resteranno solo macerie?

Ci sarebbero molte, troppe cose di cui scrivere in questi giorni.

Però proprio in queste ore il presidente Napolitano ha firmato il decreto legge con la manovra economica e fra le vittime ci saranno gli enti culturali, e di questo bisogna parlare.
Dopo l'allarme lanciato qualche giorno fa e dopo convulse consultazioni dell'ultim'ora, il testo è stato parzialmente emendato: l'Ansa scrive
Salta la lista degli enti culturali e storici per i quali era previsto un ridimensionamento dei finanziamenti. Ma i fondi vengono "ridotti del 50% rispetto al 2009". E' questa una delle modifiche contenute nel testo finale del decreto della manovra. La norma coinvolge i ministeri competenti. "Al fine di procedere alla razionalizzazione e riordino delle modalità con le quali lo Stato concorre al finanziamento dei predetti enti - è scritto nel testo - i ministri competenti con decreto da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto stabiliscono il riparto delle risorse disponibili".
 (qui l'intero articolo)
Vi rendete conto di cosa significa? L'elenco degli istituti e degli enti sottoposti alla sega circolare del governo è impressionante: tutti i più importanti luoghi di cultura del paese vedranno il loro già magro bilancio azzerato o quasi. Aggiungetelo alla condizione in cui versano archivi e biblioteche.
Alle nuove leggi sul cinema.
A quello che si pensa di fare agli enti lirici.
Allo stato in cui versano le sovrintendenze.
Ai progetti per la scuola e l'Università (senza contare quello che hanno già fatto alla scuola).

Che pensate, c'è qualche ragione per preoccuparsi, indignarsi, reagire?

Le principali associazioni di storici hanno lanciato un appello, che condivido e riproduco.

I tagli agli enti culturali: una questione di inciviltà

La comunità degli storici italiani giudica un grave sintomo di inciviltà e di povertà culturale la soppressione indiscriminata dei finanziamenti agli enti ai quali sono affidati patrimoni scientifici, fonti, archivi e biblioteche fondamentali per la storia e la cultura europee. In condizioni da anni estremamente difficili e attraverso l'impegno di centinaia di studiosi, spesso svolto a titolo gratuito, gli enti culturali italiani promuovono ricerche, studi e iniziative che contribuiscono all'avanzamento e alla trasmissione del sapere e delle conoscenze disciplinari, allargandone i confini anche al di là della ristretta cerchia degli specialisti.
Colpisce in particolare l'assoluta irrilevanza, rispetto alla manovra, del totale dei fondi tagliati, piccolissima cosa di per sé ma essenziali per lo sviluppo anche internazionale della cultura italiana, gravemente ferita mentre ci si accinge a celebrarla in occasione dei centocinquanta anni dell'unificazione del paese. 
Colpisce inoltre la genericità di un taglio che opera senza distinzioni, mentre si enfatizza l'importanza della valutazione e del merito. 
Le nostre Società chiedono e sperano, pertanto, che il Parlamento e le forze politiche vogliano ripristinare questa voce di bilancio, prevedendo semmai l'introduzione, per il futuro, di criteri di valutazione che assicurino finanziamenti agli Istituti e alle Fondazioni più vitali per progetti di eccellenza, valutati per la parte scientifica a priori e a posteriori da studiose e studiosi competenti. 
È inaccettabile la prospettiva che in futuro la distribuzione di fondi residuali sia affidata a selezioni operate dal ministero del Tesoro e dalla Presidenza del Consiglio.
Il principio di competenza, fondamento sicuro di ogni impresa scientifica, richiede che la valutazione debba essere esercitata dal ministero dei Beni culturali, in modo assolutamente trasparente, avvalendosi dei migliori esperti/e italiani/e delle rispettive discipline.

Associazione Nazionale Archivistica Italiana (www.anai.org)
Società Italiana degli Storici medievisti (http://cisadu2.let.uniroma1.it/sismed/)
Società Italiana delle Storiche (www.societadellestoriche.it)
Società italiana per gli Studi di Storia delle Istituzioni (www.storiadelleistituzioni.it)
Società Italiana per la Storia dell'Età moderna (www.stmoderna.it)
Società Italiana per lo Studio della Storia contemporanea (www.sissco.it)

Quadretti di storia

Qualche tempo fa è stato ripubblicato da Q press un vecchio fascicolo elettorale a fumetti, edito originariamente nel 1975 dal Partito Socialista Italiano e - come ci informa una nota redazionale nel colophon - "distribuito gratuitamente in 600.000 copie durante la competizione elettorale, principalmente nelle regioni bianche".
Un pezzo della storia della comunicazione politica, ma non solo.
Anche un (piccolo) pezzo della storia del fumetto italiano, visto che era stato scritto da Alfredo Castelli e disegnato da un giovane e ancora sconosciuto Milo Manara, che, da lì a pochi anni, avrebbe affilato il suo tratto ancora acerbo in HP e Giuseppe Bergman. Alla realizzazione parteciparono altri nomi illustri del fumetto patrio, da Mario Gomboli alle sorelle Giussani fino a Mario Uggeri, che ne realizzò la copertina. Se non sapete di chi sto parlando, seguite i link.
Ma Un fascio di bombe, questo il titolo, è anche un (piccolo) pezzo di storia italiana perché racconta attraverso la forma narrativa fumetto la nascita della strategia della tensione. Ed è dunque giusto parlarne oggi, giorno in cui si ricordano le vittime dei terrorismi.
Perché anche i fumetti possono fare storia: sono uno strumento per raccontarla e sono una fonte di storia, che possono talvolta illuminare aspetti non secondari dell'immaginario collettivo di una certa epoca.

Prima o poi parleremo di un altro volume che sto leggendo in questi giorni, Eia Eia Baccalà, raccolta delle storie che Jacovitti ha scritto e disegnato nell'immediato dopoguerra. Ma questo, appunto, un'altra volta.

Torniamo al fascio di bombe: cosa ci dice del 1975? Ci dice che l'aria stava cambiando: l'avanzata delle sinistre comincia allora, in quelle elezioni regionali, per poi diventare consistente nelle elezioni politiche del '76. E ci dice anche che cambiano gli elettori: per la prima volta votano i diciottenni, cosa che spiega l'uso di questa insolita forma di propaganda elettorale.
E poi ci dice che molte cose ancora non si sapevano: l'ultima parte, dove il dialogo cede il passo alla didascalia e la narrazione alla propaganda elettorale, è piena di informazioni e interpretazioni che oggi appaiono inevitabilmente datate, quando non sbagliate o fuorvianti. Ma proprio questi passaggi ci consentono di immergerci nell'interpretazione "di sinistra" della strategia della tensione diffusa nel 1975, quando le Brigate Rosse erano ancora "sedicenti" e la "storia sbagliata" di Piazza Fontana era letta come un complotto. E dunque come una trama perfetta per una storia d'avventure e spionaggio, come ci dimostra Castelli in alcune pagine di grande maestria che, con un montaggio parallelo ricco di suspence, ci portano fino a quel fatidico pomeriggio del 12 dicembre 1969.
 
Andrea Sangiovanni © Creative Commons 2010 | Plantilla Quo creada por Ciudad Blogger