Il west(ern) tra cultura italiana e americana: una lezione

Il 5 novembre (accidenti è già passato più di un mese!) avevo una lezione con una collega statunitense ospite in Università, Renée M. Laegreid. Avevamo deciso di parlare del western dal punto di vista dei nostri rispettivi paesi, confrontando - per quanto possibile - immaginari e modalità narrative.
Annuncio sulla mia pagina facebook la lezione e questo è quello che mi appare poco dopo

I commenti sono tanti e sono entusiasti: simili dimostrazioni di affetto e stima gonfiano a dismisura il mio ego e così finisce che mi prendo l'impegno che potete leggere qui sotto:
Vi avevo promesso i miei appunti. C'ho messo un po' di tempo per metterli qui ma, per chi è ancora curioso, basta andare oltre la linea. 
Vi avviso: non sarà una lettura brevissima. Ma vi ho messo dei titoletti per aiutarvi ad orientarvi un po'. 
Se poi vi piace, fatemelo sapere.

Trasporti alimentari, "Cosmopolita", 9 dicembre 1944

Lo so, ho saltato una settimana ma per la puntata del 2 dicembre non avevo abbastanza materiale. L'articolo che uscì il 2 dicembre di settanta anni fa era intitolato "L'industria è ferma" e l'autore era Giovanni Mariotti: solo che nei miei appunti ho trovato solo poche righe generiche, che non dicevano molto più del titolo. Nell'impossibilità di tornare a vedere l'originale, era inutile farci un post.
E così eccoci qui, all'articolo che, sempre settanta anni fa, scriveva su "Cosmopolita" Brunello Vandano: tema, i trasporti alimentari.
L'articolo raccontava come erano organizzati i trasporti dell'Annona, accentrati in un Ufficio trasporti che coordinava le diverse imprese già esistenti come la Gondrand, la Fornari o Sagim. Ognuna di esse metteva a disposizione un certo numero di macchine e prendeva il 10% del guadagno di ciascun automezzo:
l'Ufficio Trasporti (...) paga (...) lire 0,80 al quintale per ogni chilometro per le macchine che portano fino a 20 quintali. Per le macchine di portata superiore, si scende a lire 0,60.
Dunque, un viaggio di 100 chilometri con 10 quintali permetterebbe di guadagnare 800 lire ma, considerando che per percorrere 100 chilometri ci vogliono due giorni, calcolando anche la perdita di tempo per la burocrazia e così via, il guadagno non supera le 400 lire. Bisogna poi considerare il costo dei veicoli, spesso molto vecchi e quindi bisognosi di pezzi di ricambio che, a loro volta, costano molto. Così, annotava il cronista, per riuscire a guadagnare qualcosa i proprietari-autisti finiscono per fare della borsa nera, alimentando il circuito del mercato clandestino.

L'inchiesta su Roma di "Cosmopolita" torna il 23 dicembre, con un articolo sulla delinquenza.

Disoccupazione, "Cosmopolita", 25 novembre 1944


Per introdurre la puntata dell'inchiesta su Roma di "Cosmopolita" del 25 novembre 1944 userò la scena iniziale di un famosissimo film uscito quattro anni dopo, nel 1948: Ladri di biciclette, di Vittorio De Sica.

