forse nel fatto che quel colore mal si sposa con il resto dell'abbigliamento? No. Il servizio non era un servizio di moda.
Allora la notizia è forse nella frase di apertura del servizio? La cronista ci informa infatti che la persona i cui passi sta seguendo con tanta attenzione è un giudice che ha appena condannato il network che trasmette il servizio.
Forse, dovrei levare quel forse.

19, 20, 21 ottobre

Il 19, 20 e 21 ottobre sostituirò il prof. Crainz nelle lezioni di storia contemporanea e storia dei media.

Nel corso di storia contemporanea si parlerà di costruzione delle identità nazionali, delle vicende dell'Italia liberale e si accennerà ad alcuni elementi della storia degli Stati Uniti fino alla prima guerra mondiale.

Nel corso di storia dei media si continuerà il discorso iniziato la scorsa settimana sulle origini della radio e si farà un veloce excursus sulla storia del giornalismo dalle origini fino all'inizio del '900.
Poi ci si concentrerà sull'Italia fascista e sul suo sistema dei media, iniziando un discorso che non potrà certo esaurirsi in questa settimana.

Prima e dopo le lezioni sarò a disposizione degli studenti per informazioni, spiegazioni e approfondimenti.

pronti? via!

Mi sembra che ci sia tutto quello che serve.
Proviamo?
Proviamo.

Si parte.

Peppino Ortoleva parla del "Secolo dei media"

L'occasione è ghiotta: mercoledì 13 alle 11 Peppino Ortoleva sarà all'università di Teramo per parlare del secolo dei media, il suo ultimo, importante saggio.

Ortoleva insegna storia dei mezzi di comunicazione all'Università di Torino ed è il fondatore (oltre che presidente) di Mediasfera, una società che si occupa di ricerca e progettazione sui media e la comunicazione; ma soprattutto è autore di alcuni degli studi più importanti del panorama italiano sui media e la loro storia, fra cui, ad esempio, Mediastoria e Un ventennio a colori.

Il secolo dei media è un testo di storia, perché - come aveva già mostrato in Mediastoria - la storia è
tra le scienze umane la meglio attrezzata a cogliere i processi

della comunicazione e il modo in cui si sono sviluppati nell'ultimo secolo.

Tuttavia in quest'ultimo saggio Ortoleva non si concentra solo sul passato ma riflette soprattutto sul presente e sull'eredità che il '900 ci ha lasciato, ovviamente nella prospettiva dei media, e
tenta una lettura critica del Novecento della comunicazione, un'interpretazione che sfida le apparenti ovvietà ed evidenze

a partire da un quesito fondamentale ma dalla risposta quanto mai ingannevole, che cosa sono i media.

Non vi parlerò ora del libro: ci tornerò su in uno dei prossimi post. Qui, semplicemente, vi invito a non perdervi una bella occasione di riflessione e a mandarmi le vostre analisi e i vostri commenti sull'incontro. Ci si risente presto.

Parla con me il Late Night Show with David Letterman nostrano

Lo scorso ottobre dopo quattro anni di ripetuto successo Serena Dandini, una fra le conduttrici nonchè autrici che ha maggiormente sperimentato e rinnovato il linguaggio televisivo comico e satirico, è tornata in onda con il nuovo Parla con me, il talk show italiano che ricorda, in parte, il Late Night Show with David Letterman. Se il celebre divano rosso è sempre lí a fare da sfondo alle interviste ai più svariati personaggi del mondo televisivo, cinematografico e culturale italiano, tante sono le novità. Innanzitutto è cambiato il ritmo del programma; da appuntamento domenicale è diventato quotidiano con una satira ispirata ai fatti del giorno. Il talk show di Rai tre, infatti, va in onda dal martedí al venerdí in seconda serata per la durata di circa quaranta minuti. La formula è sempre quella dell’ infotainment elemento tipico della neotelevisione. L’ informazione si cela dietro all’ ironia della conduttrice e alle interviste ai personaggi piú o meno noti mentre l’ intrattenimento, quello puro, è affidato a personaggi vecchi e nuovi come: Dario Vergassola, Banda Osiris, Ascanio Celestini, Andrea Rivera, Neri Marcorè, Caterina Guzzanti, Diego Bianchi in arte “Zoro”, Lillo&Greg, Paola Minaccioni e Federica Cifola. Dunque si torna a fare satira con una grande squadra di comici tra i quali molti hanno già accompagnato la Dandini nelle sue precedenti avventure. Il programma però si rinnova e se il momento cult rimane l’ intervista al personaggio del momento, si aggiungono le imitazioni di Neri Marcorè (tanto celebre quanto criticata è stata quella di Daniele Capezzone, portavoce del PDL), di Caterina Guzzanti (la più piccola tra i fratelli Guzzanti che in una precedente puntata ha interpretato il ministro dell’ istruzione Maria Stella Gelmini e la candidata alla vicepresidenza degli Usa, Sarah Pallin), di Paola Minaccioni e infine di Federica Cifola. Altro elemento di novità è la miniserie Greg anatomy parodia della celebre serie Greys anatomy. Ritornano, invece, Ascanio Celestini con i suoi monologhi riferiti ai fatti del giorno, le ormai famose incursioni al citofono di Andrea Rivera e la musica dal vivo della Banda Osiris con le rivisitazioni dei grandi classici dell’ intero repertorio musicale italiano e non, della poesia e della letteratura. Eppure il corpo centrale di Parla con me è l’ elemento narrativo, il talk show vero e proprio, il gusto della conversazione con il personaggio del momento intervistato dalla Dandini. Molti sono gli ospiti, tra i quali star di fama internazionale come Richard Gere (presente nella prima puntata) e Will Smith ma non mancano i personaggi nostrani dagli attori emergenti del nuovo cinema italiano come Riccardo Scamarcio, Elio Germano e Luigi Lo Cascio a donne del panorama culturale e scientifico come Margherita Hack fino a manager-filosofi tra i quali Pierluigi Celli (direttore generale della Rai dal 1998 al 2001). Dunque sono presenti le caratteristiche del talk show tradizionale (Bontà loro di Maurizio Costanzo fu il primo in questo genere) in cui gli ospiti sono invitati a discorrere di qualsiasi argomento: la vita privata, le esperienze personali e sentimentali, la politica e gli eventi di ogni genere. L’ intervista, però, non assume mai toni semiseri perché interviene subito l’elemento di disturbo ovvero Dario Vergassola che entra in scena con il suo divano-trolley e che è stato ironicamente rinominato, con allusione al mondo politico, “conduttore ombra”. Il comico genovese intavola con l’ospite di turno un botta e risposta divertente che fa leva sull’ umorismo e tra una battuta e l’ altra s’ insinua la satira politica che colpisce a destra e manca e perfino a sinistra. Insomma nella trasmissione ideata da Serena Dandini, una delle protagoniste della tv delle ragazze, e dal giornalista Andrea Salerno, si fondono elementi diversi che riprendono la tradizione del talk show all’ americana con le interviste, o meglio le conversazioni piacevoli e leggere, in compagnia dei protagonisti del mondo dello spettacolo ma anche della cultura e quant’altro; tutto ciò è accompagnato da una carrellata di buon intrattenimento affidata a personaggi di un certo spessore. Parla con me si configura così come uno dei programmi di satira televisiva più intelligenti, capace di mettere insieme spazi di informazione e controinformazione, interviste semiserie e irruzioni musicali. Naturalmente non mancano le critiche che denunciano la difficoltà di presentare un menù quotidiano esaustivo e le previsioni di un notevole calo di ascolti dovuto alla nuova “settimanalizzazione” del programma (in realtà il talk show è comunque molto seguito). Inoltre tante sono le proteste provenienti dal mondo politico e culturale sulla satira pungente, sugli ospiti e sui temi trattati. Dunque per dirla alla maniera di Paola Cortellesi, una delle protagoniste della scorsa serie: “Riparliamone, in Italia si può riparlare di tutto!”.

...e vissero tutti felici e contenti (GF 2009)

Fabio mi segnala la puntata odierna di Parliamo con l'Elefante, trasmissione quotidiana di Giuliano Ferrara su Radio 24, dedicata ai reality. Lo sto sentendo mentre scrivo questi due appunti: sono passati solo pochi minuti e non sono d'accordo praticamente su niente. Quindi non la commenterò e lascerò a voi il piacere di farlo.



