25 aprile

...dietro ai partigiani italiani, in questo momento, non v’è alcun consolidato e sano ordinamento politico: da un lato, v’è il caos, anarchico e tirannico ad un tempo, della cosiddetta repubblica sociale fascista; dall’altro, v’è una nuova organizzazione, a base popolare e democratica, tuttora in fase rivoluzionaria, che conduce la guerra antitedesca e antifascista, e tende a un radicale rinnovamento del paese. Ora, di questa organizzazione i partigiani non sono solo i mandatari ed esecutori, ma anche parte costitutiva ispiratrice e promotrice (…). Ecco dunque perché dire partigiano senza coscienza politica è, sostanzialmente, una contraddizione in termini.
Naturalmente, coscienza politica non significa appartenenza a un determinato partito: non è necessario cioè, per essere un vero partigiano, militare più o meno formalmente nelle file di un partito progressista. Ma significa invece sapere cosa si vuole, avere un orientamento, ispirarsi a un indirizzo politico: su quella linea di democrazia progressiva, in funzione di quegli ideali di giustizia e di libertà, che stanno alla base della nostra lotta, piaccia o non piaccia a taluno.
Partigianato e politica, "Quelli della montagna", n.3, novembre 1944
e ancora
La vita partigiana si presta alle idealizzazioni romantiche, perché ha i misteri del carbonaro del nostro Risorgimento, l’avventura del fuori legge, la passione del rivoluzionario. Tra cinquant’anni il partigiano (…) sarà trasformato dalla leggenda in un mitico eroe della montagna, cui fu cibo la fede e compagno il moschetto. (…)
Ma io vi dico che questa è retorica! È quella retorica di buon ricordo, per cui il popolo italiano pareva fosse un blocco di granito lanciato alla conquista del mondo, auspice un solenne volo d’aquila; è quella retorica per cui un pugno di uomini ha salvato l’Italia dal disonore, creando una Repubblica che continuerà fino all’ultimo sangue la lotta al fianco del tedesco. Ma noi pensiamo che sia stata una buffonata quella e sia una farsa questa; una farsa tragica (…) perché la farsa si svolge nella guerra fratricida, e in questa avrà il suo terribile epilogo. (…)
La retorica è il conforto dei vecchi o dei deboli, o degli illusi. Ma a noi che siamo giovani e sappiamo benissimo come vanno le cose, a noi coscienti di noi, non ammannite, retorica, perché ci offendete...
Retorica, "Il cacasenno. Quindicinale polemico della II divisione alpina "Giustizia e Libertà", n.3, 15 novembre 1944
Due lunghe citazioni oggi, da due giornali partigiani, casualmente entrambi pubblicati nello stesso periodo.
In queste parole penso che sia ancora racchiuso il perché del 25 aprile, anche oggi, ancora oggi.
Buona festa della Liberazione.

Amerei dimenticare...

