gramigna



Secondo post vegetale oggi. Questa volta, però, si tratta di un'erbaccia infestante che difficilmente si riesce ad estirpare.
Fuor di metafora agraria, sono un paio di giorni che si parla di un grande ritorno di Licio Gelli sulla scena pubblica, anzi mediatica. L'ex venerabile maestro della loggia P2 condurrà a partire da domani sera un programma di storia su Odeon tv, dall'ammiccante titolo di Venerabile Italia.
La prima a parlarne è stata la Reuters:

FIRENZE (Reuters) - L'ex "venerabile maestro" della P2 Licio Gelli sta per sbarcare in tv, con un programma sulla storia del Novecento raccontata attraverso la sua vicenda personale, legata a doppio filo con alcuni dei più gravi scandali del Dopoguerra italiano.

E alla presentazione spazia da Berlusconi - l'unico, dice, "che può andare avanti" - alla legge Gelmini che riporta l'ordine nelle scuole, da Marcello Dell'Utri - "bravissima persona" - alla maggioranza che dovrebbe avere il coraggio di "affondare il bisturi".
Gelli - condannato nel 1994 a 12 anni per frode nell'ambito del processo per la bancarotta del Banco Ambrosiano - oggi è intervenuto a Firenze alla presentazione di un programma in nove puntate che andrà in onda da lunedì prossimo su Oden: una ricostruzione della storia del Novecento, dal fascismo agli anni Ottanta.
In "Venerabile Italia" alle testimonianze di Gelli - al cui passato di piduista si ispira il titolo del programma - si alterneranno commenti di personaggi come l'ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti e il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri. Nell'ultima puntata, in onda il 29 dicembre, per la prima volta sarà in studio lo stesso Gelli.
Oltre alle condanne per la vicenda P2 e per lo scandalo del Banco Ambrosiano, nel processo per la strage alla stazione di Bologna avvenuta il 2 agosto 1980 Gelli, 89 anni, fu condannato per depistaggio, e venne accusato di avere avuto un ruolo di primo piano nell'Operazione Gladio, cioè la costruzione di una rete clandestina anticomunista.
Il suo nome fu fatto anche in seguito alla morte di Roberto Calvi, coinvolto nel crack dell'Ambrosiano e trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra nel 1982. Secondo i magistrati, il "banchiere di Dio" sarebbe stato ucciso da Cosa Nostra perché si era impossessato dei soldi di Gelli e dell''ex cassiere della mafia Pippo Calò.
"SOLO BERLUSCONI PUO' ANDARE AVANTI"
Nel corso della conferenza stampa Gelli ha espresso grande apprezzamento per il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il cui nome compariva nella lista degli iscritti alla loggia massonica segreta P2 (Propaganda Due) - politici, funzionari, imprenditori, militari, giornalisti - rinvenuta nella villa sello stesso Gelli durante una perquisizione nel 1981.
"L'unico che può andare avanti è Berlusconi, non perché era iscritto alla P2 ma perché ha la tempra del grande uomo che ha saputo fare", ha risposto Gelli ai giornalisti che gli chiedevano chi, secondo lui, oggi sia in grado di attuare il piano di Rinascita Democratica, parte essenziale del programma piduista che mirava alla creazione di un autoritarismo legale fondato sull'informazione.
"Tutti si sono abbeverati [al piano di Rinascita Democratica], tutti ne hanno preso spunto. Mi dovrebbero pagare i diritti - ha ironizzato - ma non fu possibile depositarli alla Siae".
Al premier non ha comunque lesinato una stoccata: oggi dimostrerebbe infatti "un po' di debolezza perché non si avvale della maggioranza parlamentare". Chi ha la maggioranza, dice Gelli, deve usarla "senza interessarsi della minoranza... Ci sono provvedimenti che non vengono presi perché sono impopolari e invece ... bisogna affondare il bisturi o non si può guarire il malato".
E se apprezza la riforma della scuola firmata dal ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini e approvata in via definitiva due giorni fa "perché ripristina un po' di ordine", critica invece il "lodo Alfano" che conferisce l'immunità alle tre più alte cariche dello Stato: "L'immunità ai grandi dovrebbe essere esclusa, perché al governo dovrebbero andare persone senza macchia e che non si macchiano mai".
MAGISTRATURA SOLO POTERE FORTE, "TUTTO GUIDATO"
Gelli non ha dubbi, poi, su quale sia attualmente l'unico potere forte in Italia: la magistratura, "perché quando sbaglia non è previsto il risarcimento del danno".
Una magistratura, dice, che "prende decisioni su teoremi e non su prove". Come nel caso di Marcello Dell'Utri, condannato nel 2004 a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa.
"Marcello Dell'Utri è una bravissima persona, onesta e di profonda cultura", dice Gelli. "Non credo che sia mafioso. C'è una sentenza che si trascina dietro e sarà tirata fuori al momento opportuno perché tutto è guidato... Su Dell'Utri il processo non ha fatto chiarezza".
"DA LATITANTE INCONTRAI LA ANSELMI"
Gelli non ha resistito alla tentazione di raccontare un aneddoto della sua latitanza.
"Quando mi cercavano in tutto il mondo mi trovavo in Italia. Una volta a Firenze, quando alloggiavo all'Hotel Baglioni, ho incontrato in ascensore Tina Anselmi, presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta che aveva dato l'ordine di ricercarmi spendendo un sacco di soldi dei contribuenti".
Anselmi, racconta Gelli, non lo riconobbe, e lui decise di divertirsi: "Avvisai un fotografo.. quando arrivò la Anselmi le andai incontro, presentandomi come un industriale che intendeva aprire un calzaturificio Italia. Lei, entusiasta della proposta, mi invitò ad andarla a trovare in Parlamento... La foto di quell'incontro è conservata nell'archivio di Stato, coperta da segreto".
E a proposito di archivi, con chi gli chiede se davvero esista un suo archivio segreto e se quello donato allo Stato un anno e mezzo fa sia completo, taglia corto: "Archivi completi non ne ho mai conosciuti: alcune cose vengono sepolte nell'oblio e poi possono riemergere".
A quanto sembra il programma sarà un vero e proprio inno al revisionismo storico, una lettura tutta personale della storia d'Italia da parte di uno che ha fatto dei segreti, dei dossier e della disinformazione il proprio punto di forza. Ma per parlarne bisognerà aspettare la messa onda.
Piuttosto alcuni hanno notato la strana "voglia di apparire" di una persona che era sempre rimasta nell'ombra: Omar Calabrese, per esempio, ha sottolineato che per lungo tempo di Gelli era circolata una sola fotografia,
di tre quarti, espressione pacata. Un regime di invisibilità scientemente utilizzato: il segreto è il segno dei veri potenti.
Perché riapparire proprio ora? Una singolare coincidenza è data dal fatto che le altre apparizioni sulla scena pubblica di Gelli si sono avute nel 1980, l'epoca dell'apogeo e - contemporaneamente - della crisi della P2: allora si era trattato di un'intervista ossequiosa sul Corriere della Sera, controllato dalla stessa P2.
Certo, se si ha in mente il "piano di rinascita democratica" (trovi qui il testo integrale del piano e qui un passaggio della relazione di maggioranza della Commissione parlamentare Anselmi sulla P2 che spiega l'importanza del piano), progetto eversivo della P2 che, stilato a metà degli anni '70, aveva ben presente l'importanza dei mass media, è facile abbandonarsi a pensieri dietrologici.
Però, probabilmente, non c'è nulla di tutto questo ma solo una triste deriva televisiva che punta, da un lato, sullo scandalo mediatico e quindi su un possibile picco di ascolti, dall'altro sulla forza omogeneizzante e livellante della televisione per cui una trasmissione di storia può ben essere condotta da un anziano signore che si dichiara orgogliosamente fascista.