Fra l'altro ho poco da dire, perché, ahimé, non ce la faccio proprio a vedere Il Grande Fratello, detesto X-Factor perché non mi piacciono i programmi di canzoni (ma - vi confesso una debolezza - seguivo con passione le recensioni che faceva Diego Cajelli, scrittore di fumetti e divertito critico del programma), e non capisco perché mi dovrei appassionare a quello che fanno i "vip" su isole deserte o in  lontane fattorie.

Confessate queste debolezze, però, vi trascrivo che cosa ha scritto oggi Antonio Dipollina su La Repubblica:
facendo finta che non valga il vecchio assioma (come diceva quello, c'è caso che il reality show rappresenti a malapena se stesso) nella vittoria finale del Grande Fratello si nota una spiacevole discrepanza rispetto ai tempi. Eppure tutti o, per fortuna, quasi tutti, dicono che in quei posti pulsa la carne viva della società là fuori: non c'eravamo ancora ripresi dal dilagare del progressismo tollerante nei confronti dell'omo-transessualità, quello innescato dalla vittoria di Luxuria all'Isola, che ora arriva il trionfo dell'immigrato Ferdi al Gf. Purtroppo Ferdi è bianco di carnagione, mentre questi sono i giorni in cui servirebbe un vincitore abbronzato o nero del tutto, giusto per alleviare il malumore nato sabato scorso per quanto successo in una importante partita di calcio. Dov'erano quelli che travasano la società nei reality? dormivano? ...

Pur appoggiandomi a queste osservazioni critiche (più o meno, da quello che sento, ciò che hanno scritto L'Unità e altri) a me pare che per rispondere alla domanda che ci si pone sempre alla fine di una serie annuale del Gf - il Gf rappresenta la società? - bisogna andare a cercare in un altro punto. Il punto non è se il vincitore dei reality sia "costruito" dagli autori oppure no. Non penso che sia nel vincitore che, eventualmente, si rispecchia la società italiana: lì - ha ragione Grasso - è una storia che vince (è lo storytelling applicato alla tv). E, forse, a chi segue quei programmi piace una storia vincente (e Ferdy è senz'altro una storia vincente).

Ho il sospetto che per capire se la società si specchi nel Gf dovremmo guardare quello che succede nella casa tutti i giorni: forse la società italiana è nella incultura esibita e nell'emotività adolescenziale. Non è il prima (il casting: quando si costruiscono le potenziali storie) o il dopo (quando la storia migliore vince) ma il durante che conta.

Ma io il Gf non lo guardo e quindi non lo so. Mi tengo informato guardando la sintesi della Gialappa's: sarà quello che ha viziato il mio punto di vista?

Riepilogo tg5 serale della settimana dal 06-04 al 12-04

I tg di questa settimana sono stati (purtroppo) inevitabilmente quasi totalmente monopolizzati dalla trattazione di un unico argomento, la cronaca del terremoto in Abruzzo. Un evento drammatico di tale portata ha comportato anche una modifica nella strutturazione solita del tg. 4 giorni su 7 il tg non è stato aperto con i titoli più importanti della giornata, bensì con una copertina dedicata al racconto della catastrofe abruzzese. Tutti i tg tral'altro, sono durati anche fino a 5 minuti in più dell' usuale mezz'ora.  Nei 3 giorni in cui il tg è stato aperto con i titoli (in numero di 6) essi hanno riguardat0 :

  • 10 volte il TERREMOTO

  • 1 volta la CRONACA BIANCA

  • 1 volta la CRONACA GIUDIZIARIA

  • 1 volta l'ECONOMIA

  • 2 volte la CRONACA NERA

  • 2 volte la RELIGIONE

  • 1 volta lo SPORT

  • 1 volta la TV.


 Le 4 copertine sono durate mediamente 2'20, ma la lunghezza è stata piuttosto variabile. Dal 1'30 della copertina di Lunedì ai 3'00 di quella di Venerdì, dedicata ai funerali delle vittime. Entrambe avevano anche una titolazione. Ognuna di queste copertine è partita semplicemente con le immagini riprese nei luoghi del disastro e con rumori,voci e suoni esclusivamente ambientali. In un secondo momento poi le immagini sono state accompagnate dal commento del giornalista che l'ha realizzata e da eventuali interviste significative agli Aquilani. La scelta di far cominciare le copertine solo con i rumori ambientali ha lasciato l'impressione della cronaca in presa diretta (anche se le immagini sono registrate) e se possibile ha enfatizzato ancora di più la già terribile drammaticità  delle immagini.

Come già accennato i tg sono stati quasi inevitabilmente e giustamente monotematici.  Le notizie sono state mediamente 17 a tg, ma la maggior parte vertevano sullo stesso argomento. Ad esempio nell'edizione di Lunedì sera (primo tg serale dalla scossa di terremoto) sono 1 notizia su 14 è stata di diverso argomento ed ha trattato la CRONACA GIUDIZIARIA. L'edizione di Giovedì è quella che più di altre ha toccato anche settori diversi. 8 notizie su 20 hanno riguardato:

  •  RELIGIONE

  • CRONACA BIANCA (2)

  • CRONACA GIUDIZIARIA

  • CRONACA NERA (2)

  • ECONOMIA

  • POLITICA INTERNA (servizio politico).


I tg sono durati di più perchè ad alcune notizie è stato dedicato un tempo particolarmente lungo (rispetto alla media solita di 1'30- 1'40). Questo è dovuto al fatto che, dato l'argomento trattato (il terremoto), esse sono state costruite non semplicemente con dei servizi ma anche e soprattutto con i collegamenti effettuati con i numerosissimi inviati dislocati nelle varie tendopoli allestite. La presenza fissa e continuativa di questo consistente numero di inviati sul posto ha consentito al tg, a volte con degli aggiornamenti  minuto per minuto, di fornirci una cronaca in presa diretta completa e precisa degli avvenimenti in corso in Abruzzo.

 Un esempio di come è stata costruita una notizia :

Si parte con il collegamento con uno degli inviati, inizialmente sentiamo il suo commento mentre lo vediamo da solo sullo sfondo della tendopoli o di una strada pressocchè deserta. Poi ad un certo punto partono anche delle immagini che accompagnano il suo racconto. In un terzo momento l'inviato lancia un servizio (o il qualche caso addirittura 2) realizzato in giornata indifferentemente da lui o da un suo collega. Dopo il servizio l'inviato riprende la linea per un ulteriore commento a ciò che è stato mandato in onda. Prima di restituire la linea al conduttore in studio l'inviato eventualmente risponde a delle domande dell'anchorman su alcuni aspetti che probabilmente non sono abbastanza chari per chi non si trova sul posto. La durata media di ognuno di questi collegamenti è di 3' 30 ciascuno. In ogni tg mediamente 2-3 notizie sul terremoto sono costruite in questo modo.

Le restanti notizie sul terremoto ci sono fornite in due modi differenti.

 Si può  scegliere (primo modo) semplicemente di presentarle con dei rapidi aggiornamenti degli inviati, oppure con delle interviste realizzate in diretta dagli stessi inviati con gli operatori della macchina dei soccorsi o con personalità del mondo politico direttamente coinvolte dall'evento (es. il Sindaco de L'Aquila, il Presidente della Regione Abruzzo ecc..).

Si può decidere invece (secondo modo) di presentare le notizie  semplicemente con l'usuale strumento del servizio. Molti dei  servizi riguardanti il terremoto hanno avuto una peculiarità rispetto ai servizi che trattano quotidiamente di tutti gli altri argomenti. Al loro interno è stata sempre ben visibile la figura del giornalista (che nei servizi dei tg delle settimane passate 9 volte su 10 non si vede) che in pratica sembra partecipare insieme a noi all'evento e alla scoperta delle notizie buone o cattive.

