delle cose che accadono in silenzio, o quasi

Oggi prendo a prestito parole di altri per dire cose che sento profondamente.

Le prime sono quelle che Alessandro Portelli ha scritto ieri su "il manifesto":
Un pomeriggio pochi giorni fa ero nella sala dell’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi. Stavamo continuando una lunga intervista con Mario Fiorentini, matematico di fama mondiale e protagonista della Resistenza romana. Il racconto si dipanava, digressivo e articolato come quelli di chi ha tanto da raccontare e sente di avere poco tempo per farlo. C’erano i ricercatori e i tecnici dell’Istituto, i microfoni per registrare, un paio di amici venuti a sentire. La registrazione era destinata ad aggiungersi all’incredibile patrimonio di voci e ai circa 500.000 documenti che l’Istituto ha accumulato e reso disponibile dal tempo della sua fondazione negli anni ’20 come Discoteca di Stato. Tutto questo però è come se non fosse mai avvenuto. Infatti quella stessa mattina, nell’ambito della cosiddetta spending review (vuol dire, banalmente, “esame della spesa”; ma in inglese fa tutt’altro effetto) era stata annunciata la soppressione dell’Istituto, senza che nessunp ne fosse stato informato o consultato, senza nessuna verifica della sua utilità e funzionamento, e senza darne nessuna motivazione. In un comunicato dei lavoratori dell’Istituto ci si chiede come mai si scelga di sopprimere “un Istituto storico, unico nel nostro paese, che non ha auto blu, non effettua alcuno spreco di denaro pubblico, con un budget ridotto a livelli di sussistenza”, e che per di più è titolare del diritto di deposito legale di tutte le pubblicazioni sonore e audiovisive (come dire, l’equivalente in questo campo della Biblioteca Nazionale). La politica del “governo tecnico” nei confronti della cultura – scuola, università, istituti di ricerca (come l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) – mi ha convinto di una cosa: un tecnico non è necessariamente una persona colta. Un tecnico è in grado di eseguire una serie di operazioni settoriali in un settore ben definito, ma non è tenuto a capire niente di quello che si muove al di fuori del suo territorio e tanto meno ad avere immaginazione e visione. E siccome l’unico settore che conta e l’unico in cui dichiarino di avere competenza è quello dell’economia di mercato e finanziaria, ecco che si avvera il motto attribuito a Tremonti: con la cultura non si mangia. Che volete che ne importi a Moody’s o ai mitici “mercati” del nostro più grande patrimonio sonoro e audiovisivo, della nostra memoria in immagini e suoni? Il modo frettoloso e irrituale in cui è stata presa e annunciata la decisione di sopprimere una realtà cruciale per la nostra memoria storica e culturale dà l’idea di una straordinaria superficialità. Ma d’altra parte il disprezzo per la cultura e per la ricerca, la convinzione della loro irrilevanza, si armonizzano bene con una prospettiva di declassamento del nostro paese ben più pesante di quello di Moody’s: un paese di seconda categoria, senza passato e senza futuro. Ma con licenziamenti facili e novanta cacciabombadieri.
L'articolo si intitolava "Silenzio di Stato" e se vuoi provare a contribuire anche tu a fermare questo cammino verso il silenzio puoi inviare una mail all'indirizzo nonchiudiamoicbsa@yahoo.it

Le altre parole le prendo in prestito da un grand'uomo che festeggia oggi gli anni e che diceva più o meno
l'istruzione è l'arma più potente che si può usare per cambiare il mondo
Quell'uomo è Nelson Mandela.
Tirate voi le somme, se volete.

Aggiornamento
 Ancora parole di altri, della Sissco (Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea):
La Sissco esprime forte preoccupazione per la continua e progressiva riduzione di personale, di spazi e di servizi negli archivi pubblici italiani, a seguito della costante riduzione dei fondi a disposizione. La documentazione archivistica costituisce infatti una parte fondamentale del patrimonio culturale italiano, preziosa risorsa del nostro Paese e fondamento della nostra vita civile. La Sissco, in particolare, esprime preoccupazione per le notizie relative ad una possibile diminuzione di personale e di competenze presso l'Archivio Centrale dello Stato. L'Archivio Centrale dello Stato, grazie all'impegno di tutti i suoi componenti, ha finora saputo contenere gli effetti dei progressivi tagli di budget. Ma è inevitabili che un’ulteriore diminuzione delle risorse finirà per incidere negativamente sulla conservazione e sull’accesso ai documenti, con ripercussioni negative anche sulla qualità della ricerca storica. Ci rivolgiamo alle altre società di storia, alle associazioni di archivisti e bibliotecari, perché si levi una voce comune contro la compressione e la mortificazione dei beni archivistici italiani

