film da vedere: the artist

C'è un piccolo film che tutti voi dovreste vedere. E in particolare tutti voi che leggete queste righe perché siete - o siete stati - studenti di scienze della comunicazione.

Il film è questo

Dovete vederlo perché è divertente, brillante, intelligente. E perché è recitato ottimamente: spesso si dice che ci sono attori cani, mentre qui c'è un cane che è un vero attore.

E poi perché vale come una lezione di storia sociale del cinema in una delle sue prime fasi di apogeo e crisi, il passaggio dal muto al sonoro.

Come potrei raccontarvelo senza rovinarvi il piacere della visione? Diciamo che è la storia di una crisi professionale e personale, girata con garbo e leggerezza, con il giusto mix di dramma e divertimento. Ma soprattutto vi si ritrovano le facce e le espressioni, le movenze, i ritmi e i colori (o meglio, la loro assenza: perché, sì, è un film in bianco e nero) del cinema degli anni Venti e Trenta, il periodo in cui è ambientato, che vengono però impercettibilmente adattate alla nostra sensibilità visiva. Così quasi nemmeno ci rendiamo conto di trovarci di fronte ad un film "muto" (perché sì, oltre a non avere i colori, il film non ha nemmeno le parole), finché non è un intelligente cambio di ritmo e di organizzazione dell'immagine e della colonna sonora a ricordarcelo.

Ma non voglio stare qui a segnalarvi in modo pedantesco il modo in cui il film illustra quel periodo di transizione. Vedetelo, e lo capirete da soli.

Però c'è una annotazione che non riesco a trattenermi dal dirvi: questo film riesce anche con una serie di trovate brillanti e assolutamente "naturali" a ricordarci - o a insegnarci - che anche i film muti erano "sonori". Tutta la sequenza iniziale, per esempio, è uno splendido esempio di colonna sonora che da extra-diegetica si fa diegetica, mettendo in gioco la percezione dello spettatore e solleticando, allo stesso tempo, la sua intelligenza.

Ma è alla fine di quella sequenza che arriva il meglio: il famoso attore protagonista sale sul palco per ringraziare il suo pubblico.

E si esibisce in un perfetto (e divertente) numero di vaudeville, ricordandoci in questo modo la destinazione multipla delle sale cinematografiche e la provenienza di molti attori di cinema dal teatro di rivista. Pensavate davvero che sia stato un caso che The jazz singer - passato alla storia come il primo film sonoro della storia - riproducesse sullo schermo unalcuni elementi di un tipico numero musicale dell'epoca, il minstrel?

Al Jolson, protagonista di The Jazz Singer

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Andrea Sangiovanni © Creative Commons 2010 | Plantilla Quo creada por Ciudad Blogger