Ritrovare la filosofia su un'isola deserta

Ecco un altro capitolo della discussione: "ma le serie televisive riescono a raccontare la realtà di oggi meglio di qualsiasi altra narrazione"?

Oggi su La Repubblica Gabriele Romagnoli parla di un libro di prossima uscita, La filosofia di Lost di Simone Regazzoni.



Ecco il testo dell'articolo, che si intitola Lost, la filosofia a lezione di fiction:

Esiste una philosophy fiction, una filosofia che ha per oggetto le serie televisive? Esiste ontologicamente, addirittura come necessità o, un gradino sotto, come possibilità? O è una riflessione sul nulla e come tale insignificante poiché il proprio oggetto non ha significato? Abbiamo dubbi più importanti di cui occuparci, bivi più cruciali a cui scegliere? Può essere. Ma può anche essere invece che si commetta, già nel non comprendere l'importanza del quesito, un macroscopico errore, non solo per snobismo, ma per malafede.


Poniamo qualche presupposto, accettato non solo dalla critica televisiva, ma da quanti fanno comunicazione e spettacolo con qualche cognizione di causa. Primo: le serie televisive made in Usa sono oggi la punta più avanzata di narrazione. Il "grande romanzo americano" lo hanno scritto gli autori dei Sopranos, di Six feet under e Nip/Tuck. Non esiste al cinema o in letteratura un personaggio con la forza del dottor House, non esiste una riflessione "in diretta" sulla politica e la giustizia paragonabile a 24 e mettendo insieme tutte le pellicole candidate all´Oscar negli ultimi 10 anni si raggiunge una complessità di riflessione sull´etica, lo spirito e il tempo pari a quella contenuta in tre fotogrammi di Carnival. Secondo: queste serie costituiscono oggi quel che chiamiamo "immaginario popolare", il punto di riferimento del dibattito tra spettatori evoluti, avviato dalla domanda: «Vedi anche tu Mad Men?». Terzo: alcune di queste serie hanno un dichiarato sottotesto, producono esperimenti di interazione con il pubblico, che non si limita a ricevere, ma reagisce (realizzando la visione dei post-strutturalisti francesi per cui leggere è riscrivere). Tre indizi, una prova.


E allora, chi ha ragione? Chi ancora snobba la philosophy fiction come una perdita di tempo, un inchinarsi della ragione su temi bassi? O Simone Regazzoni, autore di "La filosofia di Lost" (Ponte alle Grazie, in libreria da venerdì), quando scrive che esiste un processo irreversibile di trasformazione della filosofia davanti alla televisione «che è anche, a tutti gli effetti, una sua democratizzazione»? Curioso, l´autore ora dichiara nome e cognome, mentre per "La filosofia del dottor House" aveva usato uno pseudonimo, Blitris, in coabitazione con due colleghi. A chiedere si scopre che gli altri han preferito tornare ai "temi alti" per non perdere il rispetto del mondo accademico.


Anche Regazzoni è dunque a suo modo un sopravvissuto come quelli del volo Oceanic 815. Naufrago sulla sua isola si appassiona seguendo le tracce filosofiche di Lost, che son tante, alcune evidenti, altre nascoste sotto la superficie. Qualche esempio? Lampante: i personaggi hanno nomi di pensatori famosi (Locke, Rousseau, Hume, Bentham). Comprensibile: l´isola è una metafora. Di che cosa? Di Dio: se, alla maniera di Spinoza identifichiamo divinità e natura o se ci specchiamo nel personaggio di Locke che all´isola si rivolge come a una forma di provvidenza o semplicemente se sacralizziamo il suo essere deserta, quindi negazione del mondo, della realtà (e dunque, cosa? Fiction!). Per solutori più che abili: dietro l´intreccio elaborato di Lost si cerca di svelare l´enigma della verità negando che esista una soluzione.