L'inchiesta pubblicata sul n. 17, infatti, è dedicata alla disoccupazione ed è firmata da Oreste Lizzadri (qui trovate la voce a lui dedicata nel Dizionario Biografico degli Italiani).
Sono disoccupati da un anno e forse più. Hanno atteso la liberazione di Roma con la duplice speranza della libertà civile e della libertà economica, e ora si accorgono, forse inconsciamente, che senza quella economica, non esiste libertà civile tranne quella di starsene al sole, dir male del governo e morire lentamente di fame. Questa rassegnazione passiva ha qualche cosa di irraggiungibile: il lavoro, fa pena o mette spavento. Fa desiderare le masse irrequiete ed agitate del 1919-21: conscie della loro forza, reclamanti il lavoro come un diritto e non come un bene, che viene dal cielo. E anche questo è colpa del fascismo. Per vent'anni li ha disabituati alla lotta (...)
Ma di che cosa vive chi è disoccupato? Lizzadri lo chiede a cento disoccupati:
sedici sono passati alla borsa nera o sono diventati trasportatori; otto eseguono lavori di fortuna: facchini, guide, trasporta-bagagli ecc. Venti vivono aggrappati ad una persona di famiglia: la figlia impiegata, la moglie a servizio, il figlio lustrascarpe; dieci hanno preso la via della campagna (...), quattro hanno trovato un protettore in un ente o in una famiglia che dà loro da mangiare, dodici hanno ammiccato l'occhio senza spiegare le fonti della loro esistenza (borsa nera?). Il resto, maggioranza proporzionale, trenta su cento hanno aperto le braccia. 

Dove si gioca, "Cosmopolita", 11 novembre 1944


Post molto breve stavolta. Infatti della terza puntata dell'inchiesta di Cosmopolita, dedicata al gioco clandestino (l'autore è Umberto De Franciscis), mi ero annotato solo una brevissima sintesi: evidentemente allora avevo dato poco peso all'articolo e lo avevo giudicato come di scarso rilievo ai fini della mia ricerca.
la zecchinetta, in una classica acquaforte di Bartolomeo Pinelli
La cosa che però emerge con chiarezza dalle poche righe che avevo appuntato è che il gioco illegale era diffuso in ambienti diversissimi, dai circoli nobiliari e dell'alta società alle case private, che si organizzavano come delle vere e proprie bische, e fino al "gioco volante" in strada, in cui su tavoli richiudibili si organizzavano partite di roulette o di dadi.
Avevo anche annotato che il cronista faceva risalire l'origine della diffusione del gioco d'azzardo al coprifuoco durante l'occupazione nazista.

In realtà, come raccontano queste due immagini, e come sottolinea un commento sul sito romasparita,
Il gioco della morra davanti all'Arco degli Argentari, 1860 circa
da cui ho preso la fotografia qui accanto, la passione dei romani per il gioco d'azzardo sarebbe cosa ben nota e di lungo periodo. Può essere: certo è che, con ogni probabilità, anche questa voglia di gioco era una delle molte forme che assumeva quella disperata vitalità che aveva invaso la città nei mesi successivi alla guerra, e di cui Cosmopolita, come molta altra stampa di quei mesi, era testimone e protagonista ad un tempo.