funghi



Le web tv spuntano come funghi: se digitate la parola su google avete 21.100.000 risultati. 21.100.000 funghi, non tutti commestibili, alcuni insipidi, altri velenosi.
Anche la stampa cartacea si è accorta del fenomeno, soprattutto perché se ne è appropriata la politica: si conferma una delle "maledizioni" (vabbé: caratteristiche) della televisione italiana, quella di diventare oggetto di discussione solo se è legata alla politica.
In poco tempo sono nate Youdem tv, la net-tv del Partito Democratico, e PdCI TV, quella del Partito dei Comunisti Italiani. Se Aldo Grasso, commentando la prima, aveva parlato di un impatto visivo "bulgaro" è stato solo perché non aveva ancora potuto vedere l'editoriale di presentazione della seconda.

D'altra parte anche in Parla con me, il programma della Dandini diventata recentemente striscia serale, si prendono in giro la povertà e l'improvvisazione di Youdem.
Ma non mi sembra questo il punto centrale della questione.
Il fatto è che satellite e internet stanno cambiando il modo di fare televisione, dalla selezione dei contenuti alla presenza in video. La parola chiave sembra essere "orizzontale" al posto di "verticale", una tv che parte dal basso, dai propri utenti che orientano i contenuti. Una tv "democratica", cioè trasparente, in cui gli utenti controllano e decidono, ben più di quanto possano fare con il telecomando. E' l'idea di un "uomo interconnesso", di cui parla il video qui sotto, e che si richiama ai profeti del web come luogo della democrazia diretta (o più semplicemente di blogger fortunati come Grillo).

E' anche l'idea che sta alla base di Current tv, anche se in quel caso la professionalità è molto maggiore e, soprattutto, mi sembra che ci sia uno "stile" editoriale apparentemente semplice e immediato ma che, in realtà, è molto costruito: provate voi a farvelo in casa un servizio come quelli di current e poi ne riparliamo.
E a proposito di "stile": non so a voi, ma a me questo video ricorda un incrocio fra il Minoli di Mixer e i trailer di Maccio Capatonda. Un segno dell'ibridazione della net-tv?

C'è un altro punto della questione, più legato alla "mission" di queste due neo-net-tv: entrambe sembrano voler usare il web per aggirare i costi sempre crescenti della carta stampata e la disabitudine degli italiani alla lettura . Mi sembra di capire che l'obiettivo sarebbe quello di comunicare, più che le strategie dei rispettivi partiti, le visioni del mondo di quella porzione di società che si riconosce nei referenti politici. Bene, ma quante possibilità ci sono che queste tv siano viste da un pubblico più ampio della "base" dei rispettivi partiti (come si diceva una volta)?
Youdem sembra agevolata dal fatto di essere presente pure su un canale satellitare, anche se questo produce uno strano cortocircuito fra lo standard qualitativo delle tv satellitari e il linguaggio più caratteristico del web. E però l'antesignana tv delle libertà, la prima ad andare sul satellite, si è rivelata un flop ed ha dovuto chiudere.
Per il momento stanno lì, e l'attuale fase di tensione sociale sembra essere, dal punto di vista dei rispettivi editori, la migliore situazione possibile in cui muoversi: vedremo se siamo davvero davanti ad un nuovo linguaggio mediatico oppure se si tratta di un adattamento di vecchie strategie di propaganda.

consigli per la lettura: "La Tv per sport"


Chi sapeva che il primo evento sportivo trasmesso dalla televisione italiana fu un incontro di boxe alzi la mano. Era andato in onda nel settembre 1949, nell'ambito delle prove di trasmissione da Torino e il cronista, oltre che responsabile delle attività giornalistiche, era stato Carlo Bacarelli, che così lo racconta:
Dedicammo alla boxe le prime immagini di sport. Non esistevano telecamere mobili, così allestimmo un ring nello studio C: e lì si affrontarono i pugili della scuderia di Preciso Merlo (che, alla fine degli anni Trenta, fu campione europeo dei mediomassimi). Ospitammo anche alcuni incontri di lotta libera, pesi mediomassimi: sfide tra un certo Arbore (pugliese dalla pancia enorme che combatteva con una fascia tricolore e si dichiarava campione italiano) e Fusero (piemontese dal dialetto stretto che diceva d'essere lui il campione).
E' una delle molte curiosità che si possono trovare nel libro di Pino Frisoli, La Tv per sport, edito da Tracce (2007), una lettura agile, ricchissima di informazioni e aneddoti, che ricostruisce i rapporti fra televisione e sport, con una certa preferenza per lo sport che - oggi - è il più televisivo di tutti, il calcio.
Il libro è costruito per capitoli molto brevi che vanno dagli "anni del bianco e nero" (titolo della prima parte) alla pay tv, passando per il contrastato approdo al colore e alla lotta Berlusconi/Rai combattuta senza esclusione di colpi sin dai tempi del mundialito. Costruito essenzialmente su fonti giornalistiche, il libro è una veloce ma ricca cronaca del modo in cui lo sport è diventato una delle colonne portanti dello spettacolo televisivo, che non potrà che piacere agli sportivi televisivi.