 Esempi: il giornalista che entra nelle case insieme ai vigili del fuoco e ci racconta lo stato in cui si trovano, il giornalista che percorre le strade devastate de L'Aquila di notte affianco agli uomini che operano contro lo sciacallaggio, il giornalista sull'elicottero con le Forze dell'ordine  che sorvola i territori colpiti, il giornalista che si intrufola dentro una tenda per raccontarci la giornata di sfollati e di volontari, il giornalista che si reca negli alberghi della costa ed incontra (e ci fa incontrare) i terremotati che vi sono ospitati.

Tra i restanti servizi, in cui non compare la figura del giornalista, si può distinguere tra due tipologie. Ci sono quelli in cui vengono sintetizzate le dichiarazioni rilasciate in conferenze stampa dalle figure istituzionali del Paese e della Regione riguardo i provvedimenti da prendere per affrontare l'emergenza. Es: I servizi costruiti con le dichiarazioni del Presidente Napolitano, di Berlusconi, Schifani, Fini, Chiodi, ecc.. L'altro tipo di servizio, sicuramente quello che ci da più degli altri il senso della tragedia, è quello costruito con le storie della vita di alcune delle vittime del terremoto.

Nell'arco della settimana tutti gli altri argomenti sono più che altro residuali. Vengono presentati alla fine del tg, con una lunghezza anche più ridotta del solito, e non vi è una gerarchia visibile tra i settori che si è scelto di trattare, che variano quotidianamente.

Le famiglie allargate della Fiction televisiva: i Giorgi-Del Fiore di Tutti pazzi per amore!

“Tutti pazzi per amore” ma si tratta davvero di un prodotto “pazzo”? ossia nuovo, innovativo, lontano dalla tradizionale fiction della televisione pubblica?


 


Premesse: la fiction è andata in onda la domenica alle 21:30 su Rai Uno durante il periodo invernale compreso tra i mesi di dicembre 2008 e febbraio 2009.


Prodotta da Rai Fiction e Publispei, vanta un team autoriale di tutto rispetto: in regia c’è Riccardo Milani, (stesso regista de “La guerra degli Antò” del 1999 e “Auguri professore” del 1990), la sceneggiatura è firmata da Ivan Cotroneo (sceneggiatore di Paz, ha scritto L’ottavo nano di Serena Dandini e Corrado Guzzanti e lavora come autore per Parla con me, il talk show della Dandini), insieme a tanti altri nomi conosciuti nel mondo della fiction e del cinema indipendente italiano.


Osservando la composizione del cast tecnico emerge già chiara la volontà dei vertici della Rai Fiction di realizzare un prodotto sofisticato, più complesso nelle trame e nelle forme espressive, capace di catturare una fascia di pubblico possibilmente “più giovane” e “culturalmente più elevata”. E infatti i primi risultati sono stati niente male: la prima puntata ha avuto uno share pari a 24,02% con 6.555.000 spettatori, e la media degli spettatori si è assestata attorno ai 5,5 milioni per uno share di 22,35% share. Quest’anno la fiction si è aggiudicata, inoltre, il Premio Regia Televisiva come “Miglior fiction” e inoltre da un sondaggio condotto da TvTalk risulta che il 47%  degli intervistati ritiene Tutti pazzi per amore “la nuova frontiera della Rai Fiction". Un sequel è già in fase di scrittura per andare in onda in primavera 2010 a indicare il successo della prima stagione di Tutti pazzi per amore.


 


La tonalità della narrazione è quella della commedia; il tipo di coinvolgimento del telespettatore fa leva quindi sugli elementi comici della lettura.


Gli eventi si svolgono nella Roma di oggi, dove sono riconoscibili il traffico e la vita frenetica di una metropoli multietnica e cosmopolita. Il fulcro narrativo da cui si dispiegano tutte le trame è rappresentato dal tema della famiglia allargata, topos narrativo comune a più serie televisive di genere “family” come Un medico in famiglia, prodotto dalla Rai, o I Cesaroni, prodotta per la Mediaset dallo stesso Carlo Bixio e dalla Publispei, un esempio di fiction che meglio rappresenta l’importanza del tema della famiglia allargata perché derivata dall’originale spagnola e poi adattata per le televisioni di numerosi paesi del mondo. Quello delle famiglie allargate, quindi, è un tema ricorrente e apparentemente attuale e la fiction ne attinge abbondantemente.


I personaggi principali sono Laura del Fiore e Paolo Giorgi, interpretati rispettivamente da Stefania Rocca e Emilio Solfrizzi. Lei, sulla quarantina, separata dal marito da 6 anni, con due figli (Emanuele e Nina ). Laureata in lettere, scrive per una rivista femminile (Tu Donna) curandone la corrispondenza con le lettrici: risponde alle loro lettere offrendo il proprio parere sulle loro fortune e sfortune in amore, in famiglia e nel lavoro. L’immagine che ne abbiamo è quella di una donna libera, indipendente, impegnata nel suo lavoro e nella famiglia, curiosa, dai gusti raffinati e alla moda, con un tocco di ingenuità e genuinità. Paolo è un uomo di quarant’anni, perito agronomo, nel tempo libero allena una squadra di pallanuoto, vedovo da sei anni, con una figlia adolescente (Cristina) che ha cresciuto da solo. È un uomo timido, goffo e impacciato con le donne, è uno di quelli che si può incontrare tutti i giorni, un ragazzone fragile e allegro che non ha paura di mostrare i suoi sentimenti.


 


Un aspetto caratteristico di questa fiction è l’innovazione da un punto di vista dei moduli narrativi: c’è, infatti, un ampio ricorso alla digressione onirica che spiazza il telespettatore, o alla rappresentazione di azioni immaginate, scene in cui i personaggi esprimono ciò che vorrebbero fare ma non fanno. Si crea così l’esilarante contrasto tra inibizioni e desideri dei personaggi, paure e liberazioni, complessi e spontaneità tipici anche dei cartoni animati e soprattutto degli anime, in cui una simpatica vignetta sovrasta il personaggio, intanto colto da un imbarazzo incombente, mostrando ciò che vorrebbe a tutti i costi accadesse, come ad esempio smaterializzarsi o dichiararsi innamorati, colpevoli ect.


Un elemento espressivo fondamentale di Tutti pazzi per amore è la formula del musical, che ha contribuito più di tutti a rendere così popolare la fiction. Pezzi come Vacanze romane dei Mattia Bazar,  Fotoromanza di Gianna Nannini, ma anche Macho man dei Village People o Brigitte Bardot di Miguel Gustaud sono inseriti non più come sottofondi musicali sui quali i personaggi ridono, piangono, scherzano o si sorprendono, perché i personaggi stessi si pongono sotto i riflettori e cantano e ballano la colonna sonora della fiction. I piani dell’azione e il piano della tecnica espressiva si toccano così tanto da essere sovrapposte dando vita ad effetti narrativi molto particolari, ma sul piano della storia i personaggi restano persone comuni che cantano una canzone triste in un momento di malinconia, o al contrario, una canzone allegra in un momento di esaltante felicità, immaginando magari di ballare in mezzo alla strada con la complicità dei passanti....work in progress


 


 


 


 


 

Ritrovare la filosofia su un'isola deserta

Ecco un altro capitolo della discussione: "ma le serie televisive riescono a raccontare la realtà di oggi meglio di qualsiasi altra narrazione"?

Oggi su La Repubblica Gabriele Romagnoli parla di un libro di prossima uscita, La filosofia di Lost di Simone Regazzoni.



Ecco il testo dell'articolo, che si intitola Lost, la filosofia a lezione di fiction:

Esiste una philosophy fiction, una filosofia che ha per oggetto le serie televisive? Esiste ontologicamente, addirittura come necessità o, un gradino sotto, come possibilità? O è una riflessione sul nulla e come tale insignificante poiché il proprio oggetto non ha significato? Abbiamo dubbi più importanti di cui occuparci, bivi più cruciali a cui scegliere? Può essere. Ma può anche essere invece che si commetta, già nel non comprendere l'importanza del quesito, un macroscopico errore, non solo per snobismo, ma per malafede.