Lost mette in discussione l´esistenza del mondo esterno. O quanto meno la maniera in cui è stato percepito, finanche pensato. Lost è l´apoteosi del relativismo. Scrive Regazzoni: «Ti mostra come il mondo non si dia se non all´interno di un punto di vista singolare: ciò che chiamiamo soggetto». In Lost gli Altri sono tali perché visti dalla prospettiva di quelli che tali non si definiscono. E se invece lo fossero? Il dubbio riguardo alla natura di Sayid (professione: torturatore iracheno) è l´esempio di come sull´isola non esista verità, ma solo percezione relativa. Tu torturi qualcuno per fargli confessare di essere un Altro, ma tu stesso eri creduto tale da qualcuno che non possiamo definire altro solo per non ingarbugliare una matassa che già non ha filo. Lo ha forse il mondo esterno? E chi lo tiene in mano: Dio, o l´isola?


Non c´è risposta. Lost ha solo domande. È un´entità che produce se stessa, generando mondi. Gli autori hanno scritto una fiction, ma gli spettatori l´hanno resa realtà, creando il sito della Oceanic Air (dove si legge che tutte le attività sono cancellate per le difficoltà insorte dopo il disastro del volo 815), il libro di cui i naufraghi leggono il manoscritto e perfino tentando di dare una forma (non una soluzione, quella è lost, perduta) alla "equazione Valenzetti". E tutto questo ha meno a che vedere con la filosofia di un qualsiasi padiglione della Biennale di Venezia? Scrive Regazzoni: «Se non c´è risposta, allora non c´è rapporto, è la fine». Già, come va a finire Lost, che ricomincia il 6 aprile? Se non l´avete capito, non avete studiato: Lost è già finita. Se mai è stata.

Confesso che non ho mai visto Lost (ed è una mancanza che dovrò colmare: ma mica posso cominciare dalla quinta serie, no?) e quindi non posso commentare. Magari qualcuno di voi può dirmi qualcosa però...

parole in libertà



Cento fiori: così La Storia siamo noi ha ribattezzato la incredibile vicenda della nascita della radiofonia non monopolistica in Italia nella seconda metà degli anni '70. Ne abbiamo parlato nelle lezioni della scorsa settimana, ascoltando anche alcuni dei non molti frammenti di quella storia. Come promesso, ecco una serie di link per approfondire alcuni argomenti, ascoltare alcune voci e alcuni suoni, riprendere le fila di quel discorso.

Qui ci sono voci e parole (ma anche segni) di Radio Alice.



Qui una storia di Radio popolare.

Qui, infine, alcuni frammenti di Radio Aut.

Buon ascolto.

Aldo Grasso sulla fiction “agiografica”

Qui il video

Sarebbe interessante cononoscere i pareri di tutti, la conclusione di Grasso è piuttosto forte.

esperimenti

Potremmo chiamarlo affettuosamente Piccole Jene crescono?

Il video qui sotto è la prima prova di montaggio che hanno fatto alcuni studenti del corso. Alcuni di loro non avevano mai messo le mani su un programma di montaggio video (qualcun altro sì, e si vede...): ma la fantasia, il coraggio  e una gradevole verve polemica non gli mancano di certo.





Riegilogo tg5 serale dal 9-03 al 14-03

I sommari di questa settimana sono stati molto affollati, hanno anticipato ogni sera ben 5 0 6 notizie tra quelle successivamente trattate nel telegiornale. Tra gli argomenti posti in primo piano nei sommari si sono alternate nell'arco della settimana anticipazioni su economia, cronaca giudiziaria, e cronaca esterna.

Mediamente i titoli per ogni tg sono stati come la settimana scorsa sempre 6.  Li posssiamo suddividere un base al settore trattato in:

  • 7 di cronaca giudiziaria

  • 5 di cronaca bianca

  • 4 di cronaca estera

  • 4 di economia

  • 4 di cronaca nera

  • 3 di politica interna

  • 2 di salute,medicina

  • 1 di politica estera

  • 1 di cronaca rosa

  • 1 di religione

  • 1 di sport

  • 1 su altri media.