Le mani su Palermo


Ieri sera solo il 7.24% degli spettatori era sintonizzato su Rai Tre. Mentre la maggior parte del pubblico italiano si divideva tra "I migliori anni" e un film con Jim Carrey, una dura e bella docufiction, Le mani su Palermo, mostrava come funziona la mafia, in particolare quella del boss Lo Piccolo, attraverso i documenti originali della polizia di Stato.

L'impianto è assolutamente originale, e sfrutta al meglio la capacità narrativa della televisione: un incrocio tra documenti e fiction, girata peraltro benissimo, consente allo spettatore di entrare nel sistema di potere di Cosa Nostra permettendogli appena di avvicinarsi a capire quanto esso sia pervasivo e fondato sulla "normalità". Una normalità agghiacciante: strangolare un uomo - dice un pentito - era una cosa normale, ci vogliono due minuti.
Forse il passaggio più inquietante era comunque il "viaggio" nello Zen, quartiere di Palermo che è come un pezzo di luna capitato sulla terra, una zona dove - come nella Gomorra cinematografica, a cui la ricostruzione visiva qualcosa, probabilmente, deve - vigono regole diverse rispetto al resto d'Italia.

Non è la prima volta che la Rai produce docufiction di questo calibro e, anche se Le mani su Palermo mi è sembrata meno forte delle precedenti, in particolare di Scacco al re, resta comunque una di quelle produzioni che mostrano la forza della televisione quando è ben fatta. Peccato che molti preferiscano distrarsi con le fiction crime d'oltreoceano (sempre ieri sera Csi: Miami è stata vista dal 13,02% degli spettatori) piuttosto che guardare alle crime stories di casa nostra: forse la differenza è solo in quella parolina, docu, che, pur seguita da fiction, desta una leggera inquietudine e impedisce di addormentarsi tranquilli.

p.s. la foto è di Letizia Battaglia

nuovi assetti

Nuovo governo e nuovi assetti in corso di sistemazione.
Di fronte alla necessità di fare un governo snello, con meno ministeri è stata presa la decisione di accorpare quello delle Comunicazioni al Ministero dello sviluppo economico: non c'è più un ministro ma solo un sottosegretario, Paolo Romani, uomo competente nel campo televisivo (che rivendica la quasi paternità della legge Gasparri).
Di fronte alla centralità delle comunicazioni, anche a fronte dell'importanza economica della banda larga o del wi-max, mi sembra che questa decisione possa lasciare perplessi. E il conflitto d'interessi? e la risistemazione della Rai di cui parlava il disegno di legge Gentiloni? Non credo che ne sentiremo parlare più.
Però oggi possiamo sentire le parole di Romani, intervistato da Klaus Davi, massmediologo. In tv? no, su internet, sul canale che lo stesso Davi ha creato su Youtube, Klauscondicio. Eccone un passaggio

C'è molto altro, e chi vuole può andare a vederlo qui.
Fra le altre cose si commenta una decisione della Rai di cui si discute molto in questi giorni e che dovrebbe diventare operativa dal prossimo autunno

il trasferimento di Primo Piano, l'approfondimento del tg3, in tarda serata: la striscia di seconda serata dovrebbe essere occupata da una versione ridotta di Parla con me di Serena Dandini.
Questo è quello che pensa il sottosegretario:


E la polemica, come si suol dire, divampa...
ci sarà molto da vedere e da commentare nei prossimi giorni. Voi che ne pensate?

scorie

Sono stato zitto quasi un mese. Non mi sembrava il caso di intervenire in un blog come questo durante la campagna elettorale, anche se ci sarebbero diverse riflessioni da fare sugli aspetti mediatici che le abbiamo visto prendere quest'anno. Forse farò qualche post su questo tema ora che i giochi sono fatti e che il clima è più disteso.
Però quello che ho appena visto sul sito del Corriere della Sera merita di essere condiviso.

Si tratta di uno spezzone di un programma della Gialappa's Band in cui si rivelano gli esordi di Michela Vittoria Brambilla, sottosegretario al Turismo e presidente dei Circoli della Libertà e della TV delle Libertà. Il neo-sottosegretario, come fanno notare i Gialappi, mostrava già allora una spiccata attenzione per il turismo e una notevole predisposizione per la televisione.
Certo, vedendo il programma non si può non fare ironia.
Però forse si può fare anche mente locale su quanto abbia significato la tv privata di marca Fininvest-Mediaset per questo paese. Una riflessione che forse sarà oggetto di un prossimo post. Per ora, gustatevi il filmati a questo link

il trionfo dell'uomo medio

La televisione sembra ciclica, una grande spirale che prima o poi ti riporta al punto di partenza.

Ieri si è conclusa l'ultima edizione del Grande Fratello, l'8°, la peggiore mai realizzata a quanto dicono (confesso: stavolta non sono riuscito a vedere nemmeno la parodia che ne fa la Gialappa's Band).
Il vincitore è Mario Ferretti, trentenne umbro, muratore, sposato e padre, che si autodefinisce ignorante e che ha dichiarato di voler usare la sua vincita per piantare il lavoro, aprirsi un agriturismo, aiutare qualcuno che ne ha bisogno e magnarsela pure un po'.
Fate un confronto mentale con le precedenti edizioni, pensate un po' agli altri concorrenti delle altre volte (e ad alcuni di questa volta): non erano uomini e donne, nonostante la finzione, erano creature televisive, palestrate, tatuate, sfarfalleggianti, griffate, contenitori apparentemente vuoti da riempire di qualcosa.
Questo, al confronto, è un uomo qualunque, medio.
E ha vinto.
E se vince la medietà, vinciamo un po' tutti noi. Non torna alla mente quanto scriveva Eco a proposito delle virtù di Mike Bongiorno, il mediocre (nel senso di "colui che sta nel mezzo", quindi medio) conduttore di Lascia o raddoppia?
La televisione che voleva imitare la vita (ricordate The Truman Show?), e che finiva invece per imitare se stessa, celebra la sua nuova star nell'uomo comune.
Un altro giro della spirale è concluso. Da domani si ricomincia.

