Andiamo sul pratico...

Ecco un altro, breve post di aggiornamento sulle ultime lezioni.
Ormai siamo quasi arrivati alla fine del corso ed è arrivato il momento di entrare finalmente in laboratorio e cominciare a "sporcarsi le mani".
I due incontri di questa settimana sono stati dedicati al montaggio video: giusto una breve panoramica degli strumenti che sono disponibili in qualsiasi programma di video editing, qualche indicazione su come fare e cosa fare e poi via a sperimentare e a provare a costruire sequenze di immagini. Dotate di senso, possibilmente.
Ripercorre tutto qui non sarebbe possibile. Anche perché c'è chi ci ha già provato al posto mio.
Così vi indico un paio di link.
Il primo è un veloce riepilogo su che cos'è e come funziona il video editing non lineare.
Il secondo è un tutorial per Adobe Premiere Pro, uno dei programmi più diffusi.
Se poi, invece, preferite un tutorial video ad uno testuale, potete andare qui (per le nozioni basilari su Premiere) o qui (se siete amanti della mela e preferite Final Cut).
Ma come scoprirete presto, se seguirete i link, ce n'è davvero per ogni esigenza.

L'unico suggerimento che mi sento di dare è: l'unico modo per imparare, in questo caso, è provare.
E provare.

E provare.

Magari non diventerete mai dei (nome di un grande regista a scelta) ma almeno vi sarete divertiti un po'.

Kalispera o kalinychta?

Aveva cominciato Gad Lerner. Poi ha proseguito Massimiliano Panarari, passando per Marco Belpoliti. Infine, l'altro giorno, è arrivato Francesco Merlo, riflettendo sull'intervista a Ruby che ha fatto sbancare l'audience ad una trasmissione di mezza sera, Kalispéra.
Tutti a parlare di Alfonso Signorini, direttore di Chi e di Tv Sorrisi e Canzoni, opinionista fisso del Grande Fratello, conduttore di trasmissioni radiofoniche e ospite molto presente nelle trasmissioni televisive che si muovono sull'incerto confine dell'infotainment.
E tutti ad individuare in lui un "intellettuale organico" della nuova "egemonia culturale" del paese. I termini, ovviamente, sono ripresi dal lessico di Antonio Gramsci, e forse sono un po' troppo alti se proprio chi li usa con maggiore frequenza, come Panerari, sente il bisogno di ridimensionarli con un prefisso (infatti il suo libro è dedicato all'egemonia sottoculturale). Ma, forse, sono solo termini lontani e ormai poco adeguati a descrivere una situazione sociale e culturale che bisognerebbe sforzarsi di analizzare senza le categorie del Novecento.
Tuttavia è indubbio che in questa fase della nostra vita sociale Signorini e le sue riviste (e ora anche la sua trasmissione) assumono un ruolo non trascurabile.

Già c'erano state, nelle puntate precedenti, lo "scoop" su D'Alema e la presenza in studio di Bocchino, per finire con l'intervento telefonico di Berlusconi. Ma l'intervista a Ruby di qualche giorno fa è la testimonianza inequivocabile dell'importanza di Signorini nella formazione dell'opinione pubblica. Ma, visto che non penso a quella opinione che si forma sulle pagine dei quotidiani o nel discorso pubblico, forse dovrei dire "opinione collettiva". Come al solito, guardando al pubblico (potenziale) a cui si rivolge il programma, un pubblico composto per la maggior parte di donne, di bassa scolarizzazione, di età medio-alta.

Ecco, avendo in mente questo pubblico, la strategia narrativa dell'intervista è stata efficacissima: cominciando da lontano, dalla sua infanzia, Signorini ha trasformato Ruby in una ribelle. Inaffidabile, certo. E borderline, come ogni ribelle che si rispetti. Una ragazza che vive un'infanzia segnata dalla violenza e dalle privazioni, che scopre la cultura e la religione (che però le vengono sottratte da una società repressiva), e che solo in Italia può cercare di realizzare nuovamente i propri sogni, purtroppo ormai pervertiti dalle durezze subite.
Così questa ragazza che sembra più grande della propria età anagrafica perché ha già vissuto troppo, è costretta ad inventarsi una vita "parallela"  che le consenta di sopportare la sua dura esistenza (del resto, non si legge nelle intercettazioni qualcosa come: "fai di tutto... fai la pazza, purché nessuno possa crederti"?).
E poi l'intervista è inserita fra un prima e un dopo brillanti e fatui, come un approfondimento sul "caso umano" di cui scordarsi subito dopo.

