Disoccupazione, "Cosmopolita", 25 novembre 1944


Per introdurre la puntata dell'inchiesta su Roma di "Cosmopolita" del 25 novembre 1944 userò la scena iniziale di un famosissimo film uscito quattro anni dopo, nel 1948: Ladri di biciclette, di Vittorio De Sica.

L'inchiesta pubblicata sul n. 17, infatti, è dedicata alla disoccupazione ed è firmata da Oreste Lizzadri (qui trovate la voce a lui dedicata nel Dizionario Biografico degli Italiani).
Sono disoccupati da un anno e forse più. Hanno atteso la liberazione di Roma con la duplice speranza della libertà civile e della libertà economica, e ora si accorgono, forse inconsciamente, che senza quella economica, non esiste libertà civile tranne quella di starsene al sole, dir male del governo e morire lentamente di fame. Questa rassegnazione passiva ha qualche cosa di irraggiungibile: il lavoro, fa pena o mette spavento. Fa desiderare le masse irrequiete ed agitate del 1919-21: conscie della loro forza, reclamanti il lavoro come un diritto e non come un bene, che viene dal cielo. E anche questo è colpa del fascismo. Per vent'anni li ha disabituati alla lotta (...)
Ma di che cosa vive chi è disoccupato? Lizzadri lo chiede a cento disoccupati:
sedici sono passati alla borsa nera o sono diventati trasportatori; otto eseguono lavori di fortuna: facchini, guide, trasporta-bagagli ecc. Venti vivono aggrappati ad una persona di famiglia: la figlia impiegata, la moglie a servizio, il figlio lustrascarpe; dieci hanno preso la via della campagna (...), quattro hanno trovato un protettore in un ente o in una famiglia che dà loro da mangiare, dodici hanno ammiccato l'occhio senza spiegare le fonti della loro esistenza (borsa nera?). Il resto, maggioranza proporzionale, trenta su cento hanno aperto le braccia. 

Dove si gioca, "Cosmopolita", 11 novembre 1944


Post molto breve stavolta. Infatti della terza puntata dell'inchiesta di Cosmopolita, dedicata al gioco clandestino (l'autore è Umberto De Franciscis), mi ero annotato solo una brevissima sintesi: evidentemente allora avevo dato poco peso all'articolo e lo avevo giudicato come di scarso rilievo ai fini della mia ricerca.
la zecchinetta, in una classica acquaforte di Bartolomeo Pinelli
La cosa che però emerge con chiarezza dalle poche righe che avevo appuntato è che il gioco illegale era diffuso in ambienti diversissimi, dai circoli nobiliari e dell'alta società alle case private, che si organizzavano come delle vere e proprie bische, e fino al "gioco volante" in strada, in cui su tavoli richiudibili si organizzavano partite di roulette o di dadi.
Avevo anche annotato che il cronista faceva risalire l'origine della diffusione del gioco d'azzardo al coprifuoco durante l'occupazione nazista.

In realtà, come raccontano queste due immagini, e come sottolinea un commento sul sito romasparita,
Il gioco della morra davanti all'Arco degli Argentari, 1860 circa
da cui ho preso la fotografia qui accanto, la passione dei romani per il gioco d'azzardo sarebbe cosa ben nota e di lungo periodo. Può essere: certo è che, con ogni probabilità, anche questa voglia di gioco era una delle molte forme che assumeva quella disperata vitalità che aveva invaso la città nei mesi successivi alla guerra, e di cui Cosmopolita, come molta altra stampa di quei mesi, era testimone e protagonista ad un tempo.
 
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