p.s.
Ne ha parlato anche Gianluca Nicoletti a Melog.
Se non conoscete la trasmissione è il caso di recuperarla, anche in podcast: l'analisi che Nicoletti fa giornalmente del mondo televisivo, ma non solo (ultimamente si è allargato agli universi virtuali), sono sempre argute, spesso ricche di spunti che meriterebbero ampi approfondimenti.
Se qualcuno vuol farmi sapere che cosa ne pensa, mi trova sempre (vabbé, sempre...) qui.

guerre mediatiche

David Barstow ha pubblicato un articolo sul New York Times, oggi ripreso da Repubblica, in cui afferma che il pentagono ha preparato l'opinione pubblica alla guerra in Iraq usando degli esperti militari, con proficui rapporti con i contractors. Esisterebbe dunque
un rapporto simbiotico nel quale le corrette linee di demarcazione tra governo e giornalismo sono state eliminate.
L'idea alla base di questo gigantesco orientamento dell'opinione pubblica è che
in una cultura mediatica satura di persuasioni occulte, l'opinione pubblica è influenzata dalla voce di chi viene percepito come figura autorevole e indipendente.

Così, ancora prima dell'11 settembre, erano state individuate persone autorevoli e in procinto di andare in pensione (quindi indipendenti) che avrebbero potuto, se opportunamente addestrate, sostenere le tesi dell'amministrazione centrale, la necessità di un attacco all'Iraq.

Ancora una volta viene confermata la tesi che la guerra in Iraq è stata avallata dall'opinione pubblica grazie ad una gigantesca operazione di costruzione del nemico.
Ancora una volta il sistema mediatico si dimostra fragile e manipolabile.
La buona notizia è che gli anticorpi a queste manipolazioni sono all'interno dello stesso sistema mediatico, quand'esso è intimamente democratico.

Avevate dubbi?

Le domande retoriche sono belle perché non richiedono una risposta. Però nell'era dell'abbondanza le risposte non mancano. E allora ecco come rispondono i diretti interessati al quesito che ponevo nell'ultimo post: non sarà che dietro lo spezzettamento del campionato, con tutti i problemi che esso comporta sul piano squisitamente "sportivo", ci sono gli interessi delle tv?
Leggete qui e qui per avere anche voi delle esaurienti risposte. E fatevene una ragione, come dice Matarrese.

Ah, e grazie a Pino Frisoli che mi ha segnalato questi passaggi :)

Ancora sullo sport in tv

Torno sull'argomento sport e tv per riportare il testo di un'intervista a Pino Frisoli, autore del libro di cui ho parlato qualche tempo fa. E' apparsa su "Il Centro": curata da Paolo Di Vincenzo e intitolata La tv per sport. 50 anni di successi, è stata pubblicata il 19 marzo scorso.
Un viaggio lungo 50 anni attraverso lo sport nella televisione italiana.
E’ quello compiuto da Pino Frisoli nel volume «La tv per sport» (Tracce, 144 pagine, 10 euro), con l’ambizione di evidenziare quanto sia stata grande l’importanza della programmazione sportiva fin dalla nascita di quell’elettrodomestico che stava per cambiare la vita degli italiani.
Le cose da scoprire sono tante. A partire dall’età della tv italiana.
Pino Frisoli, 39 anni, milanese, impegnato come consulente editoriale, ha rilasciato alCentro l’intervista che segue.
Lei analizza tutta la tv italiana, ma c’è stato un momento, a metà degli anni Settanta, in cui le nascenti tv locali provocarono un piccolo terremoto.
«Le emittenti private hanno cambiato tutta la tv in Italia, in realtà l’inizio è da individuare nella tv Svizzera e Capodistria che aprirono il fronte nel monopolio Rai. A metà anni Settanta proprio una tv di Pescara aveva aperto il casus belli con la Rai perché aveva iniziato a riprendere le partite di calcio del Pescara. Quindi l’importanza dello sport nelle tv locali ha un inizio proprio in Abruzzo e a Pescara in particolare».
Com’è oggi la situazione del calcio e dello sport in generale sul piccolo schermo?
«I grandi appuntamenti rimarranno nei canali generalisti, anche se nulla sarà più come prima. Recentemente è stata diffusa la notiza che Sky ha acquistato i diritti per le Olimpiadi. Ciò vuol dire che le gare principali saranno viste anche sulla Rai ma molto altro non sarà disponibile se non a pagamento. D’altronde è già capitato con i Mondiali di calcio in Germania. La Rai ha avuto la possibilità di trasmettere un pacchetto di partite, ma tutte le altre erano a pagamento. Già dal prossimo anno potrebbe accadere che anche il calcio in serie A avrà ulteriori limitazioni. Si parla di poter vedere i gol solo in tarda serata. La pay tv prenderà il sopravvento».
Molti personaggi che trattano lo sport sul teleschermo hanno un passato nelle piccole (e grandi) tv regionali.
«Sì, anche in questo lo scossone delle emittenti locali è stato importante. Tra i tanti faccio il nome di Maurizio Mosca. Fino agli anni Settanta noi conoscevamo giusto il conduttore della domenica sportiva. Questo fenomeno, in generale, ha portato a una grande visibilità di tutti i giornalisti sportivi, anche quelli della carta stampata. E poi c’è stato un genere nato a metà degli anni Settanta, quello che potremmo generalmente indicare come il programma alla Biscardi, il talk show sul calcio che ha creato tanti personaggi. E poi, certo, ci sono i vari Sandro Piccinini, Marco Civoli che hanno cominciato nelle emittenti locali».
L’ampliamento dell’offerta ha portato a un abbassamento della qualità?
«Inevitabilmente sì. Quando si deve scegliere tra poche partite si può scegliere il massimo, quando ce ne sono tante è ovvio che il livello non può essere altissimo. Come pure quando vediamo le trasmissioni “urlate”, a cominciare dal “Processo del lunedì” che è un po’ il capostipite, la qualità non è certo elevata. Questo genere di trasmissioni danno spazio agli istinti più bassi e accade anche con personaggi insospettabili. Mughini, per fare un nome, molto stimato da un punto di vista culturale, non è al suo massimo quando va a “Controcampo”. Naturalmente lo sanno anche i protagonisti. Certo, se all’inizio in Rai c’era anche una attenzione alla dizione, a me piaceva moltissimo Nando Martellini, oggi non c’è niente di tutto questo. Però, evidentemente, il pubblico gradisce».
Nei 50 anni di sport che lei ha analizzato, quali sono i momenti da preservare e tutelare?
«Tantissimi, ovviamente, a cominciare dal primo grande appuntamento in tv: le Olimpiadi del 1936. In Italia sicuramente il 5 febbraio 1950, la prima partita in tv (Juventus Milan 1 - 7), trasmessa solo a Torino e dintorni. E già allora c’erano qualche centinaio di spettatori (la tv cominciò a trasmette- re regolarmente nel 1954, ndr). Le Olimpiadi di Roma del 1960 sono state le prime viste quasi in tempo reale in tutto il mondo, non in diretta perché non c’erano i satelliti. Poi l’arrivo del colore, stabilmente dal 1976. Un’altra data fondamentale è il Mondiale 2006, il primo in cui la Rai non ha avuto l’esclusiva. Ma quello delle pay tv è un fenomeno mondiale senza alcuna possibilità di tornare indietro».