Poniamo qualche presupposto, accettato non solo dalla critica televisiva, ma da quanti fanno comunicazione e spettacolo con qualche cognizione di causa. Primo: le serie televisive made in Usa sono oggi la punta più avanzata di narrazione. Il "grande romanzo americano" lo hanno scritto gli autori dei Sopranos, di Six feet under e Nip/Tuck. Non esiste al cinema o in letteratura un personaggio con la forza del dottor House, non esiste una riflessione "in diretta" sulla politica e la giustizia paragonabile a 24 e mettendo insieme tutte le pellicole candidate all´Oscar negli ultimi 10 anni si raggiunge una complessità di riflessione sull´etica, lo spirito e il tempo pari a quella contenuta in tre fotogrammi di Carnival. Secondo: queste serie costituiscono oggi quel che chiamiamo "immaginario popolare", il punto di riferimento del dibattito tra spettatori evoluti, avviato dalla domanda: «Vedi anche tu Mad Men?». Terzo: alcune di queste serie hanno un dichiarato sottotesto, producono esperimenti di interazione con il pubblico, che non si limita a ricevere, ma reagisce (realizzando la visione dei post-strutturalisti francesi per cui leggere è riscrivere). Tre indizi, una prova.


E allora, chi ha ragione? Chi ancora snobba la philosophy fiction come una perdita di tempo, un inchinarsi della ragione su temi bassi? O Simone Regazzoni, autore di "La filosofia di Lost" (Ponte alle Grazie, in libreria da venerdì), quando scrive che esiste un processo irreversibile di trasformazione della filosofia davanti alla televisione «che è anche, a tutti gli effetti, una sua democratizzazione»? Curioso, l´autore ora dichiara nome e cognome, mentre per "La filosofia del dottor House" aveva usato uno pseudonimo, Blitris, in coabitazione con due colleghi. A chiedere si scopre che gli altri han preferito tornare ai "temi alti" per non perdere il rispetto del mondo accademico.


Anche Regazzoni è dunque a suo modo un sopravvissuto come quelli del volo Oceanic 815. Naufrago sulla sua isola si appassiona seguendo le tracce filosofiche di Lost, che son tante, alcune evidenti, altre nascoste sotto la superficie. Qualche esempio? Lampante: i personaggi hanno nomi di pensatori famosi (Locke, Rousseau, Hume, Bentham). Comprensibile: l´isola è una metafora. Di che cosa? Di Dio: se, alla maniera di Spinoza identifichiamo divinità e natura o se ci specchiamo nel personaggio di Locke che all´isola si rivolge come a una forma di provvidenza o semplicemente se sacralizziamo il suo essere deserta, quindi negazione del mondo, della realtà (e dunque, cosa? Fiction!). Per solutori più che abili: dietro l´intreccio elaborato di Lost si cerca di svelare l´enigma della verità negando che esista una soluzione.


Lost mette in discussione l´esistenza del mondo esterno. O quanto meno la maniera in cui è stato percepito, finanche pensato. Lost è l´apoteosi del relativismo. Scrive Regazzoni: «Ti mostra come il mondo non si dia se non all´interno di un punto di vista singolare: ciò che chiamiamo soggetto». In Lost gli Altri sono tali perché visti dalla prospettiva di quelli che tali non si definiscono. E se invece lo fossero? Il dubbio riguardo alla natura di Sayid (professione: torturatore iracheno) è l´esempio di come sull´isola non esista verità, ma solo percezione relativa. Tu torturi qualcuno per fargli confessare di essere un Altro, ma tu stesso eri creduto tale da qualcuno che non possiamo definire altro solo per non ingarbugliare una matassa che già non ha filo. Lo ha forse il mondo esterno? E chi lo tiene in mano: Dio, o l´isola?


Non c´è risposta. Lost ha solo domande. È un´entità che produce se stessa, generando mondi. Gli autori hanno scritto una fiction, ma gli spettatori l´hanno resa realtà, creando il sito della Oceanic Air (dove si legge che tutte le attività sono cancellate per le difficoltà insorte dopo il disastro del volo 815), il libro di cui i naufraghi leggono il manoscritto e perfino tentando di dare una forma (non una soluzione, quella è lost, perduta) alla "equazione Valenzetti". E tutto questo ha meno a che vedere con la filosofia di un qualsiasi padiglione della Biennale di Venezia? Scrive Regazzoni: «Se non c´è risposta, allora non c´è rapporto, è la fine». Già, come va a finire Lost, che ricomincia il 6 aprile? Se non l´avete capito, non avete studiato: Lost è già finita. Se mai è stata.

Confesso che non ho mai visto Lost (ed è una mancanza che dovrò colmare: ma mica posso cominciare dalla quinta serie, no?) e quindi non posso commentare. Magari qualcuno di voi può dirmi qualcosa però...

parole in libertà



Cento fiori: così La Storia siamo noi ha ribattezzato la incredibile vicenda della nascita della radiofonia non monopolistica in Italia nella seconda metà degli anni '70. Ne abbiamo parlato nelle lezioni della scorsa settimana, ascoltando anche alcuni dei non molti frammenti di quella storia. Come promesso, ecco una serie di link per approfondire alcuni argomenti, ascoltare alcune voci e alcuni suoni, riprendere le fila di quel discorso.

Qui ci sono voci e parole (ma anche segni) di Radio Alice.



Qui una storia di Radio popolare.

Qui, infine, alcuni frammenti di Radio Aut.

Buon ascolto.

Aldo Grasso sulla fiction “agiografica”

Qui il video

Sarebbe interessante cononoscere i pareri di tutti, la conclusione di Grasso è piuttosto forte.

esperimenti

Potremmo chiamarlo affettuosamente Piccole Jene crescono?

Il video qui sotto è la prima prova di montaggio che hanno fatto alcuni studenti del corso. Alcuni di loro non avevano mai messo le mani su un programma di montaggio video (qualcun altro sì, e si vede...): ma la fantasia, il coraggio  e una gradevole verve polemica non gli mancano di certo.





Riegilogo tg5 serale dal 9-03 al 14-03

I sommari di questa settimana sono stati molto affollati, hanno anticipato ogni sera ben 5 0 6 notizie tra quelle successivamente trattate nel telegiornale. Tra gli argomenti posti in primo piano nei sommari si sono alternate nell'arco della settimana anticipazioni su economia, cronaca giudiziaria, e cronaca esterna.

Mediamente i titoli per ogni tg sono stati come la settimana scorsa sempre 6.  Li posssiamo suddividere un base al settore trattato in:

  • 7 di cronaca giudiziaria

  • 5 di cronaca bianca

  • 4 di cronaca estera

  • 4 di economia

  • 4 di cronaca nera

  • 3 di politica interna

  • 2 di salute,medicina

  • 1 di politica estera

  • 1 di cronaca rosa

  • 1 di religione

  • 1 di sport

  • 1 su altri media.


L'argomento scelto per il primo titolo del tg è stato prevalentemente o di cronaca giudiziaria o di cronaca estera (nello specifico cronaca nera dall'estero). 5 volte su 6 il servizio di apertura corrispondeva al titolo di apertura. Nel tg del 10/03 il titolo di apertura è stato di cronaca giudiziaria (sul caso dello stupro della Caffarella), il servizio di apertura è stato però dedicato all'economia e all'andamento giornaliero delle borse. Il servizio riguardante il titolo di apertura è stato solo l'ottavo, preceduto appunto da servizi di economia, di politica interna e di cronaca nera.

Le notizie sono state mediamente 18 per ogni tg, di cui sempre mediamente 2,5 a sera non corredate da un sevizio. In una occasione, la presentazione di una notizia è stata corredata da due servizi mandati in onda uno dopo l'altro, senza che fossero intervallati dalla presentazione del giornalista.  Ciò è avvenuto nel tg del giorno 13, in cui un servizio di cronaca estera sull'arresto in Germania del killer mafioso Strangio è stato seguito da un servizio dedicato a Renato Cortese, il poliziotto che ha contribuito non solo all'arresto di Strangio, ma anche a quello di Provenzano.

Le notizie hanno riguardato nello specifico i seguenti settori:

  • CRONACA GIUDIZIARIA: 20 (15  con servizio + 5 senza servizio)

  • POLITICA INTERNA: 16 (14 + 2)

  • CRONACA BIANCA: 16 (14+ 2)

  • CRONACA NERA : 11 (tutte corredate da servizio)

  • ECONOMIA: 9 (8 + 1)

  • SALUTE, MEDICINA :9

  • CRONACA ESTERA: 8

  • CRONACA ROSA : 7 (5 + 2)

  • SCIENZE : 2 (1+1)

  • TURISMO :2

  • SPORT : 2 (1 + 1)

  • TV, SPETTACOLO 2 (1 + 1)

  • POLITICA ESTERA: 1

  • RELIGIONE : 1

  • ALTRI MEDIA: 1.