Amerei dimenticare aveva scritto qualcuno su un muro di Bologna nel 1977, e accanto aveva disegnato il simbolo della falce e del martello, il simbolo del Pci che per molti, allora,  era anche il simbolo del lavoro.
Di lavoro, mondi operai e sindacato nel 1977 parlerò la prossima settimana in un convegno che si terrà al Senato, il 18 e 19 marzo. Ha per titolo Italia 1977, ambivalenze di una modernità e qui trovate il programma e tutte le informazioni.
Scritta su un muro a Cologno Monzese (1978)
Il mio intervento prende le mosse proprio da quella frase, amerei dimenticare, perché mi è sembrata estremamente simbolica di molte delle caratteristiche del Settantasette. Di alcune, quelle legate al cambiamento dell'idea di lavoro, alle crisi sotterranee del sindacato, allo scontro frontale fra Partito Comunista e movimento giovanile, parlerò nel mio intervento.
C'è qualcosa però che non riuscirò a dire giovedì, e che pure mi si è affacciata alla mente tornando a studiare quell'anno: amerei dimenticare, infatti, è una frase che mi pare rappresenti bene, da un lato, il "rifiuto della storia" da parte del movimento giovanile ("non abbiamo né passato né futuro: la storia ci uccide" era scritto sui muri di Roma) ; e, dall'altro, il "rifiuto del '77" di chi aveva fatto politica fino ad allora (e in particolare, mi sembra, della generazione del '68) e che allora vide chiudersi le residue prospettive di agibilità politica.
Sarà forse anche per l'esistenza di questo doppio rifiuto incrociato che il '77 si è collocato in una strana dimensione della nostra memoria collettiva, letto spesso nelle sue opposte polarità (creatività contro dottrinarismo oppure pacifismo contro terrorismo, per dirne solo due) che ne hanno schiacciato e deformato la complessità. E sarà forse per questo, ancora, che continua a suscitare interesse nelle generazioni più giovani di studiosi, che immagino insoddisfatti da questa narrazione polarizzata.
Allora, forse, è arrivato il momento di andare oltre quella sorta di profezia che si autodetermina che si può leggere proprio in un libro pubblicato nel 1977, poco tempo dopo il marzo bolognese (Bologna 1977... fatti nostri):
non esisterà uno storico, non tollereremo che esista uno storico, che assolvendo una funzione maggiore del linguaggio, offrendo i suoi servizi alla lingua del potere, ricostruisca i fatti, innestandosi sul nostro silenzio, silenzio ininterrotto, interminabile, rabbiosamente estraneo
E, chissà?, speriamo che il convegno della prossima settimana possa essere una buona occasione per iniziare.
In ogni caso, amerei dimenticare, racconta anche della implicita contraddittorietà del '77: che cosa voleva dimenticare quell'anonimo scrivente?
Secondo chi ha riportato la frase, il membro di un gruppo di lavoratori precari intervistato nel 1980 sul significato del Settantasette, essa indicava il rapporto conflittuale con il lavoro che aveva caratterizzato quell'anno.
Ma il fatto che accanto alla scritta fossero stati disegnati falce e martello poteva forse significare la volontà di scordarsi del Pci bolognese, aspramente criticato dal movimento per la gestione della crisi del marzo.
Oppure, ancora, la frase potrebbe essere stata scritta da qualcuno che, firmandosi con falce e martello, e quindi rivendicando la propria identità di partito, avrebbe voluto dimenticare quel duro scontro generazionale che aveva opposto il Pci, non solo bolognese, al movimento giovanile.

Tanti punti di vista, tanti conflitti, nei cui rapporti - in fondo -  c'è ancora tanto da indagare.
Giovedì prossimo, salendo sulle spalle di chi ci ha provato prima di noi, speriamo di cominciare a farlo. 

un paio di prezi

Ormai il corso di storia dei media sta arrivando alle battute conclusive e si comincia davvero a correre. Si corre così velocemente che qualcosa mi sono lasciato qualcosa alle spalle, ed è ora di recuperare.
Allora, ecco qui sotto due prezi (quelle presentazioni animate che avete imparato a conoscere) su alcuni degli argomenti che abbiamo toccato nelle ultime lezioni.
E' ovvio che non sono altro che una traccia, uno schema rapido e sommario per fissare qualche punto e fornire qualche indicazione a chi non c'era.

Si parte da una veloce sintesi sul fascismo



per poi passare ad una corsa attraverso i mass media durante gli anni della seconda guerra mondiale (con un piccolo richiamo a quello che era successo nel mondo mentre in Italia si affermava e consolidava il fascismo)



E infine, per saperne un po' di più su alcune delle cose di cui abbiamo accennato a lezione, vi metto un paio di link su Lord Haw-Haw e sulla storia di Radio Libertà.

Rovistando nell'immensa soffitta di internet

In attesa di pubblicare le presentazioni che ho usato nelle ultime lezioni, vi posto un link a qualcosa che ho scovato rovistando in quell'infinito ripostiglio di cose dismesse in cui si trasforma qualche volta internet.
E' una lezione online sulla radio e la storia realizzata dal gruppo di Formazione Aperta in Rete dell'Università di Torino.
L'avevo visto molti anni fa e allora mi era sembrato assolutamente all'avanguardia. Oggi, certo, risente del tempo trascorso (il browser che uso io, ad esempio, lo visualizza male), eppure è ancora utile, uno strumento ben fatto e intelligente.
Ci troverete cose interessanti, che in parte integrano ciò che si è detto a lezione sulla radio durante la seconda guerra mondiale.
E poi, in un certo senso, è un piccolo pezzo di storia della rete e della formazione in rete, che ci dà molte informazioni su come pensavamo dovesse essere un sito educativo, anche solo pochi anni fa.
Buona lettura
 
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