L'argomento scelto per il primo titolo del tg è stato prevalentemente o di cronaca giudiziaria o di cronaca estera (nello specifico cronaca nera dall'estero). 5 volte su 6 il servizio di apertura corrispondeva al titolo di apertura. Nel tg del 10/03 il titolo di apertura è stato di cronaca giudiziaria (sul caso dello stupro della Caffarella), il servizio di apertura è stato però dedicato all'economia e all'andamento giornaliero delle borse. Il servizio riguardante il titolo di apertura è stato solo l'ottavo, preceduto appunto da servizi di economia, di politica interna e di cronaca nera.

Le notizie sono state mediamente 18 per ogni tg, di cui sempre mediamente 2,5 a sera non corredate da un sevizio. In una occasione, la presentazione di una notizia è stata corredata da due servizi mandati in onda uno dopo l'altro, senza che fossero intervallati dalla presentazione del giornalista.  Ciò è avvenuto nel tg del giorno 13, in cui un servizio di cronaca estera sull'arresto in Germania del killer mafioso Strangio è stato seguito da un servizio dedicato a Renato Cortese, il poliziotto che ha contribuito non solo all'arresto di Strangio, ma anche a quello di Provenzano.

Le notizie hanno riguardato nello specifico i seguenti settori:

  • CRONACA GIUDIZIARIA: 20 (15  con servizio + 5 senza servizio)

  • POLITICA INTERNA: 16 (14 + 2)

  • CRONACA BIANCA: 16 (14+ 2)

  • CRONACA NERA : 11 (tutte corredate da servizio)

  • ECONOMIA: 9 (8 + 1)

  • SALUTE, MEDICINA :9

  • CRONACA ESTERA: 8

  • CRONACA ROSA : 7 (5 + 2)

  • SCIENZE : 2 (1+1)

  • TURISMO :2

  • SPORT : 2 (1 + 1)

  • TV, SPETTACOLO 2 (1 + 1)

  • POLITICA ESTERA: 1

  • RELIGIONE : 1

  • ALTRI MEDIA: 1.


La lunghezza dei servizi ha rispecchiato gli stessi valori individuati la settimana scorsa per ogni tipologia di argomento. Solo due servizi, entrambi di politica interna, sono stati particolarmente lunghi, poichè  in un unico servizio sono stati racchiusi diversi momenti della giornat politica oppure argomenti di varia natura. In uno di questi servizi, durato pressappoco 2'15, prima ci sono stati proposti gli interventi dei vari rappresentanti dei  diversi gruppi politici all'interno di una seduta della Camera riguardo la proposta dell'assegno di disoccupazione e di altre misure anti-crisi. Successivamente sono state raccolte fuori dal Parlamento interviste di altri esponenti di opposizione e maggioranza sui medesimi argomenti.

Nell'altro servizio, durato attorno ai 2'30 sono stati inseriti diversi argomenti, ognuno dei quali avrebbe potuto anche essere trattato singolarmente.  Prima sono state proposte interviste di membri di maggioranza ed opposizione sul tema dell'assegno di disoccupazione. Successivamente, sono state mandate le immagini dell'incontro del Presidente del Consiglio con una scolaresca. Si è passati poi ad un intervento di Fini, il quale ha commentato la proposta di Berlusconi di far votare solo i capigruppo. Infine, sono state mostrate le immagini della protesta dei Radicali davanti alla Rai per i problemi insorti nella votazione della Commissione di Vigilanza.

I servizi di politica interna sono stati 6/14 di politica istituzionale. Essi hanno riguardato i seguenti  argomenti:

  • La relazione del Comitato Parlamentare per la sicurezza, esposta da Rutelli al  Senato, sull'esigenza di cambiare le norme sulle intercettazioni

  • I dati forniti dalla Regione Veneto sul miglioramento delle condizioni del traffico dopo l'apertura del passante di Mestre

  • La decisione del Ministro dell'Interno di incaricare   i Prefetti della vigilanza sulla Banche e sui loro finanziamenti alle imprese

  • I dati sul Piano per l'edilizia

  • Le misure messe in atto dal governo a favore dei lavoratori precari

  • Approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del nuovo Regolamento scolastico.