È la leggerezza che si fa discorso pesante. E che - ha ragione Lerner - bisogna iniziare a studiare per capire meglio questi tempi.

"Nudo come solo un re nudo può essere"

Leggendo alcune delle cronache di questi giorni mi sono venute in mente alcune pagine che ho letto di recente. Si tratta di un romanzo di cui ho già parlato qui, La battuta perfetta di Carlo D'Amicis.
Anche le parole del titolo sono tratte da quel libro e, sì, immaginate bene, si riferiscono proprio a lui, il nostro presidente del Consiglio, che l'autore del libro chiama sempre, per bocca del suo personaggio, Silvio I.
E' sera e il protagonista, Canio Spinato, diventato factotum del presidente, viene chiamato da una spaventatissima soubrette televisiva. Il problema è proprio il presidente. Lui la raggiunge
"Ho paura, Canio. Si è barricato e non mi fa più entrare. Prima piange, poi ride. All'improvviso si mette a urlare come un indemoniato".
Dalla camera da letto filtra una luce che qualche ora prima si sarebbe potuta definire soffusa, ma che adesso è solo sordida. (...)
Appena allungo il collo in camera da letto, capisco che tanto bene non va. Sul campo di battaglia non soffiano venti di gloria. Si scorge solo un vinto che rantola riverso su un materasso a due piazze facente funzioni di barella. Accanto al suo corpo completamente nudo un paio di siringhe, mezza dozzina di blister, un elettrostimolatore portatile e, ancora stretta tra le dita, una pompetta collegata a un anello di caucciù. Avanzando su un tappeto di kleenex macchiati di sangue glielo sfilo dal pene e applico la borsa del ghiaccio sul pube violaceo. Poi vado alla finestra per far entrare un filo d'aria, ma soprattutto per sbrogliare la matassa di odori aggrovigliati nella stanza. (...)
L'osservo attentamente. E ciò che vedo - dal ventre dilatato ai quattro capelli arruffati sulla testa, dalle caviglie gonfie alla bava che si rapprende agli angoli della bocca - è ontologicamente ciò che è, ma che nessuno al mondo, guardando Berlusconi, ha visto mai: un vecchio di settantatré anni.
Stremato, questo vecchio sembra dormire. E invece mi sta frugando i pensieri.
"Hai pietà di me, vero, Spinato?"
Io ho pietà, ma di noi tutti. Per lui, vergogna: quella che il paese sembra avere smarrito (se ve lo siete perso, leggete questo bell'articolo di Guido Crainz)

Dopo questa scena, il protagonista ha un piccolo sussulto di dignità, su cui il libro si chiude.
E' quello che spero possa avere il paese intero, dopo queste tristi giornate.

discutendo di elementi del linguaggio cinematografico

Ancora un post "di servizio" per gli studenti del "laboratorio di comunicazione multimediale".

Nei giorni scorsi abbiamo iniziato ad affrontare il linguaggio cinematografico: non più di una veloce panoramica, come se fosse la prima lezione di una lingua straniera. Solo che questa "lingua" la conosciamo, pur senza saperlo. E questo rende tutto più facile, o - forse - solo meno difficile.

Ecco allora il "prezi" della lezione, per chi volesse dare una ripassata.

 
Ed ecco un link a uno dei molti materiali presenti in rete che possono aiutare chi è impegnato nella realizzazione di un breve audiovideo: si tratta di alcune pagine estratte dal libro qui a fianco.
Gli autori sono Mario Balsamo e Gianfranco Pannone. Di Pannone, se vi interessa, trovate anche il blog, una rubrica fissa su un sito dedicato al documentario,  ma, soprattutto, per quello che ci interessa, un breve documentario sul terremoto abruzzese, Immota manet.

Ve lo metto qui sotto. Che ne pensate?

presentazioni nuove per l'anno nuovo

Con il nuovo anno voglio provare a sperimentare un diverso modello di presentazioni.
E mi sembra che le lezioni del laboratorio di comunicazione multimediale, con il loro carattere "sperimentale", siano il "luogo" migliore dove farlo.
Ecco, allora, una sintesi di una parte della prima lezione del nuovo anno.
Argomento: i giornali on line.

La lezione, in realtà, si è articolata in tre parti:
  • una veloce analisi dei principali elementi di cui è composto un giornale cartaceo, e del modo in cui si scrive per la carta stampata.
  • una sintesi storica sul passaggio dalla carta ai bit.
  • un'analisi del modo in cui cambia la scrittura per il web.
Il "prezi" (se non sapete che cosa sia, andate qui) qua sotto è riferito solo alla seconda parte e, dopo, troverete qualche indicazione per approfondire.



