un grido di dolore, un urlo di gioia

Leggo il giornale e due articoli mi colpiscono, opposti e complementari.

In Italia c'è un rinnovamento fra gli anchorman del TG1.
Beh? niente di insolito, normale avvicendamento. Ma sembra che i tre conduttori che verranno sostituiti - Paolo Di Giannantonio, Piero Damosso e Tiziana Ferrario - non avessero firmato, tempo fa, un documento a sostegno del direttore dopo il "caso Mills" (non ve lo ricordate? qui potete rinfrescarvi la memoria). E che i tre che li sostituiranno lo avessero invece fatto. Naturalmente ognuno la racconta (legittimamente) a modo suo: il Corriere della Sera la dice così e Il Giornale così.
(Certo, a voler pensare male ci si potrebbe chiedere perché in un tale "ricambio generazionale" ritorni anche Francesco Giorgino, volto giovane certo, ma non esattamente nuovo alla conduzione del telegiornale).
Fra queste voci, però, spicca quella di Maria Luisa Busi che, intervistata da Repubblica, descrive l'aria pesante che c'è in redazione ma, soprattutto, racconta un malessere per un'informazione sempre più tranquillizzante, infarcita di notizie di alleggerimento, lontana dal mondo. Ed è un'intervista che fa un po' pensare.

Poi giro pagina.

E leggo la storia dell'ultima radio indipendente di Mogadiscio (la storia è stata pubblicata in origine sul New York Times: potete leggerla qui) dove la lotta per la libertà dell'informazione ha un costo salato, salatissimo.

E mi interrogo sulle distanze e sulle assonanze fra le due notizie.

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Andrea Sangiovanni © Creative Commons 2010 | Plantilla Quo creada por Ciudad Blogger