Abbiamo cercato infatti di raccontare due storie in parallelo.
Il racconto pubblico, quello della Rai, si concentrava sulla fase iniziale dell'emigrazione, la partenza: erano storie prevalentemente centrate su chi restava, su quanto l'emigrazione costituisse un depauperamento per le aree di avvio dell'esodo.
L'emigrazione come dramma, insomma: per chi parte e per chi resta.
Il racconto privato suggerisce invece un percorso circolare: dalla partenza da un paese povero al difficile ambientarsi nella nazione di destinazione. Dalla lenta acquisizione di usi e costumi diversi, agli sforzi per mantenere un legame con la terra di origine, legami rinsaldati a tavola, con la musica, con le visite dei parenti e dei compari. E infine, poi, il ritorno, cambiati in un paese che è rimasto lo stesso solo nell'immaginazione di chi è stato lontano per tanto tempo.
L'emigrazione come possibilità, dunque: come speranza e trasformazione.
Certo, provare a raccontare questo lungo percorso esistenziale con poche sequenze è stata un po' una sfida. E a complicarla ulteriormente c'era la contrapposizione fra due punti di vista opposti, che volevamo però ricondurre ad unità, per tentare di descrivere la complessità di un fenomeno senza rinunciare al piacere del racconto.
Solo voi potete dire se e quanto ci siamo riusciti.
Comunque, ci ha aiutato molto il fatto che alcuni dei filmini donati all'Archivio Audiovisivo della Memoria Abruzzese, e in particolare quelli del Signor Renzi (Monticelli, Teramo), sono stati sonorizzati dallo stesso cineamatore. E se questo ha posto dei problemi dal punto di vista del montaggio (come conciliare il fondo musicale scelto dall'autore con quello che avevamo deciso di mettere noi?), ci ha invece permesso di suggerire allo spettatore un preciso punto di vista, senza aggiungere cartelli esplicativi.
In questo senso, forse, la cosa più bella è la lunga sequenza di visite ai parenti e ai compari che il signor Renzi ha filmato con dovizia di particolari, identificando con nome e cognome ogni singolo personaggio su cui si sofferma l'obiettivo. Individuando i luoghi in cui i suoi amici vivevano e quelli in cui avevano lavorato. Come se, attraverso questi dettagli, potesse trovare la loro nuova identità.
Certo, occorre guardare con un po' di distacco a queste immagini, non farsi prendere dalla loro forza affabulatrice. Se non si facesse così, ci si perderebbe in una sequenza di sorrisi, brindisi, scene di serenità familiare che sono solo una parte di quella vita di abruzzesi fuori dall'Abruzzo: tutto il resto - il senso di distacco, la solitudine, le difficoltà di inserimento - rimane per lo più lontano dall'obiettivo. E del resto, anche il film di famiglia non è che la "messa in scena" di un'idea di famiglia, quasi la raffigurazione di un'aspirazione di vita.
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