Che ne dite?
A me sembra un modo divertente e senz'altro dinamico di fare presentazioni.
Ma quanto a utilità e chiarezza? Non so ancora: si tratta di sperimentare e trovare la giusta chiave...

Comunque, ecco qualche link utile per approfondire l'argomento della lezione:
qui c'è un articolo di Andrea Bettini (l'autore del libro "copertina" del prezi) sulla storia dei quotidiano on line;
qui invece troverete il sito di Gennaro Carotenuto, che insegna storia del giornalismo all'università di Macerata ed è l'autore del libro sul "Giornalismo partecipativo" al quale abbiamo accennato a lezione.
Buon approfondimento

buoni propositi per l'anno nuovo

Per inaugurare nel modo migliore il 2011 ho pensato di darvi un assaggio di quello a cui sto lavorando da tempo.
E visto che non c'è niente di meglio di un bell'indovinello per cominciare un nuovo anno vi sfido: il titolo - che non vi svelerò - ha a che vedere con la storia e le ragioni di questo blog.
Ma anche con la fotografia che vedete qui accanto. O almeno con una sua parte.

E tutto dovrebbe iniziare così:


« - (…) dopo tutto la terra è abbastanza grande.
- Lo era, una volta… - disse a mezza voce Phileas Fogg. (…)
- Come, una volta! La terra non è mica diventata più piccola, per caso?
- Senza dubbio – rispose Gauthier Ralph. – Sono d’accordo con Mr. Fogg. La terra è diventata più piccola, poiché adesso per percorrerla basta un decimo del tempo che era necessario cent’anni fa (…)
- Davvero divertente la vostra opinione, Mr. Ralph, così, secondo voi, la terra è diventata più piccola! Visto che oggi si fa il giro del mondo in tre mesi…
- Bastano ottanta giorni, - disse Phileas Fogg».
E così la sfida era stata lanciata: nel giro di poche pagine Phileas Fogg, un imperturbabile gentiluomo inglese, sarebbe partito, accompagnato dal suo servitore francese Passepartout, per un Giro del mondo in ottanta giorni e Jules Verne, il suo inventore, avrebbe pubblicato un altro libro di enorme successo[1].
L’anno in cui si svolge la storia è il 1872, lo stesso anno in cui lo scrittore la scrive: nel 1873 il racconto sarebbe stato pubblicato in ben 108.000 copie, una tiratura notevole per quegli anni. Poco più di un secolo dopo un acuto studioso avrebbe utilizzato l’intuizione che percorre tutto il racconto di Verne per descrivere il cambiamento del senso del tempo e dello spazio tra XIX e XX secolo[2]: grazie alle nuove tecnologie che si diffondono negli ultimi anni dell’800 le distanze sembrano farsi considerevolmente più brevi e il tempo sembra modificarsi, accorciandosi fino a poter addirittura scorrere all’indietro, come mostreranno ad un pubblico incredulo i primi cineasti.
Ma torniamo al racconto di Verne: il mondo si può percorrere in soli ottanta giorni, sostiene uno dei membri del club londinese in cui si svolge la scena, quando è entrato «in funzione il tratto Rothal-Allahabad, del Great Indian Peninsular Railway: - e aggiunge - ecco il calcolo pubblicato dal “Morning Chronicle”.
Da Londra a Suez per il Moncenisio e Brindisi, ferrovia e vapore 7 giorni
Da Suez a Bombay, vapore 13
Da Bombay a Calcutta, ferrovia 3
Da Calcutta a Hongkong (Cina), vapore 13
Da Hongkong a Yokohama (Giappone), vapore 6
Da Yokohama a San Francisco, vapore 22
Da San Francisco a New York, ferrovia 7
Da New York a Londra, vapore e ferrovia 9
Totale 80 giorni»[3].
Treni e navi a vapore sono i protagonisti assoluti di questa rivoluzione, ma ad essi, sembra suggerire Verne, devono essere aggiunti almeno i giornali, grazie ai quali la notizia della scommessa si propaga rapidamente: essa, scrive infatti, «si sparse dapprima nel Reform Club e produsse una vera emozione tra i soci di quell’onorevole circolo. Poi, tramite un reporter, l’emozione passò dal Club ai giornali, e dai giornali al pubblico di Londra e di tutto il Regno Unito»[4], coinvolgendo soprattutto le lettrici che erano rimaste colpite dal ritratto di Phileas Fogg pubblicato su un giornale illustrato. Del resto, anche fuori dalle pagine del romanzo era stata proprio la lettura di un giornale a suggerire a Verne la conclusione della storia[5]; e sarà proprio una giornalista, Nellie Bly, reporter del New York World di Joseph Pulitzer, a realizzare, alcuni anni più tardi, l’impresa immaginata dallo scrittore francese, battendo Phileas Fogg nell’impossibile sfida con un giro del mondo in 72 giorni[6].
L’intuito di Jules Verne coglie senza dubbio alcuni aspetti della comunicazione moderna che si sta affermando alla fine del XIX secolo, ma allo stesso tempo i suoi romanzi ci permettono di sottolineare le profonde differenze che le separano dalle forme della comunicazione che caratterizzeranno il secolo successivo: essi sono un crinale interessante da cui poter osservare, da un lato, il mondo di fine Ottocento e, dall’altro,  intuire gli sviluppi che il Novecento porterà con sé.(...)



