Il ricordo non si esaurisce in un giorno

27 gennaio, giorno della memoria.
Molti scrivono oggi sulla Shoah. Leggendo qua e là può venire il dubbio che la memoria che oggi ci si ricorda di praticare non sia un vero atto di rammemoriazione, ma solo una forma di partecipazione - più o meno formale - ad un rito civile.
E' utile? La domanda risuona sin da quando, 14 anni fa,  questo giorno fu introdotto per legge nel nostro calendario civile. Quanto accaduto l'altro giorno a Roma (i pacchi con le teste di maiale recapitati alla Sinagoga di Roma, al museo che ospita una mostra sulla Shoah e all'ambasciata israeliana: qui e qui la cronaca, qui un commento di Gad Lerner) dimostra che sì, è utile. Ancora e sempre.

Io, oggi, non aggiungerò le mie parole a quelle di chi, con maggiore competenza di me, parla di Shoah e memoria. Preferisco, stavolta, usare quelle di altri, per dare uno sguardo ad un tema che inizia a diventare centrale in questa discussione: il modo in cui questa memoria sia entrata a far parte del nostro immaginario collettivo, passando attraverso una rappresentazione pop ma, allo stesso tempo, diventando anch'essa una rappresentazione pop.
Le parole a cui vi rimando sono quelle di Damiano Garofalo, un ricercatore di storia che è responsabile della videoteca della Fondazione Museo della Shoah di Roma, che riflette sulla forza pop della Shoah in questo articolo:

LA SHOAH È ANCORA “IL MALE ASSOLUTO”?

Il 27 gennaio è la Giornata della Memoria. Vorremmo approfittare di questa occasione di riflessione per  postare una serie di tre, quattro articoli sul temi legati alla Shoah e alla memoria. 
di Damiano Garofalo
A poco meno di settant’anni dalla fine della guerra e a quasi dieci dall’istituzione internazionale della Giornata della Memoria, è ancora possibile definire la Shoah – lo sterminio di circa sei milioni di ebrei d’Europa – come il paradigma storico del cosiddetto «male assoluto»?
Adorno, l’indicibile e la cultura pop. Nell’era della post-memoria, tutte le immagini assumono un potere iconico: oltre a essere proiettate nella massmedialità, infatti, esse si pongono in una dimensione dialettica con l’immaginario pubblico del trauma. Il percorso di questo immaginario relativo alla Shoah ha però fatto storicamente i conti con delle resistenze culturali, che ne hanno accompagnato l’intero processo formativo.

E poi ad un sito di critica fumettistica, Lo Spazio Bianco, che ha raccolto le recensioni e le riflessioni che ha fatto negli anni sulle diverse narrazioni grafiche dello sterminio, un utile compendio (al di là delle opinioni sui singoli albi) al discorso introdotto da Garofalo. Li trovate qui.
Buona lettura.

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