"Le notizie sulla mia morte sono alquanto esagerate"

Così si potrebbe dire, citando Mark Twain, a proposito della scomparsa di Linus, notizia che era riportata  oggi dalla stampa.
Devo confessarvelo: quando l'ho sentito dire stamattina, durante una rassegna stampa, sono rimasto senza parole. Non lo leggevo più da molto tempo, ma il saperlo lì, in edicola, mi dava sicurezza.  Sì, quasi come la coperta.
"Non lasciatemi solo!" aveva scritto un lettore sulla pagina facebook della rivista. Per fortuna sembra che il suo grido di dolore - e quello di centinaia di altri abbonati e lettori più o meno fedeli - sarà ascoltato.
Lo stesso editore - Baldini&Castoldi srl - ha pubblicato un comunicato stampa che ridimensiona la notizia:
Cari Lettori,
con un pesante ma giustificato ritardo eccoci a comunicarvi lo stato dell’arte. Linus si è temporaneamente fermato per una serie di problemi gravi e di complicata soluzione, riguardanti stampa e logistica e conseguenti a un difficile momento della società editrice.
Avremmo atteso più volentieri il momento della soluzione definitiva delle questioni ancora sospese, ma alcune inopportun...e e mal suggerite sciocchezze uscite sui quotidiani dei giorni scorsi ci convincono a intervenire per fare chiarezza.
La volontà dell’editore è senz’altro quella di proseguire la pubblicazione di Linus, come ovvio permettendo agli abbonati di recuperare i numeri persi, ma perché la volontà si trasformi in qualcosa di più concreto, e quindi nelle prossime uscite del mensile, mancano ancora alcuni passaggi che speriamo di potervi comunicare al più presto.
Intanto vi ringraziamo dei moltissimi messaggi di solidarietà e degli incitamenti ricevuti, faremo del nostro meglio per essere all’altezza.
Linus era lì, in edicola, dall'aprile 1965.
Sono tanti, tanti mesi.
Mesi e anni in cui Linus ha fatto capire agli italiani che il fumetto non è una "roba da bambini", come voleva allora (e forse, per molti, anche ora) il senso comune: del resto nel primo numero Umberto Eco aveva intervistato su quest'argomento Elio Vittorini e Oreste Del Buono. Già pochi mesi dopo la sua prima uscita, l'obiettivo poteva dirsi raggiunto perché era letto soprattutto da studenti universitari e liceali, seguiti da impiegati e professori. Nel luglio del 1965, infatti, il mensile pubblica i risultati di un "referendum" che aveva indetto fra i suoi lettori per capire chi fossero: la maggior parte era tra i 23 e i 28 anni, ma ce n'erano pure un certo numero sopra i 40 e alcuni fra gli otto e i dieci. Un pubblico composito, dunque, che oltre al desiderio di leggere buoni fumetti condivideva con i redattori un certo orizzonte di pensiero, una certa - si potrebbe dire - filosofia, come scriveva Oreste Del Buono (che ne sarebbe stato a lungo direttore) nel 1966:
LINUS, si sa, aspira ad essere una rivista non solo per bambini e ragazzi, ma per tutti. Redattori e lettori non sono dei tartufi, dei parrucconi, dei moralisti ad ogni costo. Guardano al mondo con una certa spregiudicatezza, ed è proprio dalla spregiudicatezza  che ricavano la loro allegria 
E la loro spregiudicatezza era anche nelle scelte editoriali: certo, soprattutto all'inizio venivano pubblicati i grandi classici del fumetto americano (e c'erano furibonde polemiche su Li'l Abner, considerato geniale da alcuni e orribilmente reazionario da altri).
Ma su quelle pagine trovano spazio , che io sappia per la prima volta in Italia, i fumetti che in quegli anni stavano sfornando Stan Lee e Jack Kirby: nel Linus Estate del 1966 viene pubblicata una storia dei Fantastici Quattro,
 la più strabiliante galleria di personaggi che il genere fantascientifico abbia mai avuto. Invenzioni strepitose, lotte ciclopiche, magia, mutazioni incredibili, il tutto sorretto però da una certa logica scientifica e, soprattutto, da una buona dose di humour che interviene puntualmente a decantare le situazioni più grandghignolesche.
Una
specie di ghignante “chanson de geste” del futuro [che] ha avuto un successo (...) travolgente in America, soprattutto negli ambienti universitari...
E la produzione di Lee e Kirby viene analizzata nel numero successivo da Alfredo Castelli che, prima di diventare uno dei più importanti sceneggiatori italiani, scriveva su quelle pagine importanti saggi sui fumetti classici e sulla storia del fumetto.
E poi, appena un anno più tardi, ecco apparire un racconto di Guido Crepax intitolato Funny Valentine in cui, come commentava Vittorio Spinazzola, erano sovvertite
 tutte le canoniche convenzioni del comic d’avventure. (…) La trama narrativa è scomparsa; nello stesso tempo di movimento è esploso spezzando l’ordinata serie dei riquadri e puntando a mescolare tutte le immagini in un unico magma, per usare un termine alla moda. Il disegnatore gioca liberamente con lo scorcio, la panoramica, il primo piano senza più bisogno di didascalie per collegare le vignette e colmare gli intervalli. Trionfa il fattore visivo: ma appunto ciò assicura nuovo risalto all’intervento della parola scritta, esaltandone l’icasticità
Questa vena di ricerca, ma anche l'aderenza allo spirito del tempo, saranno esaltate negli anni della direzione di Oreste Del Buono: la rivista arriverà a sdoppiarsi per sostenere meglio le energie creative che ospitava sulle sue pagine, da Lunari a Calegaro, da Breccia a Crumb, fino a Pazienza, che su quelle pagine esordirà.
Rivista culturale, allora, prima ancora che rivista a fumetti. Rivista per cui, come scrivevano nel 1972,
Avere un’opinione e non nasconderla, proporla anzi per un confronto non è il peggiore dei mali, ne siamo convinti. Come siamo convinti che il decidere di non fare politica sarebbe una decisione ugualmente politica 
Anche resistere, oggi, sembra avere il sapore di una decisione politica.
Di una buona politica, culturale ed editoriale.  

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