la rivoluzione è cominciata

Forse come titolo è un po' esagerato, ma è quanto ha detto Santoro all'inizio di Servizio Pubblico, giovedì sera, il 3.



In fondo, un po' di ragione ce l'aveva perché i risultati del suo esordio con il programma multipiattaforma e mandato in onda su un circuito di televisioni locali, su Sky e in streaming sono sorprendenti. Ne hanno parlato un po' tutti: dai dati disponibili il suo ascolto è stato stimato in circa tre milioni di persone, per la sola piattaforma televisiva. Con diverse centinaia di migliaia di utenti connessi su internet.
Il che ovviamente non è poco, anzi.
Ci sono state diverse analisi, più o meno raffinate: se volete godervi un po' di grafici, eccoveli, presi da tv-blog (qui c'è il link ad una delle loro analisi).

A me sembra che quello più interessante sia l'ultimo, che mostra il confronto tra due programmi pensati per la tv generalista ma andati in onda su una piattaforma satellitare. La prima impressione è che programmi di questo tipo siano visti soprattutto (se non solo) dal pubblico di appassionati. Lo zoccolo duro, insomma.
Ed è forse su questo che bisognerebbe riflettere prima di parlare di "rivoluzione".
Perché la sensazione è che Santoro sia riuscito nel suo exploit soprattutto grazie a due fattori: il grande interesse che la sua vicenda professionale/personale aveva suscitato e lo zoccolo duro dei suoi fans, diciamo così. Cosa che sembra confermata dal risultato del sondaggio che hanno fatto durante la trasmissione e che ha conseguito percentuali bulgare.
Perché dal punto di vista del linguaggio televisivo, non mi sembra che la prima puntata di "Servizio pubblico" sia stata proprio una "rivoluzione": sembrava di vedere una puntata di Anno Zero, con un po' meno servizi, senza il contraddittorio obbligato in studio, e con qualche piccolo (e, direi, tutto sommato facile) scoop (voglio dire: Lavitola ha una tale voglia di parlare che si farebbe intervistare pure da me).
E poi c'era quello che in Rai avevafatto venire il mal di pancia a molti, la ricostruzione in forma di fiction delle telefonate intercettate: forse, la parte migliore.

Insomma, era un normale programma televisivo, anche un po' lungo e noioso per certi tratti.

Certo, si potrebbe dire che in fondo è questa la vera rivoluzione: riuscire a fare un normale programma di approfondimento giornalistico. E non sarebbe sbagliato, visto il pessimo livello della nostra tv, da questo punto di vista.

Però, la sensazione che ho è che la forza dell'organizzazione che Santoro e la sua squadra sono riusciti a mettere in piedi non sia stata sfruttata al meglio. Io mi sarei aspettato un programma confezionato in modo tale da essere rapidamente trasformato nelle forme virali e frammentarie del linguaggio di youtube e dei social network, mentre mi sa che la lunghissima tirata di Travaglio non diventerà la clip più cliccata della settimana.
In ogni caso, sarà interessante seguire come la cosa evolverà. E se la stessa formula di autoproduzione possa essere messa in atto da altri big della tv, come lo stesso Santoro a un certo punto ha fatto intendere.
Se succedesse sarebbe certo interessante, però non so quanto sarebbe una reale rivoluzione televisiva.
Forse lo diventerebbe se simili ascolti venissero raggiunti da nomi e volti nuovi e sconosciuti, che riuscissero ad imporsi grazie alla rete delle emittenti locali, l'appoggio della piattaforma satellitare, la galassia dei social network e delle web-tv. Ma mi sembra veramente solo un telesogno

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