La lunghezza dei servizi ha rispecchiato gli stessi valori individuati la settimana scorsa per ogni tipologia di argomento. Solo due servizi, entrambi di politica interna, sono stati particolarmente lunghi, poichè  in un unico servizio sono stati racchiusi diversi momenti della giornat politica oppure argomenti di varia natura. In uno di questi servizi, durato pressappoco 2'15, prima ci sono stati proposti gli interventi dei vari rappresentanti dei  diversi gruppi politici all'interno di una seduta della Camera riguardo la proposta dell'assegno di disoccupazione e di altre misure anti-crisi. Successivamente sono state raccolte fuori dal Parlamento interviste di altri esponenti di opposizione e maggioranza sui medesimi argomenti.

Nell'altro servizio, durato attorno ai 2'30 sono stati inseriti diversi argomenti, ognuno dei quali avrebbe potuto anche essere trattato singolarmente.  Prima sono state proposte interviste di membri di maggioranza ed opposizione sul tema dell'assegno di disoccupazione. Successivamente, sono state mandate le immagini dell'incontro del Presidente del Consiglio con una scolaresca. Si è passati poi ad un intervento di Fini, il quale ha commentato la proposta di Berlusconi di far votare solo i capigruppo. Infine, sono state mostrate le immagini della protesta dei Radicali davanti alla Rai per i problemi insorti nella votazione della Commissione di Vigilanza.

I servizi di politica interna sono stati 6/14 di politica istituzionale. Essi hanno riguardato i seguenti  argomenti:

  • La relazione del Comitato Parlamentare per la sicurezza, esposta da Rutelli al  Senato, sull'esigenza di cambiare le norme sulle intercettazioni

  • I dati forniti dalla Regione Veneto sul miglioramento delle condizioni del traffico dopo l'apertura del passante di Mestre

  • La decisione del Ministro dell'Interno di incaricare   i Prefetti della vigilanza sulla Banche e sui loro finanziamenti alle imprese

  • I dati sul Piano per l'edilizia

  • Le misure messe in atto dal governo a favore dei lavoratori precari

  • Approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del nuovo Regolamento scolastico.


Confrontando i contenuti delle notizie della settimana in questione, con quelle della settimana precedente, ho potuto notare che ci sono degli argomenti che vengono abbastanza regolarmente trattati e aggiornati. Soprattutto nell'ambito della cronaca giudiziaria, il tg segue in entrambe le settimane in questione quotidianamente lo sviluppo delle indagini sul caso della Caffarella, e quasi quotidianamente l'andamento dei processi riguardanti l'omicidio di Perugia e quello di  Garlasco.  Ci sono poi anche tematiche di politica/cronaca che sono al centro dell'interesse del tg nelle ultime due settimane. Una riguarda il problema del randagismo e dei sempre più numerosi episodi di  aggressioni subite dai cittadini da cani abbandonati o da cani pericolosi lasciati liberi dai proprietari. L'altra tematica riguarda il problema dello stalking,con rievocazioni di casi di cronaca nera del recente passato, e con la cronaca dei numerosissimi arresti di stalkers che si stanno verificando in queste settimane. Le classifico come tematiche di POLITICA/CRONACA poichè i servizi non servono solo a raccontarci episodi presenti e passati a riguardo, ma servono anche ad informarci rispetto alle iniziative istituzionali già messe in atto o previste per la risoluzione di questi problemi. Questi servizi sono infatti accompagnati spesso da interviste al Ministro Mara Carfagna (riguardo alla legge appena approvata sullo stalking) e al Sottosegretario alla salute Martini riguardo alle proposte per risolvere il problema del randagismo.

riepilogo tg5 serale settimana dal 02-03 al 07-03

Ogni sera nel sommario vengono anticipate almeno tre notizie trattate poi nel tg. Una di queste è sempre di natura economica. I titoli sono mediamente sei e riguardano i seguenti settori:

-6 volte politica interna

-4 volte politica estera

-4 volte economia

-4 volte cronaca nera

-8 volte cronaca giudiziaria

-1 volta cronaca estera

-2 volte cronaca bianca

2 volte cronaca rosa

-2 volte sport

-1 volta spettacolo

-1 volta cinema

-1 volta scienze, salute.

Nell'arco della settimana il titolo di apertura è stato prevalentemente economico, il servizio di apertura è stato o economico ( il più delle volte) 0 di politica interna. In ogni tg le notizie che ci vengono date sono mediamente 19. Tra queste 19, due o tre non sono accompagnate da un servizio, ma sono costruite solo con la lettura della notizia da parte dell'anchorman accompagnata dallo scorrimento di immagini attinenti. In alcuni casi possono anche mancare le immagini e la notizia è semplicemente letta dal giornalista. Riguardo ai servizi andati in onda le notizie possono essere classificate secondo i seguenti settori di appartenenza:

  • 21 di cronaca giudiziria

  • 19 di cronaca nera

  • 15 di politica interna

  • 12 di economia

  • 9 di cronaca bianca

  • 7 di politica estera,internazionale

  • 6 su tv e spettacolo

  • 5 di cronaca rosa

  • 4 di cronaca estera

  • 4 su eventi,fiere

  • 4 di sport

  • 2 di moda

  • 2 di medicina

  • 1 di musica

  • 1 su scienze, salute

  • 1 di tecnologia.


I servizi non sono lunghi più di 2 minuti. Questa lunghezza è raggiunta solo dalle notizie di settore economico, di politica interna e di politica estera, che sono anche le notizie che vengono presentate prima in ordine di tempo all'interno del tg. I servizi più brevi, di 1'10 - 1'20 sono prevalentemente quelli di cronaca rosa, di spettacolo e di sport. I servizi dei restanti settori (cronaca giudiziaria,cronaca nera, cronaca bianca,scienze ,salute) hanno una durata mediadi 1'30 1'45.

Nei servizi di economia e di politica i due aspetti del medesimo avvenimento si mescolano sempre. Di solito i problemi relativi alla crisi economica e le soluzioni proposte dal governo vengono addensate in un unico titolo. Durante il notiziario l'argomento è invece spalmato su 2 o addirittura 3 servizi. ESEMPIO: Il primo servizio è un riassunto della giornata economica internazionale. Il secondo servizio riguarda la giornata economica italiana ed è costruita con immagini e commenti delle conferenze stampa tenute dal governo per parlare dei provvedimenti che ritine di dover prendere nell'ambito della crisi economica. Il terzo servizio è costruito con le interviste di uno o più degli esponenti principali dell'opposizione riguardo le proposte del governo, alternate alle interviste di esponenti della maggioranza, che ribattono difendendo le proposte. I  servizi di politica interna sono 4 volte su 15 notizie di politica isituzionale, nei restanti casi sono notizie di carattere prettamente politico. Il contenuto dei titoli ha avuto sempre corrispondenza con il contenuto dei servizi che li riguardavano.

I servizi di cronaca nera sono costruiti oltre che con le immagini dei luoghi del reato e dei protagonisti, anche con delle interviste alle forze dell'ordine che sono i ntervenute per prime sul luogo o che si stanno occupando delle indagini. I servizi di croncaca giudiziaria sono costruiti con le immagini dirette delle udienze in tribunale, con le testimonianze dei protagonisti, ma anche con materiali inediti (naturalmente solo quelli che si possono diffondere pubblicamente) che fanno parte del repertorio di  prove utilizzate nel corso dello svolgimento dei processi.