L'argomento è sicuramente interessante anche per i non sportivi-da-poltrona come me. Mi viene in mente che la penultima giornata di campionato è stata giocata con la strana modalità di una partita disputata con il posticipo e mezzo: cioè quando le altre partite erano già cominciate. Motivazioni? Non so quali siano quelle ufficiali ma mi viene in mente che l'unica vera fosse ottenere un riscontro di pubblico. Alla faccia dello sport.

Trent'anni dopo

La televisione italiana sta profondendo energie per ricordare Aldo Moro a 30 anni dal rapimento e dall'uccisione per mano delle BR. Dopo una bella puntata speciale di Ballarò sul terrorismo (con emozionanti passaggi della lettura pubblica che Zingaretti ha fatto all'Auditorium di Roma dello splendido libro di Mario Calabresi Spingendo la notte più in là) e dopo uno speciale Enigma, nei giorni scorsi la Rai ha tramesso un altro approfondimento, uno Speciale TG1 intitolato Se ci fosse luce sarebbe bellissimo, un titolo evocativo che riprende una delle frasi delle lettere di Moro.
Ne hanno parlato sia Aldo Grasso che Antonio Dipollina, i critici televisivi dei due principali quotidiani, rispettivamente "Corriere della Sera" e "Repubblica".
Ecco i loro testi.
Grasso scrive

Il pregio più grande di «Se ci fosse luce sarebbe bellissimo», lo speciale del Tg1 a cura di Alberto Melloni e David Sassoli dedicato alla strage di via Fani e al rapimento di Aldo Moro (domenica, Raiuno, ore 23.50), è quello di aver tentato un azzardo linguistico inconsueto per i programmi di approfondimento. Nato da una riflessione del gruppo bolognese della Fondazione per le scienze religiose, il lavoro ha cercato non solo di ricostruire la sequenza di quel drammatico rapimento, la vicenda umana dello statista e dei sui familiari, l' abbandono delle famiglie degli agenti della scorta da parte delle istituzioni, ma si è interrogato continuamente sul senso della memoria. Ricordare significa non dimenticare i fatti ma anche la lingua dei sentimenti: per questo lo schermo televisivo è stato tripartito. A sinistra c' è lo statista colto nel momento pubblico dei suoi discorsi (parla una lingua desueta, quasi incomprensibile); al centro il resoconto dei media, il materiale d' archivio, le terribili immagini della sparatoria; a destra, infine le interpretazioni, i commenti, i tentativi di spiegazione. Nel bel mezzo dello studio una cella di garza, un metro per tre, ricordava quella reale in cui Aldo Moro è stato tenuto prigioniero, mentre su alcune tribune sedevano Agnese Moro, Maria Ricci, vedova di un agente ucciso in via Fani, Miguel Gotor, lo storico che ha pubblicato un' edizione critica delle lettere di Moro. La sfida più interessante è stata quella di rispondere alla complessità della vicenda con la complessità dell' esposizione linguistica. Da segnalare, per il trentennale della morte di Moro, le 60 ore di programmazione di RaiSatExtra (gli ultimi 55 giorni raccontati attraverso i tg) e le conversazioni radiofoniche di Corrado Guerzoni (Radiodue, dal 24 marzo), il suo più stretto collaboratore, non dimenticato conduttore di «Radiodue 3131». Da non perdere.

Questo invece è quanto dice Dipollina:
Aldo Moro senza "il caso Moro". Senza, cioè, l'infinito campionario di ricostruzioni, dietrologie e appelli a diradare dopo trent'anni i segreti e il non detto. Era lo scopo che si proponeva domenica in tarda serata lo "Speciale TG1": sono giornate di ampie ricorrene mediatiche, in tv ognuno sceglie la propria angolazione. Nell'occasione, non si voleva certo cassare il gran finale tragico di una storia politica: piuttosto, appunto, cercare un'angolazione abbastanza complessa. Lo schermo diviso in tre parti per quasi tutto il tempo, solo una delle tre, a turno, si animava di immagini e parole: in quella a sinistra c'erano i momenti cruciali del Moro politico e statista, quello che sarebbe entrato dritto nella storia per le qualità di tessitore, aggiratore "a fin di bene" di qualunque questione cruciale e intanto costruttore di scenari complessi quanto decisivi, come quello della convergenza verso la solidarietà nazionale che lo avrebbe perduto. Le altre due fasce dello schermo si animavano per ricordare con sincronia cronistica i momenti più intensi di quei 55 giorni, dall'appello del Pontefice alla tv in diretta di allora - con quello sconcertante tg che annuncia il ritrovamento di un corpo in via Caetani e una voce imperiosa che arriva in interfonico e ordina di interrompere tutto. In studio, David Sassoli con ospiti in un compito arduo di cucitura ma cogliendo spunti importanti su cui si può ragionare col senno di poi. Da segnalare, per una rievocazione impersonale ma molto efficace la serie di puntate in onda su Raisat Extra per i prossimi cinquanta giorni, in parallelo con trent'anni fa, con i tg di allora, ogni giorno alle 13.30.

Mi piace la Corrida... che ci posso fare???

