Revolution Complex - del raccontare la crisi con i fumetti

Mentre qualche giorno fa la Spagna tornava ad esplodere, mostrando come la tensione non fosse mai veramente scesa, ho ripreso in mano un libro che da un po' di tempo mi faceva l'occhiolino dalla pila accanto al letto. 
la copertina italiana
di "Revolution Complex"

Si tratta di Revolution Complex, un insolito lavoro collettivo, una specie di istant visual journalism, che prova a raccontare il movimento 15-M, da noi meglio conosciuto come indignados. Qui trovi il blog del libro, che in Italia è stato pubblicato dalla casa editrice Aurea e distribuito in edicola.
La cosa che rende questo volume tanto particolare quanto degno di attenzione è il fatto che sia un tentativo di raccontare un movimento collettivo attraverso un lavoro altrettanto collettivo. Molti scrittori e disegnatori spagnoli si sono provati a descrivere il movimento degli indignados e le loro ragioni, ma anche le cause profonde della crisi e le trasformazioni che sta portando nel vivo del corpo sociale, attraverso i loro abituali strumenti del mestiere: la tastiera di un computer, la matita, la carta, l'inchiostro.
Una tavola di Josep Homs
tratta da "Revolution Complex"
E come un movimento collettivo è fatto da tante individualità, da tante piccole o grandi vicende, da tante opinioni, magari non tutte egualmente condivisibili, così questo libro è fatto da tante storie, piccole o grandi, di diverso genere, di differente efficacia - o anche solo piacevolezza. Gli stili e i generi sono i più diversi: dalla vignetta satirica allo spaccato di vita quotidiana, dallo humour nero all'uso di animali antropoformizzati (ma non aspettatevi una ripresa del canone disney).
Talvolta la narrazione è più vicina a quella cosa che noi intendiamo comunemente per fumetto.
Talvolta, invece, se ne discosta, per abbracciare canoni narrativi che più facilmente vedremmo in televisione: è il caso, ad esempio, delle interviste che punteggiano il libro, quasi a separare in blocchi le varie storie. Qui la modalità della rappresentazione e della narrazione sono quelle tipiche dell'intervista giornalistica: inquadratura fissa, primo piano, domande, risposte. Solo che invece della telecamera abbiamo una matita, e l'espressività dell'intervistato è filtrata attraverso la personalità del disegnatore, cosa che dona alle parole una efficace forza moltiplicatrice.

Il risultato è ineguale e altalenante ma aggiunge una sfumatura nuova a quel particolare genere che è il graphic journalism. A differenza di questo, però, che, attraverso le storie cerca di andare all'origine della vicenda di cui racconta un frammento, Revolution Complex sembra limitarsi a solcare la superficie di quello che sta accadendo. Talvolta, è vero, dietro una battuta o una storia, si ha l'impressione di veder balenare una qualche verità primigenea: ma - evidentemente - le origini della crisi sono talmente remote da risultare incomprensibili a molti e ciò che merita di essere raccontato è solo la rabbia, l'indignazione appunto, di chi sente la propria vita travolta da qualcosa di estraneo, ma a cui abbiamo pur sempre dato vita.
E allora, perché cimentarsi in un racconto del genere? Che senso ha un lavoro come questo?
Forse la sua forza è solo nel mostrare che che la cronaca grafica è  la migliore forma di narrazione per chi è cresciuto allevato con le immagini. Non solo e non tanto perché le immagini aiutino a spiegare meglio: pensate a quanto spesso le immagini televisive siano solo fantasmi che infestano il vuoto di una cronaca che non sa più raccontare. Quanto, piuttosto, perché le immagini grafiche - i disegni -  possono ribaltare facilmente l'apparente oggettività delle immagini foto(video)-grafiche. Possono graffiare la dura superficie della cronaca mostrando per un istante quello che c'è dietro, o sotto. Possono descrivere l'inspiegabile con il ribaltamento della realtà di un segno metafisico.
E così aiutarci a capire, anche se magari più noi stessi che il mondo della finanza.

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