La città ha fame, "Cosmopolita", 28 ottobre 1944


La seconda puntata dell'inchiesta di "Cosmopolita" su Roma è dedicata ad uno dei problemi più drammatici della città, la fame. La città ha fame s'intitola infatti il reportage di Igor Stcherbatcheff secondo il quale circa 300.000 romani si nutrirebbero esclusivamente al mercato nero, di cui il giornalista cerca di capire i metodi di approvvigionamento.
Al sabato, in genere, avviene la distribuzione della razione di carne in scatola. al sabato sera o al massimo lunedì mattina, un nuovo quantitativo di scatolame invade il mercato nero. (...) Ogni scatola normale, fornita ai dettaglianti dai grossisti, contiene 800 gr. circa di prodotto netto. L'Udis [uffici di distribuzione della Sezione Provinciale dell'Alimentazione, Sepral] calcola però il peso netto del contenuto in circa gr. 700. Su ogni dieci scatole, di conseguenza, il dettagliante ne guadagna una.
Gli ammalati hanno diritto a una determinata razione settimanale di carne fresca. Accade tuttavia sovente che i quantitativi assegnati ai macellai non vengano smaltiti, e ciò specie nei quartieri poveri, a causa dell'alto prezzo di calmiere fissato per questo prodotto. Perché le quantità invendute non si deteriorino viene concessa la vendita libera delle eccedenze. di ciò approfittano i borsisti neri. Comperano la carne a 220 lire al chilogrammo e la rivendono a 380.
I posti di blocco - continua il cronista - vengono aggirati, sia usando i camion dell'esercito, italiano o alleato, sia le ambulanze, che in genere vengono utilizzate per trasportare la carne. Secondo un funzionario della Sepral combattere il mercato nero è quasi impossibile:
Abolire il razionamento sarebbe l'unico mezzo. Ed anche in tal caso i prezzi non scenderebbero, anzi. Vi è un mezzo indiretto che potrebbe avere un'efficacia per indebolire questo flagello: incoraggiare le cooperative di consumo e le mense aziendali. Sviluppare ancor più le cucine popolari.
Via di Tor di Nona, luogo simbolo della borsa nera a Roma.
Foto tratta dal sito www.romasparita.eu
Il "cuore" del mercato nero è il mercato di Tor di Nona, dove, racconta il cronista, la vendita non è né casuale né libera:
l'organizzazione, sin dall'epoca del dominio nazi-fascista ha stabilito che chi fa parte di questo mercato deve mantenere i suoi prezzi entro i limiti fissati dal consiglio dei maggiorenti. Organizzazione e maggiorenti sono tutt'uno: i proprietari dei tuguri, i signori del luogo. Ma poiché il rischio di un mercato all'aperto era troppo forte si ricorse ad una specie di assicurazione, Si pagarono alcuni agenti per essere avvisati di eventuali incursioni dell'Annona. Non so se tale "assicurazione" sia stata rinnovata dopo l'arrivo degli Alleati. Il mercato continua a funzionare come prima e meglio di prima.
Che cosa fosse quella fame lo spiega chiaramente un medico:
settecento calorie al giorno, pane compreso. Capisci cosa vuol dire? (...) Potranno dire quello che vogliono. Carne di maiale distribuita nel mese di settembre: 2550 quintali? Benissimo. dividi. dividi per trenta giorni, poi per un milione e trecentosessantamila persone. E sai cosa ti dà? Sette grammi al giorno. (...) Sono dieci calorie (...) [e un uomo normale] se lavora consuma almeno duemila e cinquecento calorie.
La conseguenza è un incremento drammatico della mortalità infantile - salita a circa il 40% - e un aumento delle mense popolari, frequentate per la maggior parte da impiegati e professionisti, quasi sempre imbarazzati dal trovarsi lì (il tema tornerà in altre puntate dell'inchiesta): sono centoventitre, gestite da quattro diversi enti, e distribuiscono tra i duecentomila e i duecentotrentamila pasti al giorno.