In quasi tutti i servizi le immagini sono fortemente collegate al contenuto dellanotizia e servono a chiarirlo ulteriormente. Ci sono state però un paio di occasioni in cui le immagini usate per i servizi non erano scelte per il caso specificamente trattato, ma erano immagini abbastanza generali utilizzabili per qualsiasi altro servizio che trattasse di un simile argomento.  Uno di questi servizi riguardano un caso di stalking a danno di una donna, e un altro un caso di tentata violenza su di una bambina. Entrambi i servizi non erano corredati da testimonianze dirette o da immagini di riprese fatte specificamente in luogo, ma sono state utilizzate delle immagini piuttosto generali applicabili a qualsiasi caso simile. Sono immagini che da sole, per esempio senza in parlato, non riuscirebbero a far capire di che argomento si stia trattando, cosa che invece sarebbe deducibile per quanto riguarda le immagini corredate a tutti gli altri servizi. Nei servizi di medicina,salute e scienza c'è sempre l'intervento di uno o più professionisti del settore.  Nei servizi di cronaca rosa lo spazio è quasi interamente occupato dal racconto diretto dei personaggi che sono stati protagonisti dell'evento in questione.

un paese in nero

Il Centro d'Ascolto dell'Informazione Radiotelevisiva ha reso noti i dati di una ricerca condotta sulle principali edizioni dei telegiornali italiani dal 2003 al 2007: a quanto si evince dall'analisi, negli ultimi cinque anni la cronaca nera è diventato uno degli argomenti di punta dell'informazione italiana, con incrementi fino ad un massimo del 30%. In linea generale, comunque, si rileva un raddoppio delle notizie legate alla cronaca nera, nelle sue diverse varianti.


Qui trovate tutti i dati. Qui, invece, il modo in cui Repubblica ha riportato la notizia, puntando sul facile legame con l'analisi di taglio politico. Impostando in questo modo il problema è anche facile prevedere la reazione dei direttori di testata: il pubblico chiede notizie e noi gliele diamo; discorso che puntualmente è arrivato.


Certo, è sempre possibile - e come tutti si ricorderanno era stato fatto anche in assenza di dati precisi - discutere su quanto l'insicurezza - cavallo di battaglia delle scorse elezioni - fosse un dato reale o un fenomeno percepito; e, quindi, ragionare su che tipo di disegno politico si possa nascondere dietro un incremento delle notizie di cronaca nera.


Non è detto però che questo aspetto del problema sia il più interessante. Guardatelo, ad esempio, da quest'altro punto di vista:




Analizzando la classifica degli argomenti trattati dai diversi TG, nel 2006, in 3 delle 7 testate rilevate (Tg2, Tg5 e Studio Aperto), Cronaca nera, cronaca giudiziaria e Criminalità sono stati gli argomenti maggiormente esposti, seguiti dalla Politica.

Nel 2007, su 4 delle 7 testate (Tg2, Tg5, Studio Aperto e Tg La7) sono stati gli argomenti maggiormente esposti, seguiti dalla Politica.

Sembra evidente che la tendenza ad "aprire" con le notizie di nera è appannaggio di quei tg maggiormente orientati alla cronaca e al costume (con un incremento de La7 che immagino si possa spiegare con la ricerca di un maggior ascolto): dunque è un dato che si potrebbe inserire in una tendenza di più lunga durata, una tendenza allo "svecchiamento" del modo di fare informazione televisiva che però, fatalmente, si incontra con la spettacolarizzazione. E qui sarebbe interessante capire come vengono date le notizie.

Il Centro d'ascolto ci offre qualche elemento di riflessione anche in questo senso:



E’ possibile affermare che più è efferato il delitto, maggiore è il tempo dedicato alla sua esposizione, nel momento in cui avviene, nei giorni successivi - che coincidono con lo sviluppo delle indagini - protraendosi nel tempo - anche a distanza di mesi, spesso in assenza di novità rilevanti.

Sempre nei casi di delitti più gravi, le trasmissioni di approfondimento, si soffermano per più puntate ricostruendo gli episodi e creando veri e propri dibattiti sul tema.

Così spesso si perde la temporalità dell’evento che quindi rende sempre attuali gli episodi criminosi, anche quelli commessi in mesi o anni precedenti.


Un'idea di "eterno presente" che non mi sembra così coincidente con i principi della cronaca giornalistica.


C'è dunque da avere paura?

Forse sì, ma in attesa di dati più precisi solo del cattivo giornalismo

la lettera del ministro Bondi sulla Rai

Riporto il testo di una lettera che il ministro per i Beni e le Attività Culturali Sandro Bondi ha inviato al presidente della Rai Claudio Petruccioli, al direttore generale della Rai e, per conoscenza, alle più alte cariche istituzionali.

Contiene la proposta di cui si sta discutendo in questi giorni, una rete senza pubblicitò, di carattere esclusivamente culturale. Si tratta di una ipotesi credibile? Leggete e fatemi sapere che cosa ne pensate.
Caro Presidente, l’occasione di questa lettera è stata la mia partecipazione alla serata di inaugurazione del “Teatro Festival Italia” di Napoli, che mi offre lo spunto per sottolineare l’opportunità di utilizzare la televisione come cassa di risonanza degli eventi culturali e artistici. In virtù di una tradizione drammaturgica ed interpretativa che non ha eguali in Italia, il capoluogo campano diventa punto di riferimento internazionale per gli amanti del palcoscenico e il Festival, promosso dal ministero dei Beni Culturali come il principale evento nazionale di settore, va valorizzato nel modo migliore dalla nostra Rai. La televisione è un formidabile mezzo di diffusione e di amplificazione delle notizie e degli eventi. Perché non farlo diventare anche un veicolo di promozione dei beni artistici e culturali? Nelle linee programmatiche della mia azione di governo ho espresso l’esigenza di “riavvicinare beni culturali e audiovisivo per favorire iniziative comuni con il Servizio pubblico radiotelevisivo e le aziende specializzate nell’audiovisivo al fine di promuovere il territorio e i nostri beni culturali”. Penso alla promozione di un made in Italy del bello, della cultura e dell’arte attraverso un nuovo nodo di raccontare le cose. Tuttavia, mi rendo conto che il mezzo televisivo oggi è condizionato da indici di ascolto e consensi sempre più difficili da raggiungere. Da quando esistono i sistemi di rilevamento, tutta la programmazione ruota attorno ai dati d’ascolto. Ed è facile constatare che i programmi di maggiore successo sono quelli che devono usare i metodi, i linguaggi e i sistemi più semplici, di impatto immediato. Per questo è importante porre la questione di che cosa significhi fare cultura in televisione. La nostra cultura non è fatta soltanto di libri letti, di quadri visti, di opere ritenute altissime e che noi abbiamo avuto il privilegio di contemplare. La sfida che deve vincere l’autore televisivo è quella di offrire la cultura in maniera che non venga percepita solo come un fastidio o come una noia. Generalmente si ritiene che la cultura necessiti della propria chiave per entrare nello schermo televisivo. Non vorrei che fossimo ancora legati all’impostazione secondo cui la cultura fa ingresso in televisione soprattutto nella forma della “lezione”. Al contrario, la cultura è la televisione che esalta i suoi strumenti, il suo linguaggio, le sue modalità espressive. Cultura è anche un programma di varietà condotto bene e con una regia accurata. Del resto, occorre riconoscere e lodare il ruolo culturale svolto dalla televisione di Stato in Italia. Basti pensare al contributo che ha dato alla conoscenza della lingua. “Da cinquant’anni - scrive Aldo Grasso - la televisione inonda la nostra lingua di parole, conia modi di dire, influenza il nostro modo di esprimerci. E per quanto la si possa criticare per l’attuale decadimento e sciatteria dei programmi, non possiamo dimenticare che essa è stata la vera artefice dell’unità linguistica in Italia”. La Tv nazionale generalista è riuscita a dare una forte sensazione di appartenenza. Anche se atomizzati negli appartamenti, i telespettatori del telegiornale o del varietà del sabato sera sentivano di far parte di una comunità che parlava la stessa lingua, che si divertiva allo stesso modo, che era partecipe degli stessi eventi. Mi piace anche ricordare come la televisione del monopolio di Stato sia nata su solide basi umanistiche, con un gruppo dirigente colto, di estrazione letteraria, attento a una produzione media di livello alto, propenso a “usare il nuovo mezzo come strumento di promozione culturale”. Nella nuova televisione, che si sviluppa soprattutto negli anni ‘80 e ‘90, il linguaggio televisivo cambia profondamente: i singoli programmi perdono i loro caratteri peculiari e vengono accorpati in un unico “contenitore”. Tuttavia, nonostante la diffusione dei computer, dei CD-Rom e di Internet, la televisione continua a costituire la più efficace forma integrativa di apprendimento. Accanto alla televisione “terrestre” si sta sviluppando la televisione via satellite, i cui canali sono a contenuto prevalentemente tematico. Presto si aggiungeranno canali via cavo, per cui l’offerta televisiva messa a disposizione del pubblico sarà ancora più vasta. Con i canali tematici avremo “una televisione più segmentata, selezionata, quasi personalizzata, diretta a particolari gruppi di utenti interessati, appunto, al singolo tema piuttosto che ad un pubblico vasto, indefinito e indifferenziato”. Ma quali saranno le conseguenze sul piano socio culturale? Le prospettive fanno prevedere che la forbice culturale del pubblico televisivo si divaricherà sempre di più nel senso che chi è già provvisto di una buona cultura si orienterà sui canali più colti (teatro, cinema d’autore, concerti, dibattiti culturali, divulgazione scientifica), mentre chi è meno acculturato, sarà inevitabilmente tentato di rivolgersi ai canali dedicati allo sport o agli spettacoli leggeri. Le incidenze delle trasformazioni tecnologiche sulla società sono rilevanti sia da un punto di vista positivo che da un punto di vista negativo. In una prospettiva positiva le tecnologie restringono gli spazi, accelerano i tempi, velocizzano il rapporto comunicativo. In una prospettiva negativa si corre il rischio della dispersione in una sovrabbondanza di notizie e informazioni. Se questo processo non è guidato da un senso di responsabilità molto determinato, l’utente non riesce ad orientarsi. Per questo bisogna insegnare a vedere la televisione e a criticare il suo linguaggio. Popper rimprovera giustamente agli operatori televisivi di sottovalutare il loro compito educativo. Nel mondo contemporaneo c’è una specie di disperazione davanti all’impossibilità di educare l’individuo prima che sia sommerso da messaggi che lo lasciano completamente disorientato. Per questo bisogna utilizzare il mezzo televisivo in modo da creare poco alla volta, senza scoraggiarsi, gli spettatori che sapranno giudicare e dire no al flusso ininterrotto di immagini. La televisione tematica presenta dei rischi poiché dà luogo a una frammentazione del pubblico per generi che produce una cristallizzazione, in cui la cultura rischia di diventare anch’essa un genere come l’intrattenimento, l’informazione, lo sport, la musica. Con la conseguenza che rimane estraneo il grande pubblico della televisione generalista e si accentua il distacco dal mondo della cultura. La cultura non è un genere televisivo accessibile a pochi eletti. Dovrebbero essere i programmi ordinari della Tv generalista a divenire più stimolanti culturalmente. Si può capire che cos’è letteratura più da un buon sceneggiato televisivo che da una rubrica di libri; c’è probabilmente più poesia in uno spettacolo di Roberto Benigni che in una trasmissione sulla poesia; ci può essere più arte in un buon film che in un documentario sui grandi musei del mondo. Confido perciò nella sensibilità dei vertici di un’azienda come la Rai, che tanto può fare per la diffusione e la valorizzazione del nostro patrimonio artistico e culturale.

