centosessantaquattro candeline

Accendo il computer, mi collego e Google è così gentile da ricordarmi che oggi è l'anniversario della nascita di Thomas Alva Edison. Non un anniversario tondo, visto che nacque nel 1847. Ma Edison è stato uno dei geni da cui, tra Ottocento e Novecento, è nata la nostra società dell'informazione, non solo come inventore ma anche come uomo d'affari: ed è giusto ricordarlo comunque.
Alla fine dell'800 era definito un "mago dei tempi moderni" e gli venivano attribuite capacità che, appunto, sconfinavano nella magia.
Chi ne parlava così era uno scrittore francese, Villiers de L'Isle Adam, che nel 1886 pubblicò un libro in cui Edison aveva un ruolo da protagonista, un po' deus-ex-machina capace di invenzioni mirabolanti pur di eliminare lo spleen che angustiava il nobile Lord Ewald.
Il libro si chiamava Eve Future e fra le meraviglie che Edison mostra a Ewald c'è una incredibile macchina, in cui molti hanno visto l'anticipazione del cinematografo:
...un lungo nastro gommato, tutto cosparso di minuzzoli di vetro dalle diafane tinte, si stendeva fra due aste d’acciaio davanti alla fonte luminosa d’una lampada astrale. Tirato per una delle sue estremità da un meccanismo a orologeria, cotesto nastro di stoffa cominciò a scorrere molto rapidamente fra la calotta e la lente di un potente riflettore. E questo subito riflesse sulla bianca tela ch’era stesa dirimpetto, inquadrata in una cornice d’ebano con rosone in cima, l’apparizione di una bellissima e giovanissima donna fulva. L’apparizione, di prodigiosa trasparenza nella fotografia colorata, danzava in un costume pieno di bisantini un ballo popolare messicano. I movimenti si svelavano con le sfumature della vita stessa mediante i metodi della fotografia successiva, che riesce a cogliere sui microscopici vetri azioni di dieci minuti, riflesse poi da un potente lampascopio. Quindi Edison toccò una scanalatura nel festone della nera cornice e colpì con una scintilla il centro del rosone d’oro. Immediatamente si udì una voce piatta e manierata, una voce un po’ confusa e dura. La danzatrice cantò l’alza e l’olé del suo fandango. Il tamburello cominciò a rombare sotto i colpi di gomito e le nacchere strepitarono. Comparvero, riprodotti, i gesti, gli sguardi, le smorfie delle labbra, l’ondeggiare delle anche, il battere delle palpebre, l’espressione del sorriso. Lord Ewald con muta sorpresa contemplava quella visione.
Se volete leggere un altro po' di questo strano romanzo d'anticipazione, potete farlo qui, nel catalogo del progetto Gutenberg.
E' un brano citato spesso nelle storie del cinema, a partire dalla classica Storia generale del cinema di George Sadoul, il quale, però, giustamente avverte di non attribuire troppa preveggenza alla scrittura di Villier de l'Isle Adam perché
 in realtà lo scrittore, che non poteva ignorare il vivo successo ottenuto nel gran mondo parigino dalle fotografie successive di Muybridge e aveva potuto veder funzionare un prassinoscopio da proiezione di Reynaud, si è limitato a riprodurre, con alcuni abbellimenti, gli apparecchi per immagini animate che già esistevano nel 1885. (G. Sadoul, Storia generale del cinema. Le origini e i pionieri (1832-1909), Einaudi, Torino, 1965, pp. 88-89)
 Magari non sei stato un profeta, però il cinema l'hai inventato per davvero, anche se lo chiamavi kinetoscopio ed era fatto così
Felice compleanno, Thomas.

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