cercatori d'oro

Ecco la scheda di una lettura appena terminata, un libro nuovo, di una giovane autrice (di cui, qui a fianco, ho inserito anche il blog) che fornisce spunti interessanti per decifrare alcuni dei programmi che guardiamo con più piacere, le serie telelvisive.

Lei si chiama Barbara Maio e il suo libro si intitola La terza Golden Age della televisione (Edizioni Sabinae, 2009)



Attenta osservatrice della televisione, la giovane ricercatrice Barbara Maio è convinta che la televisione stia vivendo una terza età dell'oro grazie alla serialità, le cui regole sono state riscritte ancora una volta nell'ultimo quindicennio circa ridefinendo il ruolo dell'autore e del linguaggio per immagini.
Come già Colin Kennedy (che nel 2002 si chiedeva, sulle pagine di Empire, se la televisione non stesse diventando migliore del cinema, o il nostro Aldo Grasso, che più recentemente ha affermato con decisione che la televisione è meglio del cinema perché i "telefilm" riescono a rappresentare la realtà più di quanto non facciano ultimamente i loro fratelli maggiori, Maio è convinta che la televisione sia un "testo sempre più denso e specchio della cultura odierna" (p.180).
La tesi è esposta in modo convincente (tanto che il libro si è guadagnato la prefazione di Robert Thompson, grazie al quale negli anni passati avevamo scoperto che la televisione viveva una seconda Golden Age) e si basa soprattutto sull'analisi delle caratteristiche che assume la serialità: nonostante alcuni passaggi più piattamente descrittivi, l'indagine intorno alla figura di Autore, un soggetto allo stesso tempo centrale ma "invisibile" perché multiplo, appare ricca di spunti interessanti, anche per il modo che ha di riverberarsi su temi che davamo per completamente dissodati (ad esempio riguardo al cinema).
Certo, forse parlare di Golden Age è un po' troppo, considerate le quantità di cattiva televisione che intasano continuamente l'etere (e ora, sempre più, tutti gli altri spazi disponibili); e non pare sufficiente affermare che in tutti i tempi è esistita molta "spazzatura" artistica accanto ai capolavori: per una canzone (o una melodia) indimenticabile, quante ce ne sono di inascoltabili? per ogni libro che tutti dovrebbero leggere, quanta letteratura da bruciare nel caminetto (come faceva Pepe Carvalho) esiste? Forse è una buona argomentazione retorica, ma -direi- poco "scientifica".
Un altro dubbio che ho riguarda il tipo di lettura che la Maio conduce: essa è molto centrata sui differenti livelli di lettura possibili in un "testo" televisivo complesso come la serie ed è estremamente efficace nel descrivere le qualità "postmoderne" del tessuto narrativo di Lost piuttosto che di X-files o di Buffy (un grande amore dell'autrice). Esaurito questo genere di indagine, però, rimane da capire in che modo le serie televisive rispecchino la società attuale: dire che sono il portato dell'insicurezza sociale dominante, oppure lo specchio di una "società liquida" in cui tutti i generi si confondono è molto suggestivo ma scarsamente utile ad una analisi che non voglia limitarsi al ristretto ambito dei media ma guardare anche al mondo.
Ma, insomma, più che limiti li vedrei come strade di indagine e percorsi di analisi che si aprono.

ah...  p.s.

Il libro non costa molto ma, se volete, posso prestarvi la mia copia (anche solo per darci un'occhiata)

0 commenti:

 
Andrea Sangiovanni © Creative Commons 2010 | Plantilla Quo creada por Ciudad Blogger