cercatori d'oro

Ecco la scheda di una lettura appena terminata, un libro nuovo, di una giovane autrice (di cui, qui a fianco, ho inserito anche il blog) che fornisce spunti interessanti per decifrare alcuni dei programmi che guardiamo con più piacere, le serie telelvisive.

Lei si chiama Barbara Maio e il suo libro si intitola La terza Golden Age della televisione (Edizioni Sabinae, 2009)



Attenta osservatrice della televisione, la giovane ricercatrice Barbara Maio è convinta che la televisione stia vivendo una terza età dell'oro grazie alla serialità, le cui regole sono state riscritte ancora una volta nell'ultimo quindicennio circa ridefinendo il ruolo dell'autore e del linguaggio per immagini.
Come già Colin Kennedy (che nel 2002 si chiedeva, sulle pagine di Empire, se la televisione non stesse diventando migliore del cinema, o il nostro Aldo Grasso, che più recentemente ha affermato con decisione che la televisione è meglio del cinema perché i "telefilm" riescono a rappresentare la realtà più di quanto non facciano ultimamente i loro fratelli maggiori, Maio è convinta che la televisione sia un "testo sempre più denso e specchio della cultura odierna" (p.180).
La tesi è esposta in modo convincente (tanto che il libro si è guadagnato la prefazione di Robert Thompson, grazie al quale negli anni passati avevamo scoperto che la televisione viveva una seconda Golden Age) e si basa soprattutto sull'analisi delle caratteristiche che assume la serialità: nonostante alcuni passaggi più piattamente descrittivi, l'indagine intorno alla figura di Autore, un soggetto allo stesso tempo centrale ma "invisibile" perché multiplo, appare ricca di spunti interessanti, anche per il modo che ha di riverberarsi su temi che davamo per completamente dissodati (ad esempio riguardo al cinema).
Certo, forse parlare di Golden Age è un po' troppo, considerate le quantità di cattiva televisione che intasano continuamente l'etere (e ora, sempre più, tutti gli altri spazi disponibili); e non pare sufficiente affermare che in tutti i tempi è esistita molta "spazzatura" artistica accanto ai capolavori: per una canzone (o una melodia) indimenticabile, quante ce ne sono di inascoltabili? per ogni libro che tutti dovrebbero leggere, quanta letteratura da bruciare nel caminetto (come faceva Pepe Carvalho) esiste? Forse è una buona argomentazione retorica, ma -direi- poco "scientifica".
Un altro dubbio che ho riguarda il tipo di lettura che la Maio conduce: essa è molto centrata sui differenti livelli di lettura possibili in un "testo" televisivo complesso come la serie ed è estremamente efficace nel descrivere le qualità "postmoderne" del tessuto narrativo di Lost piuttosto che di X-files o di Buffy (un grande amore dell'autrice). Esaurito questo genere di indagine, però, rimane da capire in che modo le serie televisive rispecchino la società attuale: dire che sono il portato dell'insicurezza sociale dominante, oppure lo specchio di una "società liquida" in cui tutti i generi si confondono è molto suggestivo ma scarsamente utile ad una analisi che non voglia limitarsi al ristretto ambito dei media ma guardare anche al mondo.
Ma, insomma, più che limiti li vedrei come strade di indagine e percorsi di analisi che si aprono.

ah...  p.s.

Il libro non costa molto ma, se volete, posso prestarvi la mia copia (anche solo per darci un'occhiata)

Visti in tv: Quinto Potere

Ieri sera La7 ha mandato in onda il film di Sidney Lumet Network, intitolato in italiano Quinto potere (1976), che, candidato a nove oscar, ne vinse quattro, per la sceneggiatura e per tre attori (fra cui la Dunaway e Peter Finch). Il film è stato preceduto da uno Speciale 8emezzo intitolato TV, va in onda il futuro: un titolo ben curioso considerato che il film racconta un'altra era della televisione e che sul suo futuro nessuno dei presenti in studio (fra cui Carlo Freccero e Giorgio Gori) hanno detto poi molto. Anzi, a dir la verità, il dibattito, pur animato dalle provocazioni e dalla vena istrionica di Freccero, è stato abbastanza fiacco: è a lui che si sono dovute le migliori osservazioni, come quella relativa al passaggio da una tv forte - quella raccontata dal film di Lumet e caratterizzata da un pubblico ampio ed indifferenziato e da una sorta di oligopolio dell'etere, diviso tra tre grandi reti, concorrenti eppure simili - ad una tv debole, quella che si fa oggi, tutti i giorni, con un pubblico sempre più specializzato, diviso in nicchie d'interessi, ed una enorme moltiplicazione di canali. In verità qualche lampo sul panorama attuale - e futuro - è venuto anche dagli interventi di Marco Montemagno, AD di Blogosfere, capace di portare sul piatto della discussione il ruolo di internet e la sua capacità di rimettere in discussione la stessa idea di pubblico.