Confrontando i contenuti delle notizie della settimana in questione, con quelle della settimana precedente, ho potuto notare che ci sono degli argomenti che vengono abbastanza regolarmente trattati e aggiornati. Soprattutto nell'ambito della cronaca giudiziaria, il tg segue in entrambe le settimane in questione quotidianamente lo sviluppo delle indagini sul caso della Caffarella, e quasi quotidianamente l'andamento dei processi riguardanti l'omicidio di Perugia e quello di  Garlasco.  Ci sono poi anche tematiche di politica/cronaca che sono al centro dell'interesse del tg nelle ultime due settimane. Una riguarda il problema del randagismo e dei sempre più numerosi episodi di  aggressioni subite dai cittadini da cani abbandonati o da cani pericolosi lasciati liberi dai proprietari. L'altra tematica riguarda il problema dello stalking,con rievocazioni di casi di cronaca nera del recente passato, e con la cronaca dei numerosissimi arresti di stalkers che si stanno verificando in queste settimane. Le classifico come tematiche di POLITICA/CRONACA poichè i servizi non servono solo a raccontarci episodi presenti e passati a riguardo, ma servono anche ad informarci rispetto alle iniziative istituzionali già messe in atto o previste per la risoluzione di questi problemi. Questi servizi sono infatti accompagnati spesso da interviste al Ministro Mara Carfagna (riguardo alla legge appena approvata sullo stalking) e al Sottosegretario alla salute Martini riguardo alle proposte per risolvere il problema del randagismo.

riepilogo tg5 serale settimana dal 02-03 al 07-03

Ogni sera nel sommario vengono anticipate almeno tre notizie trattate poi nel tg. Una di queste è sempre di natura economica. I titoli sono mediamente sei e riguardano i seguenti settori:

-6 volte politica interna

-4 volte politica estera

-4 volte economia

-4 volte cronaca nera

-8 volte cronaca giudiziaria

-1 volta cronaca estera

-2 volte cronaca bianca

2 volte cronaca rosa

-2 volte sport

-1 volta spettacolo

-1 volta cinema

-1 volta scienze, salute.

Nell'arco della settimana il titolo di apertura è stato prevalentemente economico, il servizio di apertura è stato o economico ( il più delle volte) 0 di politica interna. In ogni tg le notizie che ci vengono date sono mediamente 19. Tra queste 19, due o tre non sono accompagnate da un servizio, ma sono costruite solo con la lettura della notizia da parte dell'anchorman accompagnata dallo scorrimento di immagini attinenti. In alcuni casi possono anche mancare le immagini e la notizia è semplicemente letta dal giornalista. Riguardo ai servizi andati in onda le notizie possono essere classificate secondo i seguenti settori di appartenenza:

  • 21 di cronaca giudiziria

  • 19 di cronaca nera

  • 15 di politica interna

  • 12 di economia

  • 9 di cronaca bianca

  • 7 di politica estera,internazionale

  • 6 su tv e spettacolo

  • 5 di cronaca rosa

  • 4 di cronaca estera

  • 4 su eventi,fiere

  • 4 di sport

  • 2 di moda

  • 2 di medicina

  • 1 di musica

  • 1 su scienze, salute

  • 1 di tecnologia.


I servizi non sono lunghi più di 2 minuti. Questa lunghezza è raggiunta solo dalle notizie di settore economico, di politica interna e di politica estera, che sono anche le notizie che vengono presentate prima in ordine di tempo all'interno del tg. I servizi più brevi, di 1'10 - 1'20 sono prevalentemente quelli di cronaca rosa, di spettacolo e di sport. I servizi dei restanti settori (cronaca giudiziaria,cronaca nera, cronaca bianca,scienze ,salute) hanno una durata mediadi 1'30 1'45.

Nei servizi di economia e di politica i due aspetti del medesimo avvenimento si mescolano sempre. Di solito i problemi relativi alla crisi economica e le soluzioni proposte dal governo vengono addensate in un unico titolo. Durante il notiziario l'argomento è invece spalmato su 2 o addirittura 3 servizi. ESEMPIO: Il primo servizio è un riassunto della giornata economica internazionale. Il secondo servizio riguarda la giornata economica italiana ed è costruita con immagini e commenti delle conferenze stampa tenute dal governo per parlare dei provvedimenti che ritine di dover prendere nell'ambito della crisi economica. Il terzo servizio è costruito con le interviste di uno o più degli esponenti principali dell'opposizione riguardo le proposte del governo, alternate alle interviste di esponenti della maggioranza, che ribattono difendendo le proposte. I  servizi di politica interna sono 4 volte su 15 notizie di politica isituzionale, nei restanti casi sono notizie di carattere prettamente politico. Il contenuto dei titoli ha avuto sempre corrispondenza con il contenuto dei servizi che li riguardavano.