C'è chi dice che la Corrida sia una programma per "vecchi" e che abbia ormai fatto il suo tempo. Io non lo credo. Gerry Scotti ieri ha detto che la Corrida è l'ultimo varietà rimasto nella tv italiana: ha ragione. Tanto per cominciare è uno dei pochi programmi, se non l'unico, in cui tutto avviene dal vivo, e mi riferisco in particolare alla musica dell'orchestra diretta dal mitico Roberto Pregadio, simpaticissimo e competente professionista. Secondo, il coinvoilgimento del pubblico è altissimo. Terzo, la genuinità dei "dilettanti allo sbaraglio" rende la trasmissione divertente e popolare. I premi in palio non sono "milioni di euro"... segno che chi partecipa alla trasmissione non lo fa per soldi, ma per divertimento e per avere un proprio momento di gloria.
La Corrida poi mi ricorda particolari momenti dell'infanzia: il sabato sera dai nonni (quando il nonno c'era ancora...), quelle esibizioni bizzarre e quel semaforo il cui rosso era il "Via!" agli applausi o, molto più divertente, ai fischi ed ai concerti di pentole e coperchi. A condurre la trasmissione c'era ancora Corrado, pietra miliare nella storia della radio e della televisione italiana.
Il conduttore oggi è cambiato, ma la trasmissione è rimasta pressochè uguale, e sinceramente spero che lo rimanga per tantissimi anni.

sport e televisione


Scrivo mentre la televisione trasmette la partita Inter-Liverpool, un momento adatto a quanto vi presento oggi. Vi segnalo l'uscita di un libro che potrebbe interessare qualcuno di voi: Pino Frisoli, La tv per sport, edito da Tracce.
Ne ha parlato anche Aldo Grasso sul Corriere della Sera e, da quanto ho letto, sembra un testo interessante.
L'autore, che mi ha gentilmente segnalato l'uscita del suo libro, me lo ha descritto così:
Nel libro, interamente dedicato allo sport nella
televisione italiana e che rivisita il rapporto
tra la Tv e le attività sportive dai tempi del bianco
e nero a quelli del satellite e del digitale, si parla
di alcuni eventi e trasmissioni sportive che hanno
fatto la storia della televisione in Italia. Tra gli
argomenti trattati, la prima partita trasmessa in Tv
in Italia, Juventus-Milan il 5 febbraio 1950; il primo
Gran Premio di Formula Uno trasmesso, a Monza il 13
settembre 1953; il primo anticipo calcistico
televisivo, nel 1955; il primo “Tutto il calcio minuto
per minuto” trasmesso in Tv, nel febbraio 1976 in
occasione del Torneo di Viareggio; la nascita di
trasmissioni storiche come la “Domenica sportiva”,
“90° minuto”, “Eurogol”, “Il processo del lunedì”; i
programmi sportivi della Svizzera e di Capodistria; i
primi eventi sportivi trasmessi da Canale 5 come il
Mundialito in Uruguay per nazionali e quello per club
organizzato pochi mesi dopo a Milano; la nascita della
Tv a pagamento e della pay-per-view e tanti altri
episodi poco conosciuti, curiosi e spesso divertenti,
che hanno fatto la storia della Tv in Italia
Non pensate che il fatto che Frisoli, nella sua mail, abbia gentilmente definito questo blog come "bello" renda doverosa la segnalazione?
Il libro costa anche poco, solo 10 euro: se qualcuno ha occasione di leggerlo, non si scordi di darci il suo giudizio. Io lo farò appena l'avrò letto.

E sono quaranta!


Ancora una commemorazione televisiva.
Riprende La Corrida, trasmissione inizialmente radiofonica che iniziò ad essere messa in onda nel 1968 (qui trovate il link ad una storia della trasmissione)
La trasmissione è divertente (se non vi imbarazza vedere gente che fa brutta figura in televisione) ma la domanda sorge spontanea: oggi che la televisione è fondata per gran parte sul dilettantismo, che senso ha fare ancora una trasmissione che sottotitolata Dilettanti allo sbaraglio?

Ancora sui processi mediatici

Torno sull'argomento del post precedente trascrivendo la rubrica sulla televisione di Antonio Dipollina pubblicata oggi da Repubblica. S'intitola A processo in corso, la strage di Erba diventa fiction. Leggete :
...l'altra sera su Canale 5 è passato alla chetichella l'episodio dei "Ris" che metteva in scena il delitto di Erba. Condensando tutto nella prima ora di programmazione, Flaherty e gli altri hanno recitato il mostruoso delitto mentre il processo è in pieno svolgimento (...). Per qualche motivo - compreso il fatto che non è stato predisposto nessun lancio epocale, con parecchia prudenza - la rappresentazione non ha destato scandalo: Erba, in fondo, è materia ormai ampiamente televisiva. In settimana si è vista a Matrix la confessione resa in prima istnza da Rosa Bazzi: sempre a Matrix, tempo fa, il delittaccio era stato già presentato in forma di fiction, con risultati inapprezzabili. I Ris di Canale 5 (...) non sono andati troppo per il sottile: hanno preso attori incredibilmente somiglianti a quelli veri, hanno descritto le indagini e hanno fermato tutto all'epoca della piena confessione dei due. A quel punto ci stava anche la rievocazione della scena del delitto con coltellacci e pianti di bimbo. La questione sembra destinata ad andare in archivio velocemente, in un panorama tv in cui ogni tanto succedono cose da fine del mondo e ogni tanto no, ma i meccanismi con cui questo avviene sono sempre più sfuggenti: in fondo si è già con la mente altrove e non è successo niente di particolare. Forse. Fino alla prossima volta, inseguendo una logica che semplicemente non esiste, e che è del tutto inutile cercare.
Già, qual'è la logica che presiede allo scandalo televisivo, o per quello che la televisione trasmette?
E qual'è la logica che presiede alla scelta di costruire una sceneggiatura su un evento così traumatizzante come la strage di Erba mentre il processo non è ancora concluso?

