Tanti auguri, signor Villaggio

Gentile Direttore, "non le è mai venuto in mente di consigliare al signor Villaggio di darsi all'ippica? A me e ai miei familiari sì, fin dalla prima volta".

"Villaggio se non lo buttate dalla finestra voi, verrà il giorno che lo faranno i telespettatori infuriati".

Così gli italiani accoglievano nel 1968 l'irruzione di Paolo Villaggio nei loro tubi catodici: sono certo che se rileggesse oggi queste lettere al Radiocorriere Tv sorriderebbe con crudele e sardonica soddisfazione.
Già allora, come i messaggi al Radiocorriere testimoniano eloquentemente, era capace di far emergere il peggio dell'italianità, mentre andava affinando una delle più geniali (e intermediali) maschere italiane, rivelatrice dei molti lati oscuri dell'italiano medio, il perenne Fantozzi.





Forse, se capitasse da queste parti, apprezzerebbe la scelta di fargli gli auguri per i suoi ottanta anni in deliberato ritardo, e con il cordiale invito di un lettore che scriveva, sempre nel febbraio 1968, al Radiocorriere:

"Al signor Villaggio, con molta serietà, certo una serietà meno stupida della sua, vorrei soltanto dire: sparisci".




La trasmissione era Quelli della domenica e Aldo Grasso la descrive come
un varietà di rottura, diretto da Romolo Siena, un'anteprima che apre le porte alla nuova comicità, con tempi, ritmi e contenuti lontani dalla tradizione. Con la sua aggressività comunicativa la trasmissione frantuma l'immagine patinata ed edulcorata dello spettacolo leggero 
(Aldo Grasso, Storia della televisione italiana, Garzanti, Milano 2004, p. 190)

I signorili apprezzamenti all'attività dell'allora esordiente Villaggio li ho tratti invece da Giovanni Gozzini, La mutazione individualista. Gli italiani e la televisione 1954-2011, Laterza, Roma-Bari, 2011, p. 60.

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