I servizi di cronaca nera sono costruiti oltre che con le immagini dei luoghi del reato e dei protagonisti, anche con delle interviste alle forze dell'ordine che sono i ntervenute per prime sul luogo o che si stanno occupando delle indagini. I servizi di croncaca giudiziaria sono costruiti con le immagini dirette delle udienze in tribunale, con le testimonianze dei protagonisti, ma anche con materiali inediti (naturalmente solo quelli che si possono diffondere pubblicamente) che fanno parte del repertorio di  prove utilizzate nel corso dello svolgimento dei processi.

In quasi tutti i servizi le immagini sono fortemente collegate al contenuto dellanotizia e servono a chiarirlo ulteriormente. Ci sono state però un paio di occasioni in cui le immagini usate per i servizi non erano scelte per il caso specificamente trattato, ma erano immagini abbastanza generali utilizzabili per qualsiasi altro servizio che trattasse di un simile argomento.  Uno di questi servizi riguardano un caso di stalking a danno di una donna, e un altro un caso di tentata violenza su di una bambina. Entrambi i servizi non erano corredati da testimonianze dirette o da immagini di riprese fatte specificamente in luogo, ma sono state utilizzate delle immagini piuttosto generali applicabili a qualsiasi caso simile. Sono immagini che da sole, per esempio senza in parlato, non riuscirebbero a far capire di che argomento si stia trattando, cosa che invece sarebbe deducibile per quanto riguarda le immagini corredate a tutti gli altri servizi. Nei servizi di medicina,salute e scienza c'è sempre l'intervento di uno o più professionisti del settore.  Nei servizi di cronaca rosa lo spazio è quasi interamente occupato dal racconto diretto dei personaggi che sono stati protagonisti dell'evento in questione.

un paese in nero

Il Centro d'Ascolto dell'Informazione Radiotelevisiva ha reso noti i dati di una ricerca condotta sulle principali edizioni dei telegiornali italiani dal 2003 al 2007: a quanto si evince dall'analisi, negli ultimi cinque anni la cronaca nera è diventato uno degli argomenti di punta dell'informazione italiana, con incrementi fino ad un massimo del 30%. In linea generale, comunque, si rileva un raddoppio delle notizie legate alla cronaca nera, nelle sue diverse varianti.


Qui trovate tutti i dati. Qui, invece, il modo in cui Repubblica ha riportato la notizia, puntando sul facile legame con l'analisi di taglio politico. Impostando in questo modo il problema è anche facile prevedere la reazione dei direttori di testata: il pubblico chiede notizie e noi gliele diamo; discorso che puntualmente è arrivato.


Certo, è sempre possibile - e come tutti si ricorderanno era stato fatto anche in assenza di dati precisi - discutere su quanto l'insicurezza - cavallo di battaglia delle scorse elezioni - fosse un dato reale o un fenomeno percepito; e, quindi, ragionare su che tipo di disegno politico si possa nascondere dietro un incremento delle notizie di cronaca nera.


Non è detto però che questo aspetto del problema sia il più interessante. Guardatelo, ad esempio, da quest'altro punto di vista:




Analizzando la classifica degli argomenti trattati dai diversi TG, nel 2006, in 3 delle 7 testate rilevate (Tg2, Tg5 e Studio Aperto), Cronaca nera, cronaca giudiziaria e Criminalità sono stati gli argomenti maggiormente esposti, seguiti dalla Politica.

Nel 2007, su 4 delle 7 testate (Tg2, Tg5, Studio Aperto e Tg La7) sono stati gli argomenti maggiormente esposti, seguiti dalla Politica.