processi mediatici

E' ora di pranzo e la tv è accesa sul tg5. Una delle notizie riguarda il processo per il delitto di Erba: Rosa Bazzi parla in aula. Bene, fin qui niente di nuovo: mi interessa poco la cronaca e ascolto distrattamente finché non inizio a sentire la confessione dell'imputata. Allora guardo con più attenzione. Ha confessato in aula? il processo dunque è finito... ma non mi sembrava di averlo sentito fra i titoli. E infatti non è una confessione in aula. E' la registrazione di una confessione fatta a qualcuno (a chi non lo dicono, oppure ero distratto): sotto c'è il marchietto dell'esclusiva. Mi pare di ricordare che la Bazzi abbia parlato con quel criminologo che adesso ha praticamente lo studio in televisione, Bruno: magari il video arriva da lui; ma forse mi sbaglio.
E comunque non ha importanza.
Perché mi ricordo anche che nemmeno venti giorni fa il garante delle telecomunicazioni aveva richiamato l'attenzione dei mass media sul non fare processi in tv (anzi qualcosa di più... lo potete vedere qui): era seguito dibattito ampio e circostanziato sui giornali, come si usa dire.
Ma allora?
Qui non si tratta di ricostruire processi in tv.
Qui il processo lo fa la tv: e nemmeno in uno speciale, ma durante il tg che si guarda comunque, per informazione generica... tralascio anche di dire che immagini vengono montate sulla confessione, potete immaginarlo (o forse no: non sono quelle dell'aula, sono le riprese della scientifica, girate ad incendio appena spento, con sangue fresco appena rappreso in terra).
E' informazione, e dunque va bene così?
oppure c'è qualcos'altro, una qualche forma di morbosità (che forse un servizio pubblico come il telegiornale non dovrebbe ricercare ed esibire)?

L'ultima giornata del festival, vista da Elenoir

Bene, che dire ragazzi!La serata finale della sezione giovani si è conclusa con la vittoria dei Sonohra con l'orecchiabile ma strasentita "L'Amore". Secondi La scelta con il brano "Il nostro tempo"(carina, niente di più) e terzo il 17enne Jacopo Troiani e la sua "Ho bisogno di sentirmi dire ti voglio bene".
Premesso che al primo posto avrei preferito gli esilaranti Frank Head che si aggiudicano il non meno meno prestigioso premio della critica "Mia Martini", quest'anno i giovani, fatta eccezione per alcuni, non sono stati poi questo granchè!
Buoni gli ascolti di ieri anche se la serata si è conclusa alle 2:00 di notte!
I superospiti italiani, tra cui una sofisticatissima e travolgente Giorgia e un ottimo Jovanotti in duo con Ben Harper, hanno regalato prestigio al Festival e hanno rialzato il livello musicale. Notevole l'interpretazione di Fiorella Mannoia, grande cantautrice ed insostituibile interprete.
Non resisto...vi lascio il mio pronostico per il podio di stasera:
1.Sergio Cammariere
2.Frankie hi 'nrg
3.Mietta
Bravi anche Mario Venuti e Tricarico. Chi vivrà vedrà...anzi chi non dormirà saprà!
A domani!
Elenoir

la cronaca della penultima giornata

Ecco il nuovo commento di Elenoir:

Continuaimo le cronache web da Sanremo parlando un po' della serata del giovedì: Baudo ha lasciato inalterato il geniale assetto della serata introdotto da Bonolis con grande successo.I big si esibiscono affiancati ad artisti e personaggi noti creando uno spettacolo nello spettacolo. Notevole Max Gazzè con Marina Rei e Paola Turci, impegnati e travolgenti Cristicchi e Frankie 'nrg, molto ritmata e ben eseguita la, già bella, Baciami adesso della premiata ditta Mietta-Neri per caso. Gli ascolti si risollevano, malgrado la gaffe di Baudo e le tensioni tra Tiromancino e Frankie nel Dopofestival casinista e movimentato di Elio e le storie tesi. Per ora è tutto, a domani con la recensione della finale dei giovani!
Elenoir

cronaca di Sanremo 2008 by Elenoir

Iniziamo l'avventura del resoconto sanremese dell'edizione 2008;anzitutto i dati auditel ahimè disastrosi della seconda serata, quella di mrtedì:36,46% di share, uno dei risultati più bassi dal 2000. Evidentemente non è bastata la taranta della Guaccero nè gli artisti della scuderia di Baudo:Mario Venuti e Grignani a cui Luzzatto Fegiz, dalle pagine del Corriere attribuisce voto 7,5 né tantomeno la poeticità del testo di Cammariere (voto 8)!Ieri il Festival ha riposato, confidiamo nella ripresa per questa sera.In attesa di goderci il giovedì Sanremese ci aggiorniamo a domani!
Eleonora

(l'ho spostato io dai commenti, dove si sarebbe perso)

Rieccolo!

L'evento televisivo italiano per antonomasia è ripreso. Grandi novità quest'anno, dicono i giornali. La musica innanzitutto. L'ironia e l'irriverenza di Chiambretti metteranno in difficoltà "Superpippo"? E come andrà col dopofestival di Elio? E che ci fa Frankie Hnrg a Sanremo?
Insomma, tutto nuovo nel solco della tradizione.
Tutto nuovo?
Beh, non proprio tutto tutto. Fra i big c'è anche Little Tony. Forse sarebbe meglio dire fra gli old, visto che stava già sul quel palco esattamente 40 anni fa.



Era il '68. Sarà forse anche questo un modo di ricordare l'anniversario di quel fatidico anno?

troppa violenza in tv?

Il comitato per la tutela dei minori in tv ha presentato il consuntivo dell'applicazione del codice di autoregolamentazione tv e minori per il 2007, segnalando la propria preoccupazione per la crescita della violenza in televisione, anche nelle fasce protette.
Il comitato ha sottolineato come il 2007 sia stato un anno "violento" in televisione: non solo per la presenza di alcuni telefilm (come Criminal Minds) la cui trama presenta momenti di efferatezza, o come cartoni animati (come Dragonball) particolarmente violenti, ma soprattutto per la grande percentuale che i tg dedicano alla cronaca nera. Emilio Rossi, presidente del Comitato, ha fatto notare il caso di una trasmissione giornalistica che presentava 14 servizi di cronaca nera su 20.
Al di là della protezione dei minori (e avrei qualcosa da obiettare sul considerare Dragonball come un cartone animato diseducativo per la violenza) mi sembra che il rapporto segnali soprattutto il decadimento della televisione: ma c'è anche da chiedersi come il pubblico recepisca questo aumento della cronaca nera nei telegiornali. Ultimamente mi avevano colpito le notizie sul processo per il delitto di Erba, con i posti limitati in aula presi d'assalto da cronisti e cittadini: un'attenzione spropositata da parte della stampa o c'è veramente voglia di sangue, per così dire?

il futuro della televisione?