[1] J. Verne, Il giro del mondo in ottanta giorni, Einaudi, Torino, 2007, p. 16, da cui traggo anche i dati di vendita
[2] Mi riferisco a S. Kern, Il tempo e lo spazio. La percezione del mondo tra Otto e Novecento, Il Mulino, Bologna 2007, pubblicato in originale nel 1983 e tradotto per la prima volta in italiano nel 1988
[3] J. Verne, Il giro del mondo…, cit., p. 16. Più che lo spazio, in realtà, è il tempo ad essere una vera ossessione per il protagonista del romanzo; la scena iniziale, ad esempio, ce lo descrive in attesa dell’ora in cui si sarebbe recato, come ogni giorno, al club: ««Phileas Fogg, seduto in poltrona, coi piedi ravvicinati come un soldato alla rivista, le mani appoggiate sulle ginocchia, il busto eretto, la testa alta, guardava il movimento delle sfere del pendolo, uno strumento complicato che indicava le ore, i minuti, i secondi, i giorni, la data del mese e dell’anno». Idem, p. 6
[4] Idem, p. 25. Lo scrittore torna sul modo in cui le notizie si propagano attraverso i giornali anche in altri racconti, come ad esempio I 500 milioni della Begum, in cui un trafiletto con un fatto di cronaca capitato a Brighton viene pubblicato per primo dal Daily Telegraph e poi, «dalla sera del 29 ottobre, (…), testualmente riprodotto dai giornali inglesi, rimbalzava per tutti i cantoni del Regno Unito. Era pubblicato in particolare sulla “Gazzetta di Hull”, dove compariva in cima alla seconda pagina di una copia di quel modesto giornale che il Mary Queen, brigantino carico di carbone, portò a Rotterdam il primo novembre. Immediatamente ritagliato dalle diligenti forbici del redattore capo, nonché segretario unico dell’Eco olandese e tradotto in quella lingua, il fatto di cronaca giunse, il 2 novembre, sulle ali del vapore, al Memoriale di Brema. Là indossò, senza cambiare corpo, un abito nuovo, e non tardò a farsi stampare in tedesco. (…) Divenuto dunque tedesco per diritto d’annessione, l’aneddoto arrivò alla redazione dell’imponente Gazzetta del Nord, che gli riservò un posto nella seconda colonna della terza pagina». Cfr. J. Verne, I 500 milioni della Begum, Hachette 2003, pp. 28-29
[5] In un’intervista realizzata nel 1893 lo scrittore ha raccontato: «…è successo che un giorno, in un caffè di Parigi, mentre leggevo sul “Siècle” che un uomo poteva fare il giro del mondo in ottanta giorni, mi è subito venuto in mente che potevo approfittare di una differenza di longitudine e far guadagnare o perdere al mio viaggiatore un giorno del suo viaggio. Avevo trovato il finale del romanzo». Cfr. R. Sherard, Il giro di una vita in J. Verne, Il giro del mondo…, cit., p. 263. L’originale, curata da D. Compère, fu pubblicato negli Stati Uniti in Mc Clure’s Magazine, vol. II, n. 2, gennaio 1894, con il titolo Jules Verne at home. His own account of his life and work
[6] Per il resoconto del viaggio, che si svolse tra il  14 novembre 1889 e il 25 gennaio 1890, vedi N. Bly, Il giro del mondo in settantadue giorni, Mursia, Milano 2007


Continua (fra qualche mese)
 
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