Sembra evidente che la tendenza ad "aprire" con le notizie di nera è appannaggio di quei tg maggiormente orientati alla cronaca e al costume (con un incremento de La7 che immagino si possa spiegare con la ricerca di un maggior ascolto): dunque è un dato che si potrebbe inserire in una tendenza di più lunga durata, una tendenza allo "svecchiamento" del modo di fare informazione televisiva che però, fatalmente, si incontra con la spettacolarizzazione. E qui sarebbe interessante capire come vengono date le notizie.

Il Centro d'ascolto ci offre qualche elemento di riflessione anche in questo senso:



E’ possibile affermare che più è efferato il delitto, maggiore è il tempo dedicato alla sua esposizione, nel momento in cui avviene, nei giorni successivi - che coincidono con lo sviluppo delle indagini - protraendosi nel tempo - anche a distanza di mesi, spesso in assenza di novità rilevanti.

Sempre nei casi di delitti più gravi, le trasmissioni di approfondimento, si soffermano per più puntate ricostruendo gli episodi e creando veri e propri dibattiti sul tema.

Così spesso si perde la temporalità dell’evento che quindi rende sempre attuali gli episodi criminosi, anche quelli commessi in mesi o anni precedenti.


Un'idea di "eterno presente" che non mi sembra così coincidente con i principi della cronaca giornalistica.


C'è dunque da avere paura?

Forse sì, ma in attesa di dati più precisi solo del cattivo giornalismo

la lettera del ministro Bondi sulla Rai

Riporto il testo di una lettera che il ministro per i Beni e le Attività Culturali Sandro Bondi ha inviato al presidente della Rai Claudio Petruccioli, al direttore generale della Rai e, per conoscenza, alle più alte cariche istituzionali.