Gli ospedali, "Cosmopolita" 21 ottobre 1944


L'inchiesta di Cosmopolita su Roma inizia con un viaggio negli ospedali cittadini, realizzata da Brunello Vandano, che visita il Policlinico Umberto I - "l'ospedale dei poveri", descritto come un "fortino" - e l'ospedale di San Giovanni, definito "il peggior ospedale di Roma".
Manca tutto, scrive Vandano: non ci sono biancheria e lenzuola, né guanti sterili e al San Giovanni si opera con le formiche in sala, senza anestesia né filo di sutura e, quando manca la corrente elettrica -  cosa che avviene spesso -, gli interventi sono fatti alla luce delle lampadine tascabili.
Una lotta che ha dell'epico si svolge (...) al Policlinico, come in molti altri ospedali, per sopperire alla mancanza di medicinali. E' avvenuto da qualche tempo un ripiegamento su medicinali vecchi e superati (...). Il laboratorio centrale del Policlinico non è in grado di funzionale. Al laboratorio analisi manca il gas, e spesso anche l'acqua viene meno. Manca o scarseggia il cloruro di sodio, e così l'acido solforico. (...) Infine manca una delle sostanze fondamentali, l'alcool. Eppure - ci si dice - l'alcool a Roma c'è (...) ma solo a borsa nera. Ora, il policlinico non fa borsa nera. (...) Questo è giusto, ma non toglie che si possa rimanere perplessi: di fronte a formidabili necessità è lecito o no venire a patti? (...)
Cosmopolita registrava in questo modo l'assottigliarsi del confine tra il lecito e l'illecito, nella Roma di fine 1944.
Così come, nelle righe dell'inchiesta, emergeva la spinta ad una trasformazione dei costumi e della morale, ad una non meglio indicata palingenesi sociale ed economica che, per il momento, si limitava alla critica, anche radicale. Così, ad esempio, veniva censurato l'istituto delle cliniche universitarie del policlinico dove, sosteneva Vandano,
il paziente è sottoposto allo sfruttamento culturale. (...) Ma non è giusto che un ammalato che non ha i mezzi per curarsi in una clinica a pagamento sia costretto per sopravvivere a diventare oggetto d'osservazione e di studio. (...) Siamo di fronte ad una delle mille articolazioni della crudele fondamentale legge della società capitalista, per cui tutto si deve pagare, e pagare in denaro, e pagare a interesse; per cui l'uomo non ha alcun diritto in quanto uomo, e nella vita non è elemento di misura il bisogno, ma il potere che ha l'individuo di restituire assicurando, con la folle distensione della ricchezza nel tempo, il guadagno del creditore.

"Roma". Un'inchiesta, settant'anni dopo

Settant'anni fa oggi, il 14 ottobre 1944, il settimanale romano Cosmopolita iniziava a pubblicare nella sua ultima pagina un'inchiesta su Roma e sui suoi "problemi sociali ed economici".
Essa, scrivevano i redattori,
non avrà intento demagogico ma solo di chiarificazione morale e di avvicinamento spirituale dei cittadini sul piano del coraggio e della sincerità.
E poi, ancora:
se l'inchiesta su Roma scoprirà tragedie, sozzure, bassezze, truffe, servilismi, egoismi, idiozie, impreparazione, scoprirà anche le cause più forti dell'uomo che portano l'uomo a tanta miseria, che però mai riusciranno a svuotarlo della sua essenza triste ma sublime di angelo decaduto.
C'è in queste parole tutto lo spirito della Roma di fine '44, quando l'euforia della liberazione iniziava ad essere indolentemente sostituita da un sentimento di disincanto, che sarebbe presto scolorato in qualcosa di peggio.

Settant'anni dopo, oggi, vorrei dare il mio piccolo contributo alle celebrazioni del settantesimo della liberazione, trascrivendo in tutto o in parte gli articoli che componevano quell'inchiesta e che, settimana dopo settimana, raccontavano a sé stessa una città dove si viveva come se la guerra fosse già finita e si provava ad immaginare quale strada avrebbe imboccato l'Italia.



Se vi interessa saperlo, io ho "scoperto" Cosmopolita, uno dei settimanali più brillanti e interessanti di quella "vampata" della stampa (per usare le parole di Paolo Murialdi) che caratterizzò il panorama editoriale romano subito dopo la liberazione della città per un paio d'anni, all'epoca della mia tesi di laurea. Poi ci sono tornato con alcuni articoli, in varie occasioni: l'ultima è stata nel giugno 2004, dieci anni fa, nel convegno Roma 1944-45: una stagione di speranze, organizzato dall'Irsifar, Istituto Romano per la Storia d'Italia dal fascismo alla Resistenza (qui trovate il volume de L'Annale Irsifar che ne è stato tratto). 
Prima di allora avevo scritto un saggio su Problemi dell'Informazione (n. 2/1997), dedicato in particolar modo al panorama della stampa, e uno sulla Rivista storica del Lazio (n.6/1997) in cui mi occupavo soprattutto delle condizioni della città (potete leggerlo seguendo questo link).
Con questa serie di post, in qualche misura, chiudo un cerchio per tornare dove tutto è iniziato: una bella sensazione, in fin dei conti.
 
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