Revolution Complex - del raccontare la crisi con i fumetti

Mentre qualche giorno fa la Spagna tornava ad esplodere, mostrando come la tensione non fosse mai veramente scesa, ho ripreso in mano un libro che da un po' di tempo mi faceva l'occhiolino dalla pila accanto al letto. 
la copertina italiana
di "Revolution Complex"

Si tratta di Revolution Complex, un insolito lavoro collettivo, una specie di istant visual journalism, che prova a raccontare il movimento 15-M, da noi meglio conosciuto come indignados. Qui trovi il blog del libro, che in Italia è stato pubblicato dalla casa editrice Aurea e distribuito in edicola.
La cosa che rende questo volume tanto particolare quanto degno di attenzione è il fatto che sia un tentativo di raccontare un movimento collettivo attraverso un lavoro altrettanto collettivo. Molti scrittori e disegnatori spagnoli si sono provati a descrivere il movimento degli indignados e le loro ragioni, ma anche le cause profonde della crisi e le trasformazioni che sta portando nel vivo del corpo sociale, attraverso i loro abituali strumenti del mestiere: la tastiera di un computer, la matita, la carta, l'inchiostro.
Una tavola di Josep Homs
tratta da "Revolution Complex"
E come un movimento collettivo è fatto da tante individualità, da tante piccole o grandi vicende, da tante opinioni, magari non tutte egualmente condivisibili, così questo libro è fatto da tante storie, piccole o grandi, di diverso genere, di differente efficacia - o anche solo piacevolezza. Gli stili e i generi sono i più diversi: dalla vignetta satirica allo spaccato di vita quotidiana, dallo humour nero all'uso di animali antropoformizzati (ma non aspettatevi una ripresa del canone disney).
Talvolta la narrazione è più vicina a quella cosa che noi intendiamo comunemente per fumetto.
Talvolta, invece, se ne discosta, per abbracciare canoni narrativi che più facilmente vedremmo in televisione: è il caso, ad esempio, delle interviste che punteggiano il libro, quasi a separare in blocchi le varie storie. Qui la modalità della rappresentazione e della narrazione sono quelle tipiche dell'intervista giornalistica: inquadratura fissa, primo piano, domande, risposte. Solo che invece della telecamera abbiamo una matita, e l'espressività dell'intervistato è filtrata attraverso la personalità del disegnatore, cosa che dona alle parole una efficace forza moltiplicatrice.

Il risultato è ineguale e altalenante ma aggiunge una sfumatura nuova a quel particolare genere che è il graphic journalism. A differenza di questo, però, che, attraverso le storie cerca di andare all'origine della vicenda di cui racconta un frammento, Revolution Complex sembra limitarsi a solcare la superficie di quello che sta accadendo. Talvolta, è vero, dietro una battuta o una storia, si ha l'impressione di veder balenare una qualche verità primigenea: ma - evidentemente - le origini della crisi sono talmente remote da risultare incomprensibili a molti e ciò che merita di essere raccontato è solo la rabbia, l'indignazione appunto, di chi sente la propria vita travolta da qualcosa di estraneo, ma a cui abbiamo pur sempre dato vita.
E allora, perché cimentarsi in un racconto del genere? Che senso ha un lavoro come questo?
Forse la sua forza è solo nel mostrare che che la cronaca grafica è  la migliore forma di narrazione per chi è cresciuto allevato con le immagini. Non solo e non tanto perché le immagini aiutino a spiegare meglio: pensate a quanto spesso le immagini televisive siano solo fantasmi che infestano il vuoto di una cronaca che non sa più raccontare. Quanto, piuttosto, perché le immagini grafiche - i disegni -  possono ribaltare facilmente l'apparente oggettività delle immagini foto(video)-grafiche. Possono graffiare la dura superficie della cronaca mostrando per un istante quello che c'è dietro, o sotto. Possono descrivere l'inspiegabile con il ribaltamento della realtà di un segno metafisico.
E così aiutarci a capire, anche se magari più noi stessi che il mondo della finanza.
 
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