Contiene la proposta di cui si sta discutendo in questi giorni, una rete senza pubblicitò, di carattere esclusivamente culturale. Si tratta di una ipotesi credibile? Leggete e fatemi sapere che cosa ne pensate.
Caro Presidente, l’occasione di questa lettera è stata la mia partecipazione alla serata di inaugurazione del “Teatro Festival Italia” di Napoli, che mi offre lo spunto per sottolineare l’opportunità di utilizzare la televisione come cassa di risonanza degli eventi culturali e artistici. In virtù di una tradizione drammaturgica ed interpretativa che non ha eguali in Italia, il capoluogo campano diventa punto di riferimento internazionale per gli amanti del palcoscenico e il Festival, promosso dal ministero dei Beni Culturali come il principale evento nazionale di settore, va valorizzato nel modo migliore dalla nostra Rai. La televisione è un formidabile mezzo di diffusione e di amplificazione delle notizie e degli eventi. Perché non farlo diventare anche un veicolo di promozione dei beni artistici e culturali? Nelle linee programmatiche della mia azione di governo ho espresso l’esigenza di “riavvicinare beni culturali e audiovisivo per favorire iniziative comuni con il Servizio pubblico radiotelevisivo e le aziende specializzate nell’audiovisivo al fine di promuovere il territorio e i nostri beni culturali”. Penso alla promozione di un made in Italy del bello, della cultura e dell’arte attraverso un nuovo nodo di raccontare le cose. Tuttavia, mi rendo conto che il mezzo televisivo oggi è condizionato da indici di ascolto e consensi sempre più difficili da raggiungere. Da quando esistono i sistemi di rilevamento, tutta la programmazione ruota attorno ai dati d’ascolto. Ed è facile constatare che i programmi di maggiore successo sono quelli che devono usare i metodi, i linguaggi e i sistemi più semplici, di impatto immediato. Per questo è importante porre la questione di che cosa significhi fare cultura in televisione. La nostra cultura non è fatta soltanto di libri letti, di quadri visti, di opere ritenute altissime e che noi abbiamo avuto il privilegio di contemplare. La sfida che deve vincere l’autore televisivo è quella di offrire la cultura in maniera che non venga percepita solo come un fastidio o come una noia. Generalmente si ritiene che la cultura necessiti della propria chiave per entrare nello schermo televisivo. Non vorrei che fossimo ancora legati all’impostazione secondo cui la cultura fa ingresso in televisione soprattutto nella forma della “lezione”. Al contrario, la cultura è la televisione che esalta i suoi strumenti, il suo linguaggio, le sue modalità espressive. Cultura è anche un programma di varietà condotto bene e con una regia accurata. Del resto, occorre riconoscere e lodare il ruolo culturale svolto dalla televisione di Stato in Italia. Basti pensare al contributo che ha dato alla conoscenza della lingua. “Da cinquant’anni - scrive Aldo Grasso - la televisione inonda la nostra lingua di parole, conia modi di dire, influenza il nostro modo di esprimerci. E per quanto la si possa criticare per l’attuale decadimento e sciatteria dei programmi, non possiamo dimenticare che essa è stata la vera artefice dell’unità linguistica in Italia”. La Tv nazionale generalista è riuscita a dare una forte sensazione di appartenenza. Anche se atomizzati negli appartamenti, i telespettatori del telegiornale o del varietà del sabato sera sentivano di far parte di una comunità che parlava la stessa lingua, che si divertiva allo stesso modo, che era partecipe degli stessi eventi. Mi piace anche ricordare come la televisione del monopolio di Stato sia nata su solide basi umanistiche, con un gruppo dirigente colto, di estrazione letteraria, attento a una produzione media di livello alto, propenso a “usare il nuovo mezzo come strumento di promozione culturale”. Nella nuova televisione, che si sviluppa soprattutto negli anni ‘80 e ‘90, il linguaggio televisivo cambia profondamente: i singoli programmi perdono i loro caratteri peculiari e vengono accorpati in un unico “contenitore”. Tuttavia, nonostante la diffusione dei computer, dei CD-Rom e di Internet, la televisione continua a costituire la più efficace forma integrativa di apprendimento. Accanto alla televisione “terrestre” si sta sviluppando la televisione via satellite, i cui canali sono a contenuto prevalentemente tematico. Presto si aggiungeranno canali via cavo, per cui l’offerta televisiva messa a disposizione del pubblico sarà ancora più vasta. Con i canali tematici avremo “una televisione più segmentata, selezionata, quasi personalizzata, diretta a particolari gruppi di utenti interessati, appunto, al singolo tema piuttosto che ad un pubblico vasto, indefinito e indifferenziato”. Ma quali saranno le conseguenze sul piano socio culturale? Le prospettive fanno prevedere che la forbice culturale del pubblico televisivo si divaricherà sempre di più nel senso che chi è già provvisto di una buona cultura si orienterà sui canali più colti (teatro, cinema d’autore, concerti, dibattiti culturali, divulgazione scientifica), mentre chi è meno acculturato, sarà inevitabilmente tentato di rivolgersi ai canali dedicati allo sport o agli spettacoli leggeri. Le incidenze delle trasformazioni tecnologiche sulla società sono rilevanti sia da un punto di vista positivo che da un punto di vista negativo. In una prospettiva positiva le tecnologie restringono gli spazi, accelerano i tempi, velocizzano il rapporto comunicativo. In una prospettiva negativa si corre il rischio della dispersione in una sovrabbondanza di notizie e informazioni. Se questo processo non è guidato da un senso di responsabilità molto determinato, l’utente non riesce ad orientarsi. Per questo bisogna insegnare a vedere la televisione e a criticare il suo linguaggio. Popper rimprovera giustamente agli operatori televisivi di sottovalutare il loro compito educativo. Nel mondo contemporaneo c’è una specie di disperazione davanti all’impossibilità di educare l’individuo prima che sia sommerso da messaggi che lo lasciano completamente disorientato. Per questo bisogna utilizzare il mezzo televisivo in modo da creare poco alla volta, senza scoraggiarsi, gli spettatori che sapranno giudicare e dire no al flusso ininterrotto di immagini. La televisione tematica presenta dei rischi poiché dà luogo a una frammentazione del pubblico per generi che produce una cristallizzazione, in cui la cultura rischia di diventare anch’essa un genere come l’intrattenimento, l’informazione, lo sport, la musica. Con la conseguenza che rimane estraneo il grande pubblico della televisione generalista e si accentua il distacco dal mondo della cultura. La cultura non è un genere televisivo accessibile a pochi eletti. Dovrebbero essere i programmi ordinari della Tv generalista a divenire più stimolanti culturalmente. Si può capire che cos’è letteratura più da un buon sceneggiato televisivo che da una rubrica di libri; c’è probabilmente più poesia in uno spettacolo di Roberto Benigni che in una trasmissione sulla poesia; ci può essere più arte in un buon film che in un documentario sui grandi musei del mondo. Confido perciò nella sensibilità dei vertici di un’azienda come la Rai, che tanto può fare per la diffusione e la valorizzazione del nostro patrimonio artistico e culturale.

