Il giorno in cui tutto ricominciò

Esce oggi il numero 325 di Dylan Dog. È intitolato una nuova vita e si presenta con una copertina suggestiva e fortemente simbolica
Gli appassionati sanno già tutto. Alcuni mesi fa è iniziata a circolare la notizia di un profondo cambiamento nella redazione di Dylan Dog, i cui fili sono stati mossi dal creatore dell'indagatore dell'incubo, Tiziano Sclavi. A Giovanni Gualdoni è subentrato Roberto Recchioni, autore di una delle più belle e intense storie di Dylan Dog di tutti i tempi, Mater Morbi, scrittore e disegnatore molto prolifico che ama spaziare attraverso generi molteplici, che contamina senza pudore e con una forte consapevolezza dei linguaggi, autore di un blog molto seguito.
Nei mesi successivi, tra indiscrezioni e annunci, le aspettative per questa "rivoluzione" sono aumentate, ed è facile prevedere che, da domani, nella blogosfera si scontreranno critiche feroci e elogi entusiastici. Ovviamente, una trasformazione è qualcosa di lento (in una macchina produttiva complessa come quella dell'industria del fumetto, poi...): come hanno spesso detto gli stessi protagonisti, ne potremo vedere i veri frutti solo fra alcuni mesi.
Ma intanto i segnali ci sono tutti.
Intanto, nell'ultimo numero l'evoluzione è stata annunciata dallo stesso Sclavi in un redazionale: evento eccezionale per due motivi. In genere quello spazio è occupato dall'editore. E in secondo luogo Sclavi parla (e scrive, soprattutto) ormai di rado.
In realtà ci sarebbe anche un terzo motivo che lascia prevedere qualcosa di molto buono: una sorta di "ritorno alle origini", ma senza crogiolarsi nella nostalgia.
Commentando la nuova veste artistica della copertina, Sclavi fa notare la "citazione" della pop art, e commenta:
quindi facciamo il fumetto che cita l'arte che cita il fumetto.
Un buon inizio, direi: un ritorno ad una delle innovazioni di linguaggio di Sclavi, con il suo citazionismo così postmoderno (non me ne voglia Tiziano per questa definizione) e, allo stesso tempo, così poco esibito.
Era questa una di quelle cose che facevano grande Dylan Dog negli anni '80, prima che anch'essa diventasse di maniera.
Se la "rivoluzione" in corso tornerà ad alcuni di quegli spunti iniziali, riaggiornandoli alla sensibilità contemporanea, forse si potrà dire riuscita. Mi piacerebbe tornarci appena avrò un po' di tempo. Per ora, mi limiterò ad usare le parole di qualcun altro, che è stato capace di cogliere alcuni degli aspetti di innovazione profonda che Dylan Dog introdusse nel panorama fumettistico nello scorcio finale degli anni '80:
tutti i temi dell'interazione e della contaminazione tra i media (cinema, fumetto, tv, letteratura, teatro, pittura...) vengono attraversati e raccontati. (...) Dylan Dog va oltre ogni limite tracciato per distinguere un fumetto seriale da un cosiddetto fumetto d'autore. (...) Gli autori e l'editore di questa serie hanno pienamente travalicato i confini che una volta tenevano distinti i bacini tematici e le forme espressive in rigide separazioni di generi, di pubblici, di qualità e di quantità. Questa serie a fumetti  (...) ha un contorno estremamente serio, una moralità dai tratti perfino illuministici. Tiziano Sclavi e i suoi collaboratori (...) restituiscono la varietà dell'universo mediologico e la consegnano ai giovani lettori in una sorta di adempimento a una funzione - o finzione - iniziatica. Dylan Dog raccoglie un esasperato bisogno di socializzazione primaria e di maturazione individuale spesso negato alle giovani generazioni. Sintomo di disagio (...) questo fumetto è molto di più. Il disagio vi esprime insomma una parzialità politica, radicale, estremamente conflittuale e diretta a uno scopo di individuazione di una moralità insediata nei cuori dei lettori (...) [i quali] sono chiamati a partecipare a una maturazione almeno fantastica del corpo, della psiche, degli equilibri e delle dissonanze tra l'intelligenza e i sentimenti.
Sono le parole con cui Gino Frezza ha analizzato Dyd, nel saggio La poesia matematica di Dylan Dog (in Le carte del fumetto, Liguori, Napoli 2008).
Ci sarebbe da dire ancora molto sul contesto in cui Dyd nasce e coglie i suoi primi successi, gli anni '80 appunto, e sul rapporto di rispecchiamento oppositivo con lo "spirito del tempo" in cui, secondo me, risiede gran parte del suo successo iniziale.
Mi piacerebbe farlo qui e magari, come si dice, ...continua e finisce in una prossima puntata


1 commenti:

MikiMoz ha detto...

Ho preso ieri questo nuovo albo: cover particolare (anche la prossima, ho visto, sarà molto pop), storia più cupa e una rivoluzione che spero non tocchi troppi capisaldi del mondo di Dyd.
Perché in fondo si tratta di un fumetto popolare, nato per essere episodico con personaggi fissi e situazioni ricorrenti.
Per qualche Mater Morbi in più, però, vale la pena di tentare.
Io aspetto ancora un nuovo Memorie dall'invisibile, intanto... :)

Moz-

 
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