Forse questo è il futuro della televisione (attenzione, per ora il futuro è in inglese... però se ne parla anche in Italia).
Si chiama current tv e presto sarà attiva anche in Italia. Si tratta della prima televisione realmente interattiva che nasce da internet.
C'è un sito a cui si possono mandare i propri contenuti (uno spot, un servizio giornalistico, uno spettacolo...) che verranno valutati dalla comunità degli iscritti al sito: i migliori verranno poi mandati in onda, previo naturalmente compenso per gli autori. Insomma: chi si sente abbastanza creativo può veramente provare a fare televisione.
Mi sembra che apra scenari veramente interessanti...

illetteratismo

Siete anche voi affetti da illetteratismo? Sembra che molti studenti universitari, e poi laureati, lo siano: addirittura
21 laureati su cento non riescono ad andare oltre il livello elementare di decifrazione di una pagina scritta

E' in sostanza una specie di analfabetismo di ritorno, una incapacità di usare correttamente le parole, di riconoscere quelle difficili, di dirimere un'ambiguità lessicale. E' uno dei tanti effetti di un mondo immerso nella comunicazione ma che riesce sempre più difficilmente a comunicare: nasce dalla mancanza di letture, dalla desuetudine allo scrivere, dall'incapacità di tradurre in forma scritta il pensiero. Fa agio sulla pigrizia (sono stanco per leggere...) e sull'offerta di alternative meno impegnative (non leggo il giornale perché basta collegarsi ad internet - o accendere un canale all news - per essere informati: ma è davvero così?).
E' un problema che non può non preoccupare chi si occupa di comunicazione.

Qui trovate un'inchiesta di Repubblica di oggi, un'inchiesta in cui - devo ammettere con rammarico - ho trovato molte assonanze con l'esperienza diretta della correzione delle tesi. Sono però fiducioso nella vostra capacità di smentire il mio scoramento, con osservazioni acute e commenti adeguati...

europa 7

C'è una novità nella vicenda di Europa 7, la "tv fantasma" che rende il caso italiano ancora più anomalo. E' una notizia di qualche giorno fa ma che non avevo avuto finora tempo di postare: l'alta corte di giustizia europea ha riconosciuto all'emittente il diritto di trasmettere sulle freqeunze che aveva legittimamente acquistato e che sono "occupate" da Rete4.
Qui c'è la notizia, nella versione di Repubblica. Qui invece c'è la sentenza, pubblicata sul sito di Europa 7.
Bisognerà tornarci, anche per fare un po' di chiarezza su tutta l'intricata vicenda.

Peppino Ortoleva, Un ventennio a colori

Peppino Ortoleva, Un ventennio a colori. Televisione privata e società in Italia (1975-1995), Giunti Firenze 1995

Apparentemente simile al volume di Menduni, quello di Ortoleva è più attento all'analisi dei processi mediatici e politici che hanno interessato e coinvolto la televisione tra anni Settanta e Novanta. Secondo Ortoleva il sistema televisivo italiano è
sul piano quantitativo come su quello qualitativo unico al mondo. (p.6)

Esso è caratterizzato principalmente da due fattori:
  1. l'intreccio inestricabile fra sistema politico e sistema televisivo (non spiegabile in modo semplicistico né con l'idea della colonizzazione della televisione da parte della politica, né con l'ipotesi della "videocrazia");
  2. la corrispondenza fra l'evoluzione della televisione (in particolare con l'arrivo della tv commerciale) e della società nel suo insieme.
Si tratta dunque di un libro più "politico" del precedente, dove la valutazione del sistema della televisione commerciale non è neutra - ma non per questo è meno acuta - , e con una maggiore attenzione ai profondi riflessi che la televisione ha avuto sulla psicologia collettiva sin dall'avvento del colore: un saggio, dunque, meno manualistico e più interpretativo.

E. Menduni, Televisione e società italiana 1975-2000


Enrico Menduni, Televisione e società italiana 1975-2000, Bompiani, Milano 2002

Il libro si concentra su uno dei periodi cruciali della televisione italiana, quello dell'affermazione del modello commerciale e della formazione del peculiare duopolio italiano. Secondo Menduni il periodo compreso fra 1975 e 2000

appare contraddistinto da una forma culturale propria, da una autonoma tessitura di rapporti con la società, la politica e la cultura (p.18).


Il libro disegna la cronaca della fine del modello bernabeiano di televisione pubblica, che aveva accompagnato gli anni del boom economico e che aveva portato avanti un preciso progetto culturale e industriale, e dell'affermazione della televisione commerciale. Lo fa descrivendo non solo l'alternarsi delle fasi politiche, ma anche attraverso un'analisi del cambiamento dei programmi e dei palinsesti, nella convinzione che il sistema televisivo formatosi in quegli anni abbia in qualche modo saputo rappresentare la società italiana di quel periodo.

Internet vs TV

Con un esercizio di futurologia tutto da verificare qualcuno ha predetto che nel 2008 internet supererà la tv (Web-tv l'anno del sorpasso, "La Repubblica", 2 gennaio 2008).
Secondo i risultati di una ricerca della School of Management del Politecnico di Milano e della Nielsen, infatti, il 54% degli italiani preferisce passare le ore della prima serata televisiva collegato a internet piuttosto che davanti alla tv. Secondo altri dati, che in parte confermano questi risultati, l'82% dei giovani europei (tra i 16 e i 24 anni) passerebbe la maggior parte del proprio tempo libero collegato a internet.
Si tratta davvero del "sorpasso"? Molto più probabilmente, come sempre accade per i media, c'è una convivenza, una compresenza di strumenti diversi che non si annullano a vicenda; anzi, in un futuro non molto lontano potrebbero interagire per costruire nuove forme di narrazione.
Inoltre bisognerebbe confrontare questi dati con altri indicatori, come ad esempio la diffusione della banda larga (e sembra che in Italia la percentuale non vada molto oltre del 15% - delle utenze? del territorio coperto? i dati riportati dal giornale non sono chiari), oppure le attività che si compiono quando si è collegati: sempre secondo i dati di Repubblica il 32% fa download di musica (e il 18 di film o video), il 13% ascolta la radio, il 17 guarda la tv, film o videoclip, tutte attività che non vanno molto al di là della fruizione di un media più tradizionale.
Insomma, è ancora tutto da vedere: ma sicuramente lo scenario si fa sempre più interessante. Soprattutto se ci poniamo delle domande sul modo in cui la tv cambierà...
 
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