cercatori d'oro

Ecco la scheda di una lettura appena terminata, un libro nuovo, di una giovane autrice (di cui, qui a fianco, ho inserito anche il blog) che fornisce spunti interessanti per decifrare alcuni dei programmi che guardiamo con più piacere, le serie telelvisive.

Lei si chiama Barbara Maio e il suo libro si intitola La terza Golden Age della televisione (Edizioni Sabinae, 2009)



Attenta osservatrice della televisione, la giovane ricercatrice Barbara Maio è convinta che la televisione stia vivendo una terza età dell'oro grazie alla serialità, le cui regole sono state riscritte ancora una volta nell'ultimo quindicennio circa ridefinendo il ruolo dell'autore e del linguaggio per immagini.
Come già Colin Kennedy (che nel 2002 si chiedeva, sulle pagine di Empire, se la televisione non stesse diventando migliore del cinema, o il nostro Aldo Grasso, che più recentemente ha affermato con decisione che la televisione è meglio del cinema perché i "telefilm" riescono a rappresentare la realtà più di quanto non facciano ultimamente i loro fratelli maggiori, Maio è convinta che la televisione sia un "testo sempre più denso e specchio della cultura odierna" (p.180).
La tesi è esposta in modo convincente (tanto che il libro si è guadagnato la prefazione di Robert Thompson, grazie al quale negli anni passati avevamo scoperto che la televisione viveva una seconda Golden Age) e si basa soprattutto sull'analisi delle caratteristiche che assume la serialità: nonostante alcuni passaggi più piattamente descrittivi, l'indagine intorno alla figura di Autore, un soggetto allo stesso tempo centrale ma "invisibile" perché multiplo, appare ricca di spunti interessanti, anche per il modo che ha di riverberarsi su temi che davamo per completamente dissodati (ad esempio riguardo al cinema).
Certo, forse parlare di Golden Age è un po' troppo, considerate le quantità di cattiva televisione che intasano continuamente l'etere (e ora, sempre più, tutti gli altri spazi disponibili); e non pare sufficiente affermare che in tutti i tempi è esistita molta "spazzatura" artistica accanto ai capolavori: per una canzone (o una melodia) indimenticabile, quante ce ne sono di inascoltabili? per ogni libro che tutti dovrebbero leggere, quanta letteratura da bruciare nel caminetto (come faceva Pepe Carvalho) esiste? Forse è una buona argomentazione retorica, ma -direi- poco "scientifica".
Un altro dubbio che ho riguarda il tipo di lettura che la Maio conduce: essa è molto centrata sui differenti livelli di lettura possibili in un "testo" televisivo complesso come la serie ed è estremamente efficace nel descrivere le qualità "postmoderne" del tessuto narrativo di Lost piuttosto che di X-files o di Buffy (un grande amore dell'autrice). Esaurito questo genere di indagine, però, rimane da capire in che modo le serie televisive rispecchino la società attuale: dire che sono il portato dell'insicurezza sociale dominante, oppure lo specchio di una "società liquida" in cui tutti i generi si confondono è molto suggestivo ma scarsamente utile ad una analisi che non voglia limitarsi al ristretto ambito dei media ma guardare anche al mondo.
Ma, insomma, più che limiti li vedrei come strade di indagine e percorsi di analisi che si aprono.

ah...  p.s.

Il libro non costa molto ma, se volete, posso prestarvi la mia copia (anche solo per darci un'occhiata)
 
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