Comunque quello che mi interessa commentare è il film. Perché rivedendolo mi sono reso conto che, al di là dei pur numerosi difetti, ha il pregio di raccontare un passaggio di cambiamento della televisione: la follia del conduttore Beal avrà infatti una conseguenza inattesa, il passaggio del controllo del telegiornale dal direttore dei servizi informativi alla responsabile dei programmi di intrattenimento. Mi sembra che in questo passaggio di secondo piano della trama si nasconda quella profonda trasformazione che in Italia inizierà ad arrivare negli anni '80 per poi diventare un punto centrale del nostro panorama televisivo dagli anni '90. È semplicemente la logica della televisione commerciale, quella che viene descritta con questo cambiamento di direzione: ciò che importa è l'audience, e per suo tramite gli investimenti pubblicitari.

Ed ecco, in questi due brevi passaggi, il senso di questa trasformazione del medium televisivo.







E, come ha notato sorniona Vladimir Luxuria nello speciale ottoemezzo, Grillo non ha inventato niente. Salvo il fatto, gli ha suggerito di rimando Freccero, che Grillo non parla dalla tv ma dalle piazze. E non è una differenza da poco.

Allora Beal è un anchorman sull'orlo della follia?

Beh, non secondo il network che trasforma in questo modo il telegiornale







Prima trascinatore di share, ad un certo punto Beal inizia a perdere colpi. E quello che aveva promesso all'inizio, togliersi la vita in diretta, accadrà davvero, anche se non nel modo in cui pensa lui. E gli ascolti si impenneranno ancora un volta.

È la tv bellezza, e tu non puoi farci proprio niente... si potrebbe dire parafrasando un altro famoso film.

War of the Worlds



30 ottobre 1938. Ascoltatori terrorizzati ascoltano impotenti la radiocronaca dell'arrivo dei marziani sulla terra.

Orson Welles getta nel panico milioni di americani con la sua War of the Worlds, ancora oggi un magnifico pezzo di radio.

Ne abbiamo parlato a lezione. Abbiamo ascoltato alcuni frammenti della trasmissione. L'abbiamo analizzata.

Qui, grazie a Youtube potete ascoltarne una parte, nella sua successiva registrazione in disco. Se cercate, troverete anche le altre.

Donne & Donne

Mercoledì 18 febbraio andrà in onda la prima puntata di Donne & Donne, un documentario in quattro parti di Italo Moscati realizzato per La Storia siamo noi, il programma di storia ideato e condotto da Giovanni Minoli.

L'orario è di quelli proibitivi, il tipico orario in cui vengono messi in onda i programmi cosiddetti "culturali": mezzanotte e quaranta (e per fortuna esistono i videoregistratori).

Si attendono visioni e commenti

Marica Tolomelli, Sfera pubblica e...

Marica Tolomelli, Sfera pubblica e comunicazioni di massa, Archetipolibri, Bologna 2006

Un testo agile  di una giovane ricercatrice che fornisce sguardo al sistema delle comunicazioni di massa attraverso una chiave di lettura particolarmente utile ed interessante, il rapporto con la sfera pubblica.

Il libro è completato da una utile cronologia, che permette di comprendere intuitivamente l'interdipendenza del sistema dei media, e da una ricca - ed utilissima - antologia di documenti.

Una lettura preliminare, che permette di dare uno sguardo d'insieme alle tematiche affrontate nel corso, su cui poi è bene ritornare, con più calma, per approfondire attraverso i documenti la breve - e intensissima - vicenda delle comunicazioni di massa.

è la realtà o è la matrice



Qualcuno ha scritto, nei giorni scorsi, che il reality ha prevalso sulla realtà.

La morte di Eluana Englaro. Comunicata a metà del Tg delle otto.

Il grande fratello. Che va in onda.

Matrix. Che non va in onda.

La realtà e la televisione. La realtà contro la televisione. La realtà nonostante la televisione e la televisione nonostante la realtà.

Io non voglio parlare qui della morte di Eluana. E non vorrei nemmeno parlare delle dimissioni di Mentana (ha fatto bene? ha fatto male? andrà su Sky? il chiacchiericcio impazza...): però farò una piccola eccezione per andare alla fonte e proporre la ricostruzione degli eventi fatta dal protagonista.

Ecco cosa scrive Mentana a Libero:
...Lunedì sera fui io ad avvisare della morte di Eluana la direzione di Mediaset, nella persona di Mauro Crippa. Di rimando Crippa mi chiese se ero in grado di andare in onda anticipatamente, nel caso si fosse modificata la programmazione serale di Canale 5. Risposi ovviamente di sì. Subito dopo fu il direttore di Canale 5, Massimo Donelli, a chiedermi la stessa disponibilità. Tutti e due mi manifestarono il loro convincimento che fosse necessario fare qualcosa, per marcare la nostra presenza su un fatto così importante. Poi ancora Crippa mi chiamò per conoscere il mio parere sul da farsi (di questa telefonata possono dare testimonianza i miei redattori, con cui già stavo decidendo i servizi comunque necessari per costruire la puntata sulla morte di Eluana). Gli dissi che era da scartare l'ipotesi di far saltare il Grande Fratello, e gli proposi tre soluzioni alternative: aprire nel programma una o due finestre del tg5; oppure inserire attorno alle 22 dieci minuti di Matrix; o infine chiudere il Grande Fratello non alle 24, com'era previsto, ma un'ora prima, così da trasmettere una puntata di Matrix in grado di essere seguita da un pubblico meno sparuto.
Crippa condivise la griglia di proposte, e disse che le avrebbe sottoposte al vertice aziendale. Mi chiese di tenermi pronto, e per questo allertai il regista e il direttore di produzione. Dopo un po’ Crippa mi richiamò sinceramente costernato, dicendomi che tutte e tre le proposte erano state respinte: la programmazione doveva proseguire come se nulla fosse successo. Gli espressi il mio giudizio estremamente negativo su quella scelta: così Canale 5 diventava l'unica rete italiana ad aver dedicato alla morte di Eluana solo sette minuti in tutto, in coda al Tg5 delle 20, e poi più nulla. Mi sembrò incredibile e offensivo, e per questo ventilai l'ipotesi di non andare in onda con Matrix nell'ora ormai punitiva della mezzanotte: a quel punto sarebbe stato più opportuno fornire la mole di notizie non ancora date sulla vicenda, con un'edizione anticipata del tg5 (comunque dopo tre ore e mezza di vuoto informativo). Crippa contestò con forza - e forse a ragione - l'idea che non andassi in onda, e mi chiese di riflettere, e poi di fargli sapere.
La tv del mio ufficio era accesa su Canale 5, ma senza audio. Vidi che veniva inquadrata una ragazza in lacrime. Meno male - pensai - ne stanno parlando, a loro modo ma spontaneamente. Non è una scelta sbagliata. Alzai il volume e mi resi conto che la ragazza non piangeva per Eluana, ma perché veniva allontanata dalla Casa del Grande Fratello. A quel punto la misura era stata superata. Non solo l'insensibilità al dramma per il quale l'Italia profonda si era sempre più turbata, quella politica e istituzionale si era spaccata in due e il Parlamento stava varando a velocità mai vista una legge ad hoc; ma anche l'irrisione esplicita costituita da un finto dramma, costruito in vitro e provocato perché avvenisse in diretta (...).

Ecco, quella ragazza in lacrime ad audio spento è il simbolo del conflitto realtà-reality.

Si dice: il reality ha battuto la realtà. Io non voglio fare moralismi sul fatto che il Grande Fratello abbia avuto un picco di ascolti: chi, anche nelle occasioni più tristi, specie in quelle che ci coinvolgono - anche profondamente - ma che non ci riguardano direttamente, non coglie al volo l'occasione per distrarsi un minuto? chi è che non cerca un momento in cui non pensare al dolore? Sarà disdicevole, ma è umano.

La questione non è Il grande fratello contro Porta a porta.

La questione è che la realtà sembra non abitare più in televisione. Il mondo che vive rimane fuori dalla scatola. E quando vi entra - come la domenica sera con Presadiretta di Riccardo Iacona - non riesce a scalfire il dominio della fiction, ancora una volta qualcosa che sembra reale ma non lo è: domenica scorsa Tutti pazzi per amore è stato visto da oltre 6 milioni di persone, 4 di più di Iacona che pure poteva contare sul traino di Che tempo che fa (4 milioni circa).
 
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