aggiornamenti ritardati



Sono un po' lento in questi giorni, un po' ritardato: arrivo dopo alle cose, quando ormai sono già andate. E aggiornare un blog in questo modo è un po' una contraddizione in termini. Eppure, come dicevo nell'ultimo post, di cose di cui parlare ce ne sarebbero. Per esempio nelle ultime quarantotto ore ce ne sono state almeno due che mi sono sembrate interessanti, che quando ho sentito ho pensato: ah! di questo devo scrivere qualcosa sul blog.
La prima è un articolo che ho letto sulla prossima trasformazione del sito del New York Times in un sito a pagamento, forse con un sistema "a tempo" oppure in base al numero degli articoli letti. È ovviamente un modo per far fronte alla crisi dell'editoria. 
Ancora non se ne sa molto ma l'articolo è qui, se volete leggerlo. 
La prima cosa che mi è venuta in mente è stata il titolo di un libro, L'ultima copia del New York Times, che descriveva la conversione del giornalismo al digitale (cosa che peraltro adesso dovrebbe diventare sempre più facile e probabile se i lettori di ebook avranno il successo che le case produttrici sperano).
La seconda cosa è che sono quasi del tutto d'accordo con quanto scrive l'articolista, con le sue analisi e le sue perplessità.
Avete letto l'articolo? fatelo che non ho il tempo di riassumere tutto.
L'unico problema vero - credo - è che la strada che sembra voler imboccare il New York Times non cambierà molto le cose, non per gli altri perlomeno. Certo, forse il NYT non perderà lettori perché qualcuno (quelli che lo fanno già ora, ad esempio) continuerà a pagare per sentire la sua voce. Ma questo accadrà in ragione della sua autorevolezza. Chi non ne ha una altrettanto alta non potrà rinunciare ad una ampia quota di informazione digitale free, la cui avanzata sembra ormai essere inarrestabile; del resto è sin dall'inizio della diffusione in rete dei giornali che qualcuno ha pensato di poter realizzare i quotidiani digitali con le stesse regole di quelli cartacei. E finora non gli è mai andata bene.

Il secondo spunto mi viene dall'amaca di Michele Serra che commenta un articolo sulle liti in tv. Scrive oggi Serra:
"Io non sono un educatore. Se il pubblico vuole bistecche, gliene do una grigliata". Così dichiara a Repubblica Cesare Lanza, autore televisivo, a commento di un 'inchiesta sulle risse in televisione. La dichiarazione è sincera e spiega tutto, o quasi, della televisione italiana (...)
Guarda caso era proprio l'articolo che mi aveva colpito ieri e che mi sarebbe piaciuto commentare. Serra fa un ragionamento ineccepibile: solo in televisione, dice, un autore non è colui che scrive ciò che pensa ma colui che scrive ciò che il pubblico vuole.
solo in televisione - come Lanza insegna - (...) l'autore quasi sempre immagina di essere il mero tramite tra i desideri del pubblico e la loro consegna a domicilio. Una specie di autotrasportatore mediatico.
Naturalmente, se un autore pensa che il suo pubblico vuole robaccia, gliene dà a vagonate. C'è una via d'uscita? Serra ne propone una etica:
Per mettere in crisi questo meccanismo basterebbe che ogni autore televisivo, poco importa di quale livello, si sentisse rappresentato da ciò che firma. così come ogni giornalista, ogni artista, ogni scrittore. Non si tratta di essere "educatori", come teme Lanza. Si tratterebbe, semplicemente, di avere a cuore se stessi. Non "il pubblico". Sé stessi.
Bellissimo.
E sacrosanto.
Peccato che la televisione (e ormai quasi tutta la televisione, esclusa forse, ancora per un po', quella satellitare) risponda esattamente ad una logica da autotrasporto mediale. Non tra gli autori e il pubblico, però. Tra la merce e il pubblico.
Il pubblico è un segmento di mercato che deve essere attratto davanti allo schermo il tempo sufficiente a trasmettergli un certo numero di informazioni pubblicitarie che vadano incontro alle sue (presunte) esigenze. Per farlo si ricorre a tutto ciò che può funzionare. Vedere due persone che discutono o litigano funziona? bene, si mettono in studio due persone che litigano. E magari si prendono a schiaffi, così funziona meglio.
E infatti tutti gli autori e conduttori televisivi spiegavano nell'articolo che bisogna smetterla con le liti in tv perché lo share cala (e se lo share cala, lo spazio pubblicitario vale meno).

Poi però, per fortuna, ci sono i programmi di cui Serra è autore. E la merce che l'autotrasportatore mediatico Michele Serra trasporta è pregiata. E io la compro volentieri


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