Note integrative: dal muto al sonoro

Se questo posto deve ricominciare ad essere un luogo di discussione con i miei studenti, una sorta di prosecuzione del dialogo che si intesse a lezione fra noi, allora ecco una buona occasione.

(l'avrai già capito: questo post è rivolto ai miei studenti, ma se sei capitato da queste parti per caso, o se sei uno di quei quindici coraggiosi che mi seguono regolarmente e ti va di leggerlo, vai pure avanti. A me fa piacere. Magari lo farà anche a te) 

In questi giorni a lezione ci stiamo occupando del sistema dei media tra gli anni Dieci e gli anni Trenta. Naturalmente, uno dei temi centrali è il passaggio da un ambiente mediatico muto ad uno sempre più ricco di suoni. Ed è chiaro che, oltre alla radio e alla sua capacità di "organizzare il mondo per l'orecchio", uno degli argomenti di cui discutiamo è il cinema.
Il caso vuole che io abbia a disposizione un bel film di un paio di anni fa a farmi da supporto didattico, The artist di Michel Hazanavicius, vincitore di un elenco lunghissimo di premi fra cui cinque oscar (se proprio volete vedere nominatios e vittorie, basta che facciate un salto qui). 
La visione del film è naturalmente consigliata a tutti (e non solo a quelli che ci devono scrivere su un paper), così come è consigliato dare un'occhiata a questa recensione muta, realizzata dai critici del New Yorker nel  febbraio 2012.


Sono d'accordo? 
Non sono d'accordo? 
Importa poco in realtà, perché questa critica è così ricca di sottotesti da essere un modello di recensione contemporanea.
E, soprattutto, è un notevole spunto di discussione, che coglie in profondità tutta la complessità di un film apparentemente semplice e leggero come The Artist.
Se volete, continuiamo a parlarne nei commenti.

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Andrea Sangiovanni © Creative Commons 2010 | Plantilla Quo creada por Ciudad Blogger